Un San Nicola pieno sarà obiettivo di fine stagione, quando la primavera, i primi caldi e una squadra ormai riconosciuta come favorita della serie cadetta ritornerà a scaldare i cuori di tifosi delusi da troppi anni di anonimato. Un San Nicola colorato da 17 mila tifosi è il grande successo di Antonio Conte. Io non ho mai avuto dubbi su di lui. Sapevo che avrebbe riportato entusiasmo e passione ad una piazza derelitta. Il 31 gennaio del 2009 si gioca la seconda giornata di ritorno. Il Bari viene da una vittoria fondamentale a Trieste. La doppietta di Barreto ha fatto capire, in maniera inequivocabile, qual è l’obiettivo della squadra. Conte non può più nascondersi. La sua espressione preferita Ci sono almeno 6-7 squadre più attrezzate di noi inizia a non essere più credibile, quanto meno sa fortemente di scaramanzia. Per merito suo ovviamente. Ha forgiato una squadra cocciuta come il suo carattere. Con una mentalità vincente, e che difficilmente potrà tirarsi indietro. Ma a Bari, di delusioni, ne abbiamo assorbite fin troppe. E così la partita con il Frosinone assume la valenza di uno scontro chiave per capire se davvero, da adesso in poi, si fa sul serio. E lo vedi sulla faccia di Conte e dei suoi giocatori. La percepisci questa tensione.
La squadra che fino alla settimana prima ha giocato con la spensieratezza di chi non ha nulla da perdere, di chi deve semplicemente (si fa per dire) far sì che la propria gente si riavvicini a quel meraviglioso giocattolo chiamato Bari, dando spettacolo ed emozioni ma evitando di guardare la classifica, adesso ha un compito ben preciso: ritornare in serie A. Sarebbe un peccato sprecare la vena realizzativa di Barreto, la solidità di una difesa che inizia a scoprire un ragazzo interessante come Ranocchia, la mobilità di un centrocampo che ha in De Vezze un uomo di grande solidità e nelle ali (al termine di questa partita arriverà anche Guberti dall’Ascoli) i ricambi giusti per volare. L’entusiasmo della gente è alimentato dal ritorno in Puglia del figliol prodigo Davide Lanzafame, da Palermo. Il Cristiano Ronaldo di Conte deve ancora sbloccarsi ma gode della stima del Mister e di un affetto smisurato da parte della gente. La sua carriera dirà che questa due peculiarità, per un giocatore come lui, sono poco più che fondamentali. Decido di tornare a Bari perchè questa partita ha bisogno della mia presenza. Un momento di svolta ha sempre bisogno della mia presenza. A volte mi illudo di essere utile alla causa in questa maniera. Il bello del calcio. Pioviggina e fa freddo, ma mai come la settimana prima a Trieste, quando la bora poteva tagliarti in due la faccia. Mi consolo pensando che nel giro di due mesi, nella mia città, sarà primavera e io potrò fare i primi bagni al mare. Sorrido sperando che forse per quel giorno lo stadio sarà pieno.
Che i tifosi occasionali torneranno a sventolare le bandiere e i bar della città si riempiranno di gente con le sciarpe biancorosse al collo, ragazzi e ragazze che prendono una caffè e parlano delle scelte di Conte prima di andare allo stadio. Ma adesso è ancora tempo di Angor dret un Bàr vè?, anche se la frase inizia ad essere più smussata, quasi sottovoce. La mia città è piena di gente che gode nel vedere la Bari affondare, chissà perchè. O meglio, un motivo c’è e magari hanno ragione loro. I ragazzi in maglia gialloblu si difendono bene. Sembrano una squadra ben organizzata e già dai primi minuti di gioco si capisce che non sarà una partita facile per il Bari. Conte urla come se non ci fosse un domani, come se questa sia la partita decisiva e la serie A passi esclusivamente da qui. Si fa fatica a definire bella la mia squadra. Ma arrembante, cocciuta, testarda e vogliosa sì, e tanto basta per divertirsi. Lanzafame è in palla, si vede subito. A Palermo aspettano di ricevere il dvd della sua partita. Il primo tempo è tutto suo. Sguscia, si propone, attacca, mette in mezzo palloni d’oro che Barreto e Caputo non sfruttano per sfortuna o per mancanza di precisione. Al 30′ Barreto viene steso in aerea da Scarlato. Per l’arbitro è simulazione. Gli animi si accendono, Conte è una furia, ma è in trans agonistica.
Un minuto più tardi l’ottimo Donda mette al centro per Caputo che a due metri dalla linea di porta spara alto. Qualche giornalino inizia a volare verso il campo. Mannaggia, sta partita non si sblocca. A qualche secondo dalla fine del primo tempo Eder si invola verso la nostra area. Bianco, senza tanti complimenti, lo butta giù ma l’arbitro sorvola e fischia la fine. Le panchine vengono quasi alle mani, la tensione si taglia davvero con un coltello. Il gelo cala davvero sul San Nicola quando al 5′ del secondo tempo Cariello crossa morbido verso il centro dell’area dove spunta le testa pelata di Simone Cavalli, un ex con il dente abbastanza avvelenato eni confronti di Conte reo di averlo accantonato qualche settimana prima, che insacca alle spalle dell’incolpevole Gillet. Cavalli non reprime la sua gioia, lo stadio ammutolisce ma non fischia. Resta il rispetto e la gratitudine per uno degli eroi del Via del Mare. Fatto sta che il Bari si ritrova sotto risvegliato bruscamente da un bel sogno. Come quando suona la sveglia e fuori è ancora buio. Passano due minuti. Barreto, al vertice dell’area di rigore, lavora un pallone con una frenata degna del miglior Milito. Frenata che manda Scarlato col culo per terra. Rasoterra verso il centro dove irrompe Lanzafame che indovina l’angolo alla destra del portiere. Uno a Uno. Lo stadio viene giù, lui corre all’impazzata da un’area all’altra per arrivare sotto la Nord a dire Eccomi sono tornato. Eccoci, siamo tornati sembra rispondere in coro tutto lo stadio. Adesso non ci ferma più nessuno davvero.
Stiamo uniti, prendiamocela questa partita. Stavolta non possono risvegliarci dal sogno. Conte lo sa. Si lascia andare ad un’esultanza sopra le righe. Lanza l’ha rivoluto lui, convinto di rigenerarlo. Sempre Davide mette un pallone al centro, Caputo deve solo spedirlo in rete di testa ma mette a lato. E quando ci ricapita di avere tutte queste occasioni? Un’altra capita un minuto più tardi sui piedi di Barreto che calcia fuori. Ad un quarto d’ora dalla fine Conte inserisce Kamatà e Kutuzov che fa il suo esordio con la maglia del Bari. Quattro punte per l’assedio finale. Mancano 9 minuti. Forse il pareggio ci può stare. Parisi con un lancio lungo pesca Caputo al limite dell’area di rigore. Un famoso telecronista direbbe che ha il problema di girarsi. Ciccio lo fa in un fazzoletto tentando una conclusione che definire velleitaria e avventurosa sarebbe un eufemismo. Però ci mette tutta la voglia di chi vuole fortemente far ricredere lo stadio. Il suo tiro viene deviato e si alza a campanile. Ne seguiamo la triettoria con lo sguardo attonito più che speranzoso. Frattali, portiere del Frosinone, intuisce che quella conclusione può davvero diventare letale. Fa un passo indietro. Poi due. Poi si tuffa ma a quel punto è troppo tardi. La traiettoria a voragine del pallone lo risucchia inesorabilmente verso la rete dove il pallone della vita finisce per insaccarsi. Due a uno. Lo stadio esplode in un boato che questa volta sa di serie A. Un boato diverso da quello sentito negli ultimi anni.
Un boato consapevole, passionale, pieno di ricordi e frustrazione da scacciare via. Ciccio corre, ha in testa un’idea malsana. Lo faccio, il momento è arrivato. A Bari quel gesto è sacro. Si può fare solo in determinati momenti, quando le cose vanno bene e scomodare gli dei come Igor e Sandro non crea malumore. Si inginocchia sull’erba bagnata e il trenino può partire. E allora li vedi quei ragazzi che dieci anni prima erano bambini e guardavano quel trenino in tv, a Pressing o alla Domenica Sportiva e magari lo mettevano in scena in un cortile sognando, un giorno, di rivivere quella scena in un stadio vero. Bambini di Palermo, di Mantova, di Genova, di Rio, di Bergamo, che un pomeriggio di gennaio si ritrovano quasi per caso nello stadio dove tutto è cominciato a rivivere sulla loro pelle quella scena. Una scena che sa di gloria, in uno stadio che sa di serie A.
ps: nel trenino della foto c’è Andrea Masiello, giocatore e persona non degna di questa rubrica. Bene ribadire la mia posizione. Ecco cosa hai buttato al vento Andrea, ricordi quanto eri fortunato?