Ed eccoci alla settimana più difficile. Non che le precedenti siano state entusiasmanti, ma è fisiologico reagire ad un problema con l’impeto di chi vuole fare mille cose: leggere, guardare serie TV, allenarsi in casa, preparare ricette, fare mille call comprese quelle con gli amici, studiare, frequentare webinar, fare brain-storming, scrivere. Lo avevo anticipato qualche settimana fa in un articolo che si chiama “Giornate di 36 ore“. Poi però ci siamo accorti che le giornate non sono più lunghe del solito, che la nostra ansia di riempire tutti i vuoti non ci aiuta, che il confine tra ozio e distrazione è labile, e che per lavorare bene abbiamo tutti bisogno di quel sacro fuoco che ci spinge a muoverci. Chiudere cose, per iniziarne altre o semplicemente per spegnere tutto e uscire: andare al teatro, al cinema allo stadio. Spegnere anche il cervello e guardare una partita, o andare a fare una corsetta al parco.

Con Ella Marciello, mia amica e collega copywriter e dir. creativa, abbiamo coniato – in realtà è lei che lo ha coniato su mio suggerimento – il termine “Lentonìa”. Dicesi lentonìa quella sensazione di lentezza e astenia che ci fa sentire indolenti, pesanti, stanchi e quindi poco produttivi. Avete presente quella sensazione di aprire il computer, cliccare sull’icona di word o su qualunque programma usiate per scrivere e poi fermarsi lì a pensare che in fondo c’è tempo, che non è poi così urgente e sentire che le parole non scivolano via veloci, non si sistemano da soli, ma che anzi bisogna fare tanta fatica per metterle a posto? A quanto pare è una sensazione che stanno vivendo in tanti, e più passano giorni, più difficile uscirne. Perché sentiamo sempre più forte l’alienazione e viene a mancare quell’entusiasmo un po’ forzato ma benedetto dei primi giorni di quarantena, quando appunto ci siamo illusi di poter gestire un tempo che mai avevamo avuto prima.

Per me la scrittura è divertimento, è indagine, – mi scrive Cristina Maccarrone, giornalista, SEOcopywriter, formatrice – è approfondimento, è dare voce ai pensieri degli altri, ai loro diritti. Il giornalismo vede solo alla fine la scrittura e vive di incontri, ritardi, sensazioni sbagliate e alcune azzeccate, idee che diventano pezzi brillanti. Ecco, senza tutta questa parte la scrittura muore. Però c’è una cosa che può aiutare: sparigliare le carte. Magari dedicarsi a quei documenti in modo approfondito, cosa che prima non si poteva fare e poi scrivere nel momento in cui viene l’ispirazione. E continuare a parlare con la gente. A distanza, ma parlarci. Le idee, i sentimenti degli altri, quando non sono di odio, sono linfa vitale.

Per superare la “lentonìa” non ci sono ricette segrete: il primo punto è quello di riconoscere il problema, il secondo farci forza e capire che non siamo soli, in un certo senso fare come in quelle congreghe di anonimi in cui si mette la propria esperienza a disposizione degli altri. Il terzo, e ultimo, darci dei piccoli premi e cambiare un po’ la routine quotidiana. Lo smart working ci ha portato alla considerazione che la migliore idea è quella di andare avanti con gli stessi orari di sempre, come se nulla fosse cambiato? Ecco, forse è il momento di modificare anche questa abitudine. Per chi vive anche di ispirazione e di creatività è importante fare questo passaggio. Avete sempre scritto di mattina? Provate a farlo di sera, in fondo di serie TV ne avete viste abbastanza. Leggete la sera e vi viene da addormentarvi? Provate a farlo la mattina, prima di colazione. Fissate degli obiettivi intermedi. Il caffè dopo aver finito un pezzo, o 10 minuti di esercizi dopo aver inviato una mail importante.

Serve la noia, – dice Ella – il tempo vuoto. Soprattutto se fai un mestiere creativo. Lo spazio in cui non c’è spazio di azioni: in cui il pensiero ha la libertà di andare a fare due passi, perdersi, scivolare sull’automazione dei gesti conosciuti. Abbiamo bisogno di lasciar fluire le idee e le idee fluiscono quando la mente è sgombra. Serve la noia, il vuoto, per creare cose belle. Siamo abituati ad una cultura (del lavoro e non solo) eccessivamente frenetica, in cui il tempo dev’essere ottimizzato e i processi inattaccabili. Quello che ci perdiamo però, è la possibilità di assecondare la noia e permettere al pensiero di stabilire connessioni diverse e più ingegnose, aumentando la creatività. La noia è sempre stata il mio antidoto contro le brutte idee, le idee a metà, il già detto e il già scritto. In questi giorni è più difficile che mai, ma si può trovare quello spazio, si deve.

È fondamentale, ora che arrivano le due settimane più difficili (speriamo, ci metterei la firma) sparigliare il mazzo di un gioco che è già diventato troppo monotono. Come scriveva il compiano Arbasino, è di oggi la notizia della sua scomparsa:

“Niente di peggio che lavorare a orario fisso: si produce scrittura burocratica”.

Se non vogliamo fare l’errore di produrre scrittura e pensiero (il che è assai peggio) burocratico dobbiamo inventare nuove regole. Fare un passaggio ulteriore verso uno smart working che sia sempre meno “telelavoro” e sempre di più produzione di valore, sia questo valore un contenuto, un post, un’idea, una consulenza. Sempre con uno sguardo a quello che accadrà quando tutto sarà passato, speriamo presto: ricordarci che il fuoco sacro della fretta e della scansione dei momenti, è utile e forse anche più necessario di quello che pensavamo. Ci fa pensare e scrivere meglio. Ci ricorda che la nostra attività è sola una delle tante priorità che abbiamo, non l’unica via possibile per rimanere a galla. Teniamolo bene a mente per quando l’emergenza passerà.

Perché passa. E adesso scrivi, e dimmi la tua.

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

One Comment

  1. Perfettamente d’accordo; la lentonia la conosco bene, da tutta la vita. Sono un creative content writer e una scrittrice. Visto a cambiare sempre le regole per liberare creatività e idee, finanche crogiolarsi nella noia devastante.
    Gran bel pezzo! E suggestioni moltissime.

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