Nel 2020 ho scritto per il mio blog, ma anche per altre testate. Tra queste Informazione SenzaFiltro, Eipass, Quattrotretre (Mediaset) e Alley Oop (Sole24ore). Ho scritto articoli ma mi sono spinto anche su nuovi generi come i podcast. Ho voluto raccogliere i pezzi più significativi – non necessariamente i migliori – per ripartire da qui. Nel 2020 ho sopratutto ispirato, ho preferito l’approccio giornalistico a quello tecnico, ho usato lo storytelling con più moderazione.

Giornate di 36 ore 

Siamo sospesi, padroni di un tempo che non eravamo abituati a maneggiare, costretti ai domiciliari da un tiranno che non vuole sentire ragioni. L’unica certezza è che si stava meglio prima, eppure qualcosa di positivo potremmo provare a portarcelo a casa. Al di là delle tasse che non aspettano, dei lavori che in questo momenti latitano, degli incassi che saremo costretti a rimandare.

Giornate di 36 ore

Importante non è urgente

Le persone si dichiarano oberate, dicono di non arrivare a completare un compito, di essere stressate a causa del carico di impegni. Ma siamo sicuri che sia veramente così? Essere sempre oberati di impegni, a mio parere, non è credibile e non sarebbe sostenibile, ma il sentirsi costantemente inseguiti da troppe urgenze è un sintomo che sottende la difficoltà nel distinguere le attività importanti da quelle urgenti. Può darsi che si creda di riuscire a fare questa distinzione, ma poi, nel concreto di ogni giorno, non si riesca a gestire veramente questo dualismo.

Importante non è urgente

 

Lavorare da casa senza vergognarsi del privato 

Non abbiamo fatto in tempo ad attrezzare le aziende che abbiamo dovuto lavorare sulle abitazioni. Eppure, fino a qualche mese fa, quella di attrezzare una postazione per le videochiamate in azienda era un progetto più velleitario di quello di Samuele Bersani di “esportare in India la piadina romagnola”. Capitava spesso – che strano parlare al passato delle nostre vite in azienda – di dover cercare, muniti di laptop, spazi silenziosi, illuminati, possibilmente di design (piante grasse e oggetti feng shui sempre graditi) per un collegamento Skype. Ma si trattava il più delle volte di soluzioni improvvisate: alzi la mano chi ha avuto in dotazione dalla propria azienda, oltre a un pc e a un telefono, un microfono, una videocamera, una buona cuffia in grado di attutire i rumori provenienti dall’esterno. Self smart made man.

Rivoluzione coronavirus: lavorare da casa senza vergognarsi del privato

Stiamo diventando tifosi più distaccati?

All’inizio sembrava surreale, ma ne abbiamo colto l’essenza migliore: il ritorno al gesto tecnico, al gol, alle voci dei protagonisti del campo, ai primi timidi abbracci, dopo i poco credibili colpi di gomito delle reti segnate a maggio in Bundesliga. Un modo, l’unico, per tornare a godere del calcio, nonostante gli stadi vuoti e l’eco assordante. Abbiamo provato a fingere che, quella di vedere partite giocate senza pubblico sugli spalti, fosse un compromesso accettabile.

Stiamo diventando tifosi più distaccati?

Ho imparato a chiamarti papà (podcast)

È il primo giorno di vacanza, Cristiano ha 19 anni e sta dormendo in camera sua quando suo padre si suicida nella stanza accanto. Lo ha chiamato “papà” troppe poche volte e per questo oggi gli scrive questa lettera.

“Se me lo dicevi prima”, il podcast se Il Sole24Ore firmato da Michele Dalai, è un mezzo, una telefonata nella notte, un messaggio in bottiglia. Usate la mia voce per recuperare, raccontatemi le vostre storie per colmare quel vuoto, la distanza. Anche quando è impossibile, anche quando il silenzio è definitivo.
Perché dirlo dopo a volte sistema le cose, riallinea i pianeti, aggiusta i cocci.

Ascolta il Podcast 

Milano dobbiamo parlare: c’è chi pensa di restare al Sud 

Si è parlato di accelerazione digitale, eppure sarebbe più corretto dire che la parola “digitale” è solo una conseguenza di un unico grande processo, inevitabile, chiamato accelerazione. Molte aziende hanno dovuto imparare dall’oggi al domani che cosa vuol dire davvero disruptive innovation, e ripensare la relazione tra organizzazione, persone, processi e tecnologie; altre hanno dovuto reingegnerizzare completamente il proprio modello di business partendo dall’IT come fattore abilitante, pena la sopravvivenza. Abbiamo accelerato restando fermi, chiusi in casa per la precisione, mentre alcune campagne di comunicazione poco illuminate ci invitavano a ripartire, a non fermarci.

Milano, dobbiamo parlare: c’è chi pensa di restare al Sud

 

Allineare i pianeti e costruire un funnel of love (intervista)

Sì la scrittura mi aiuta a “restare in vita” come scrive Kleon, ma vivo la scrittura sia come un piacere sia come un lavoro, come un modo per guadagnare e per far guadagnare altre persone. Quando un progetto riesce a dare anche lavoro ad altri e a far diventare sostenibili le cose belle, in quel caso sono davvero soddisfatto. I progetti a quel punto sono anche profittevoli oltre ad essere progetti belli: non parlo soltanto di pubblicità ma di storytelling e racconto, tutte cose che a me sono sempre piaciute molto. Adesso che riesco a farle io e a far lavorare altri con me, questo traguardo mi dà tanta soddisfazione e mi rende felice.
C’è un momento della vita in cui fai questo scatto. Continua a leggere l’intervista 

Pausa

Lavorare è un diritto, lavorare è fatica, lavorare è realizzazione. Lavorare nobilita, ma non è il metro di giudizio della dignità altrui. Nella mia vita il lavoro l’ho cercato, l’ho bramato, l’ha desiderato, l’ho raggiunto, l’ho perso, l’ho ritrovato, l’ho riperso malamente, l’ho inventato.

Pausa.

Il futuro dello storytelling 

Stiamo condividendo la stessa storia? Stiamo comunicando quello che – effettivamente – siamo? In questo ultimo passaggio c’è tutto. In questo futuro così complesso da decifrare, comunicare vorrà dire sempre di più “essere”. È finita l’epoca delle aziende che si affidano a bravissimi professionisti della comunicazione, ma poi nella realtà fanno tutt’altro. La parola più essere fiction, certo. Può essere verosimiglianza, ma mai mistificazione. Ecco perché comunicazione interna ed esterna sono sempre più legate: non può esistere storytelling se non viene condiviso dagli attori che ogni giorno lo attuano.

Il futuro dello storytelling

Cara Bari 

Perché noi andiamo, ma poi torniamo. Sempre. O quasi. “Scendiamo” perché dalle nostra parti si dice così, come se fosse una conseguenza naturale: a salire si fa fatica, scendere è una questione di inerzia. Viene da sé.

Leggi la lettera a Bari

E tu di cosa hai parlato nel 2020? E di cosa parlerai nel 2021?

Scrivimelo nei commenti!

 

 

 

 

 

 

 

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

One Comment

  1. Salve Cristiano, prima di tutto congrats e grazie per lo spunto. Quest’anno ho avuto il piacere di scrivere di Sebastiano Timpanaro a vent’anni dalla sua morte, di sport e letteratura attraverso la biografia di Gianni Minà, di didattica a distanza (l’acronimo, ma anche il resto) e degli errori dei rapper italiani nella pronuncia del latino. Al volissimo, anche una “scheda” su “La tregua” di Primo Levi (non son degno, ma è un onore). Ho in programma un pezzo sul mio nuovo youtuber preferito (prima che spicchi il volo e diventi di tutti) e sull’invidia che mi fa, ma pure qualcosa su un cantante che capiremo a pieno solo quando sarà diventato adulto. In sostanza: si vedrà.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *