Il calcio mi ha sempre confuso le idee. Forse è per questo che lo odio profondamente, a tal punto da amarlo alla follia. Ho letto Nick Hornby e sono rimasto folgorato da un passaggio del suo “Febbre a 90°” quando dice che “Ci sono quei momenti in cui non sai se la vita è una merda perché l’Arsenal va da schifo o viceversa“. Ecco, ci sono momenti in cui mi vergogno di ammettere che per me è la stessa cosa. Il Bari va bene, vince, diverte, e la mia vita va alla grande. Il Bari perde colpi, arranca, retrocede e io inizio a riconsiderare delle cose, a metterle in discussione insomma. Poi arriva il bello però. Perché dopo una stagione negativa, c’è sempre la possibilità di un riscatto. E dopo una partita, ce n’è sempre un’altra, e anche se tutto sembra perduto, ecco che arriva la possibilità di una svolta.

Devo fare ammenda. Ho pensato in passato che, per il solo fatto di amarmi, una ragazza dovesse condividere una mia passione. Tanto da accompagnarmi, esultare con me, essere persino triste (con me e per me) a causa di una sconfitta. Ma questo non accade nemmeno nei romanzi (oddio, forse nei miei sì). Magari all’inizio c’è quella sorta di solidarietà interessata che ti porta a pensare “Ma sì, che vinca questo Bari, almeno anche lui è più felice“. Ma poi alla lunga quella è solo la tua squadra. E a chi importa se non gioca più come una volta, se perde, se diventa la barzelletta d’Italia per una brutta storia di scommesse ed autogol grotteschi? A chi importa? A lei no di certo. E mica puoi biasimarla, l’amore è una cosa seria, dicono, non una partita di calcio. 

Il 4 aprile del 2009 mi sembrava tutto perfetto. A poche settimane dal trionfo di Sassuolo l’ultimo vero ostacolo verso la serie A è il Parma di Guidolin. Una squadra costruita per ammazzare il campionato, stravincerlo e tornare subito nel massimo campionato. Ma in Emilia non hanno fatto i conti con la grinta di Antonio Conte. Il suo Bari, il mio Bari, gioca meglio, diverte, è frizzante e soprattutto ha fame. Come me. Nove anni di digiuno sono troppi, c’è una voglia immensa di tornare a far parlare di noi, di esultare, di abbracciarci. Prima contro seconda, finalmente rivedremo lo stadio pieno, penso. Non so quanti anni sono passati, ma sono sicuramente troppi. Non ho paura. Niente può andare male, ho la persona che amo a fianco, e muoio dalla voglia di farle vedere uno stadio vero.

Uno stadio che ribolle di passione. Altro che l’eccellenza, altro che la serie B che vedi da altre parti. Qui siamo al San Nicola, benvenuti. Ci sediamo in curva, fa caldo ma è un caldo piacevole, tutto sembra preciso, perfetto. Il calore del sole, la temperatura del vento, il colore del cielo. Un azzurro che dà fiducia. Neanche una nuvola, e lo capisci subito che quella sarà una giornata perfetta. Poi i ragazzi scendono in campo, ancora in tuta, per controllare le condizioni del terreno, e io mi giro a guardare il suo stupore. Ovazione. Calore. Andiamo ragazzi, mettiamoci alle spalle tutta sta merda che abbiamo passato. Qualcuno guarda la curva, qualcuno si fa una foto, Kutuzov strappa un pezzo d’erba e se lo mette nella tasca del marsupio. Poi baci, carezze, chiacchiere, telefonate “Mamma, qui è tutto bellissimo, c’è un sacco di gente, e se non mi senti è perché c’è troppo amore.

Prima della partita parte la sciarpata. Bari grande amore. Forse per la prima volta il San Nicola si unisce davvero intorno a quei ragazzi. Bari unica e sola. Qualcuno lo merita, qualcuno tradirà, ma in quel momento questo dubbio non c’è e un unico grande abbraccio li stringe. Bari nel nostro cuore, non ti lasceremo da sola. Conte rispolvera Lanzafame dopo qualche prova opaca e molta panchina. Dall’altra parte c’è Guberti, si gioca con il solito 4 – 2 – 4 ma Guidolin ha preso le misure. Forse per la prima volta il gioco del Bari non si vede. Quella vecchia volpe di Guidolin ha imbrigliato il giovane e rampante allenatore avversario. Fasce bloccate e tanti saluti. Il Mister prende nota. Imparerà, in futuro, a trovare alternative in situazioni come queste. Ma quel giorno alternative non ce ne sono, c’è solo l’illusione di poterla vincere lo stesso questa partita. Il pubblico, la passione, il calore, come si fa a perdere?

E poi capita, perché in fondo puoi perdere anche se ci metti tutto l’amore del mondo e non è un caso che il gol del Parma porti la firma di Vantaggiato. Lui che già ci aveva punito a Rimini qualche mese prima, quando indossava un’altra maglia e quando nonostante il freddo, il vento che veniva dall’Adriatico, e la pioggia, si saltava e si ballava in una gradinata vecchia e instabile. Quando si iniziava a pensare che forse, ma forse, quello poteva essere l’anno. Vantaggiato scarica tutta la rabbia in rete, corre verso la sua curva, esulta, si toglie un altro sassolino dalla scarpa e lo scaglia contro una tifoseria che mai l’ha capito. Il tempo di un affondo, di una risposta, di un tiro di De Vezze da fuori sventato da Pavarini, e il Parma rimette il naso fuori e con Paloschi, di testa, raddoppia. La gente incomincia a guardarsi attorno e a pensare che in quella giornata così bella non è poi così tutto perfetto. Magari è colpa di quelli che fino alla settimana prima sono stati a casa e adesso “Eccoli i tirapiedi che sono venuti apposta per portare sfortuna alla Bari! L’muert de l’tirapid“.

Il Bari non c’è, si vede, la partita resta sui canali che Guidolin ha stabilito. Pochi rischi, molti contropiedi, e zero spettacolo. Il secondo tempo serve solo ad accrescere le nostre insicurezze. Stanno dietro di noi ma sono molto più forti, pensiamo ad amministrare il vantaggio nelle prossime giornate. Mentre qualcuno inizia a pensare alla serie A che può sfuggire arriva la più bella delle notizie. Al novantesimo. Il Vicenza, su rigore, pareggia a Livorno. La terza in classifica rimane a debita distanza. Io mi giro, guardo ancora la faccia della persona che amo e mi illudo che in fondo sì, è tutto perfetto. La prossima la giochiamo ad Ancona, a pochi kilometri dalla mia nuova casa, e ricominciamo a vincere. Il sole splende, il cielo è ancora terso, e niente può compromettere la mia felicità. Perché il Bari è ancora primo. E io sono innamorato. Così tanto da illudermi che quella serenità e quella gioia venga da una stupida partita, da una meravigliosa cavalcata, da un campionato che non scorderà mai. O forse era davvero così.

Prossima partita: Bari – Lanciano, 13 aprile 2013 

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

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