Avevo 18 anni. Lo so, sembrano pochi. Poi, come cantava De Gregori, ti volti a guardarli e non lo trovi più. 15 anni in più, in un secondo. Le mie spalle sono più larghe, mio padre non c’è più, mia madre si preoccupa perchè vivo altrove. Ricordo l’entusiasmo della mia prima estate da maggiorenne. Il primo Interrail. Svezia, Norvegia e Finlandia. Tanto per partire col botto. Pochi soldi, un telefonino in cinque e molto entusiasmo. Niente carte di credito, un piccolo tesoretto da gestire. I miei mi aspettavano a San Vito, provincia di Taranto. Passavamo le nostre estati lì, e quello fu il mio primo agosto all’estero. Tornai in tempo per la prima partita del Bari. Mio padre aveva rinnovato gli abbonamenti, stesso posto dell’anno precedente in B. Ma questa volta è serie A. Mi dice “andiamo in giornata e poi torniamo in villa a goderci gli ultimi giorni di mare“. La villa, le vacanze, frammenti di estati lunghe e felici. Quando le ferie duravano mesi e sul lungomare di Viale del Tramonto potevi ascoltare la musica che veniva direttamente dal Juke Box. Faceva caldo quel giorno. Un caldo stronzo, quasi beffardo, di quelli che ti stordiscono. La prima in serie A dopo un anno di purgatorio. Mamma dov’è la mia sciarpa? L’ho messa nel cassetto, mi risponde. Inutile, per mia madre una sciarpa è un oggetto invernale. Fa niente che sia biancorossa. Una sciarpa è una sciarpa e d’estate sta nel cassetto assieme ai cappelli, ai guanti e ai maglioni. Per me no. La sciarpa del Bari la devi guardare, ricordare, accarezzare se ce ne bisogno. La penso ancora così, anche nei momenti più difficili. Come questo. Ma non divaghiamo. Allora non c’era internet, le notizie arrivavano più lente. Le davano i Tg o la radio, se ti imbattevi nelle frequenze giuste.
Mia madre la ascoltava spesso, la radio, e a lei era demandato il compito di informarci su ciò che succedeva nel mondo. Quella notizia mi arrivò tra capo e collo mentre preparavo un panino da portare allo stadio e una scorta di succhi di frutta per il breve viaggio che mi attendeva. Allora la tratta Taranto – Bari non mi sembrava poi così breve. Punti di vista. Sarei ipocrita se dicessi che quell’evento sconvolse la mia giornata, o la mia vita. Di certo fu un evento. E il mondo lo avrebbe celebrato, ricordato, mistificato, di anno in anno. E io mi sarei ritrovato a raccontarlo 15 anni dopo, mischiando il sacro con il profano. La passione per il calcio con quella per l’attualità, facendo un po’ di confusione. “Lady Diana è morta, ha fatto un incidente” – mi dice mia madre, risentita, mentre sto leggendo la formazione del Bari sul televideo. Si, ok, le rispondo. Poi ci penso. “Chi mà?” “Lady D. quella poveretta. Santa Donna, il Principe Carlo la trattava male. Lei faceva un sacco di opere buone, che bella donna che era. Peccato“. Ora, dovete sapere che per mia madre chi muore è sempre bello. O bella. Il che, se ci pensate, rende tutto ancora più tragico. E mia madre ha sempre adorato i miti, le riviste patinate, le storie riguardanti la monarchia che nonna Nicoletta deve averle in qualche modo trasmesso. Sì, mia nonna era monarchica e conosceva a memoria gli intrighi di tutte le dinastie reali. Morì sognando il ritorno della monarchia in Italia. Da qualcuno mia madre doveva aver pur preso. Accesi la televisione, era mio dover informarmi (in me si faceva largo, con poca convinzione in realtà, l’idea che un giorno avrei fatto il giornalista).
Erano passate poche ore, ma già si parlava di inseguimenti, complotti, autisti kamikaze. Di colpo le immagini di un’auto distrutta, accartocciata. Certe volte fama, soldi e potenza non possono nulla. La vita di quella principessa era volata via, in una notte d’estate. “Cristiano andiamo – dice mio padre – troveremo traffico sulla 100“. E io ritorno a pensare alla partita, ai fatti miei. Il Bari gioca contro il Parma, una delle favorite per lo scudetto. La squadra di Carlo Ancelotti ha cambiato molto ma Enrico Chiesa, Benarrivo, Buffon e Asprilla sono una garanzia. Il Bari si riaffaccia alla serie A dopo un solo anno. Fascetti conferma il blocco che ha vinto la B (soffrendo, in realtà) e aggiunge a questo mosaico il portiere Mancini, la torre Masinga, l’eterna promesssa Gianluca Sordo e i giovanissimi Zambrotta e De Rosa. Quest’ultimo rappresenta la vera sorpresa. Il centrale da affiancare a Sala, un giocatore che viene dalla serie C e rappresenta qualcosa di più di una scommessa. Lo osserviamo nelle movenze, non sembra un esordiente. Gioca a testa alta, con sicurezza. Dopo un paio di minuti (il tempo di assaggiare la serie A) questo pazzo scatenato si inventa un dribbling da ultimo uomo su Enrico Chiesa. Qualche minuto dopo lo rifà su Asprila. Lo stadio osserva con stupore, trattenendo il fiato (e bestemmiando prima, esaltandosi poi) ogni volta che questo incosciente prova un dribbling.
Il Bari gioca bene, ma è la classica partita da prima giornata. Non appena entusiasmo e corsa ti portano a illuderti di poter vincere i grandi giocatori ti puniscono. Benarrivo crossa dal fondo, la difesa del Bari pasticcia e Strada, ad un minuto dalla fine del primo tempo, porta in vantaggio il Parma. Nel secondo tempo Fascetti inserisce anche Miguel Guerrero. In B aveva fatto bene ma in A ricomincia a intestardirsi con sgroppate inutili e calci d’angolo tra le braccia del portiere avversario (che in questo caso è il futuro portiere più forte del mondo). Zambrotta dimostra di che pasta è fatto mettendo in difficoltà la retroguardia gialloblu, Ventola spreca due occasioni facili facili e alla fine è proprio Benarrivo a punire per la secondo volta il Bari e chiudere la pratica. Ma i galletti tra gli applausi e all’uscita si mischiano discorsi sui dribbling di De Rosa e l’incidente di Lady Diana. Io e mio padre ritorniamo a Taranto, delusi ma neanche tanto. In fondo è solo la prima giornata. Il tempo di fermarci a casa, a Bari, per controllare se è tutto a posto e fare una telefonata a mia madre. “Mi raccomando, andate piano” dice lei, pensando a Lady Diana. Sono passati 15 anni esatti e mio padre non c’è più. I due bambini che osservavano con grande dignità quel funerale (mi colpirono davvero, una mamma è una mamma, anche se sei un re) sono due uomini belli e fatti. Mia madre si preoccupa ancora di dirmi di andare piano. De Rosa, certi dribbling, non li ha fatti più. La mia passione per il Bari, nonostante tutto, è rimasta intatta.
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