Fa un caldo della madonna. Un caldo che non vi raccomando. L’atmosfera è tesa. Giocarsi la serie A in un derby, a 180 minuti dalla fine, in uno stadio ostile, sportivamente parlando nemico, non è il massimo della vita. L’esodo è massiccio. I baresi accorrono a Foggia in massa. Duemila, tremila, cinquemila. 5000 e rumorosissimi. Quando allo stadio facevano entrare i tamburi e gli striscioni, una vita fa. Io resto a casa. Mio padre preferisce evitare questa trasferta. Troppa gente, troppi rischi, troppe emozioni. Scegliamo di vedere la partita da un suo amico. Io unico ragazzo in mezzo a tre adulti. Il ventilatore accesso e la bottiglia di coca cola ghiacciata aperta sul tavolo. Silenzio rigoroso. Qui ci si sta giocando la serie A, mica scherzi. La tv via cavo (canali segretissimi che solo alcuni amici di mio padre potevano concepire) fa le prove generali di quello che sarà il futuro del calcio. il Foggia gioca, come giusto che sia, con il chiaro intento di rovinare una festa. Una sconfitta o un pareggio potrebbero essere fatali al Bari. E allora sai che festa allo Zaccheria? Il Bari si gioca l’ultimo posto disponibile per salire in A con il Genoa. Viene da una rimonta strepitosa. Il 29 marzo, dopo una sconfitta con l’Empoli la squadra di Fascetti è fuori dalla lotta per la promozione. Poi succede che il Bari batte il Lecce con una doppietta di Ingesson e da lì in poi non perde più: vittoria a Cesena, vittoria incredibile all’ultimo minuto contro la Salernitana, vittoria a Cremona, scontro diretto vinto in casa col Pescara.

La marcia si ferma a causa di due pareggi contro il Venezia (fuori) e la Lucchese (in casa) ma riprende veemente a Palermo, dove Ventola segna un gol bellissimo e contro il Padova, in un match segnato da una prodezza di Giorgetti. E allora sì che la partita di Foggia diventa una finale. Non si può sbagliare anche perchè sulla carta il Genoa ha un impegno abbordabile a Ravenna contro una squadra già salva. In tribuna siedono un tesissimo Matarrese, un rilassato Agostinacchio, sindaco di Foggia e un apparentemente tranquillo Simeone Di Cagno Abbrescia sindaco di Bari. Quest’ultimo dispensa sorrisi e battute alle telecamere, prima dell’inizio della partita. Mezzo stadio osserva la partita a torso nudo. L’8 giugno non si dovrebbe giocare. Non alle quattro almeno, non con quella tensione. Il Foggia di Burgnich viene da un’altra rimonta: quella che l’ha condotto fino alla salvezza matematica, impensabile qualche mese prima. Certo il pubblico dello Zaccheria, abituato al calcio champagne di Zeman, deve sopportare catenaccio e contropiede. Non proprio una cosa abituale da queste parti. Colacone e soprattutto Di Michele fanno paura. Quest’ultimo è già stato decisivo all’andata, quando il Foggia espugnò il San Nicola. Anche l’ex Tangorra sembra motivato a dare un dispiacere ai suoi vecchi tifosi. In porta, con i rossoneri, c’è Franco Mancini che l’anno dopo diventerà il portiere del Bari. Ma non ha nessuna intenzione di pensare al proprio futuro. Un professionista come lui pensa ad onorare la sua maglia. Il Foggia gioca bene, in scioltezza. Le gambe girano e le occasioni sono tutte per i rossoneri. Un tiro di Colacone finisce di qualche centimetro alla sinistra del palo difeso da Jimmy Fontana.

Un gran tiro di Tedesco finisce alto di poco. Il Bari è impaurito, timido. Dalla radio arrivano buone notizie: a Ravenna ha segnato Gasparini, i padroni di casa sono in vantaggio. Neanche il tempo di gioire che il Genoa pareggia: ci pensa Masolini su rigore. Nessuno fiata in casa. Mio padre suda, io guardo la bottiglia di Coca Cola. Me ne verso un bicchiere attento a non fare troppo rumore, a non rompere quel clima di concentrazione sacra che regna sulla cucina. Noi a vedere la partita seduti, spartani, attorno a un tavolo. L’intervallo arriva al momento giusto. Il Foggia sta giocando meglio. Il Bari deve riorganizzare le idee. “Se il Bari non va in serie A Matarrese lascia” dice mio padre. Penso a quante ho volte ho già sentito quella frase e lascio correre. Va bene, ma io in serie A voglio andarci lo stesso. La tv intervista i sindaci: Agostinacchio sottolinea che il Bari è teso, Di Cagno Abbrescia esibisce un ottimismo fuori luogo, da politico. Il secondo tempo inizia. Passano tre minuti e Ingesson fa le prove di uno schema che ripeterà anche la domenica dopo. Lancio in profondità da centrocampo per lo scatto di Nicola Ventola. Stop di petto dell’attaccante, controllo preciso e tiro al volo di destro nell’angolino basso. Mancini resta immobile, beffato. Il Bari è immeritatamente in vantaggio o a 1. Lo stadio esplode, Nicola si aggrappa alla curva poi cade e viene sommerso dall’abbraccio dei compagni. Vediamo la serie A. Mi sento felice, ci abbracciamo tutti in casa. Dalla curva foggiana qualcuno comincia a lanciare oggetti contro Fontana. Jimmy avvisa due volte il giovane e bravissimo Collina di Viareggio. La terza volta viene colpito da una bottiglia piena e cade a terra. Collina prende una decisione unica, non prevista dal regolamento: inverte nuovamente il campo.

Forse continua pro forma” dice mio padre. Inizio a fantasticare sul significato di quella parola “pro forma“. Da Ravenna non arrivano notizie: il Genoa non riesce a portarsi in vantaggio. La partita è lunghissima a Foggia e fa sempre più caldo. Diventa difficilissima quando Olivares si fa espellere per somma di ammonizioni. Ma il Bari non corre grossi rischi e sembra fatta quando anche Brescia, del Foggia, viene espulso riportando le squadre in parità numerica. Ma si soffre. Bettoni tira a lato di pochissimo e al minuto 80 sempre Bettoni crossa dal fondo per la testa di Colacone. Girata, gol e gelo. Forse ci sfugge la serie A. Lo Zaccheria non sta più nella pelle. Ci credono, vogliono proprio mandarcela di traverso questa giornata. Incredibile l’occasione che capita qualche minuto più tardi sulla testa di Chianese. A botta sicura nell’area piccola. Fontana risponde di piede. Poi si tocca la spalla dolorante. La solita spalla, quella che si era lussato contro la Fiorentina. Collina concede 10 minuti di recupero. Il tempo di sapere che il Genoa ha pareggiato. Il Bari capisce che il pareggio va bene, che adesso basta portare a casa questo benedettissimo punto e vincere la domenica dopo, in casa contro il Castel di Sangro. Il Foggia non ne ha più e la partita finisce così: pari. Mio padre mi abbraccia mentre io mi scervello in un’inutile impresa di calcoli. Non c’è da fare calcoli, bisogna vincere e basta. Ma io non mi fido di nessuno e aspetto a festeggiare. Hai visto mai. Che sofferenza. 

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Si ringrazia per la foto Solobari.it

Prossima puntata: Piacenza – Bari, 9 maggio 2009

 

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

5 Comments —

  1. Bellissima disamina, bellissima partita, altri tempi, altro calcio, altre categorie (x noi foggiani)… Ero in Curva Sud quel giorno, in porta con noi c’era il nostro (poi vostro) indimenticato numero 1 FRANCO MANCINI… la tensione si tagliava a fette… io provai le tue stesse emozioni, ovviamente da tifoso avversario… Indimenticabile…

    • Ti ringrazio molto per questo tuo contributo. L’essenza di questo blog è proprio quella di unire, ricordare assieme, pensare ad un altro tipo di calcio. Mi auguro che il tuo Foggia torni presto dove merita, magari sperando di rivedere stadi pieni, entusiasmo, gioia, bel gioco. Non chiediamo troppo no?

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