Di quel pomeriggio ricordo tutto. Le emozioni, i colori, il calore, persino gli odori dello stadio. Il 10 maggio del 1998 è un giorno difficile da dimenticare per un tifoso del Bari. E non solo per la salvezza conquistata. In quel pomeriggio si incrociano i destini di un fenomeno conclamato e quello di una giovanissima promessa reduce da un lunghissimo infortunio. Se c’è una cosa che Luis Nazario da Lima, in arte Ronaldo, e Nicola Ventola hanno avuto in comune, oltre all’amicizia, è la sfortuna. Entrambi hanno dovuto combattere per tutta la carriera contro gli infortuni. Entrambi hanno dovuto appendere le scarpe al chiodo anzitempo a causa delle troppe operazioni e di ginocchia che non reggevano più il peso del loro talento. Ma quel giorno si sfidano un ragazzo di 22 anni contro un ragazzo di 20. E i patimenti sono solo cattivi pensieri. Ronaldo è al top. Ha appena alzato al cielo di Parigi una meritatissima Coppa Uefa, battendo una grande Lazio praticamente da solo. L’Inter ha ancora qualche piccola speranza di mettere le mani su uno scudetto combattuto, mai così discusso, ma che sta prendendo per l’ennesima volta la strada di Torino. Viene a Bari per vincere e sperare ancora. Caso mai la Juve non riuscisse a battere il Bologna tutto si deciderebbe all’ultima giornata. Il Bari ha bisogno di un punto, almeno. Con tre sarebbe sicuro di salvarsi. Ma davanti c’è il Fenomeno. Fa caldo. Un caldo piacevole però.
Mi apposto in tribuna est con un’oretta di anticipo. Sfoglio i giornali da stadio, chiacchiero con i vicini. All’epoca, con il mio amico Francesco facevamo un gioco scemo: ritagliavamo dal giornale quello che pensavamo sarebbe stato il protagonista della giornata e ci mettevamo la foto in tasca, pronti a tirarla fuori durante la partita. Ritaglio la foto di Nick Ventola e la poggio sulle ginocchia. “Vedi che non gioca Ventola” – mi dice Francesco, con il suo Zambrotta ritagliato. “Vabbè, metti che entra…” – gli rispondo. Poi arriva lei. Lei è la ragazza che siede 3 file davanti a noi, pocopiùcheadolescenti in età da Jimmiz e Renoir (per chi non fosse di Bari due locali che andavano per la maggiore allora). Anche lei è abbonata, anche lei è sempre lì. Viene con il padre e con il fratello allo stadio. Una delle poche ragazze di quella tribuna. La ricordo come se fosse ieri. Indossa una maglietta del Bari quel giorno. La numero 9, di Ventola. La indico al mio amico: “Vedi, anche lei ci crede, uomo di poca fede”. Lei ci guarda e ci saluta timidamente con la mano, anche se ci conosciamo poco. Noi rispondiamo come sappiamo. Da idioti. Un cenno e poco altro, siamo l’apice dell’imbarazzo e dell’impedimento con l’altro sesso. Le squadre scendono in campo e i nostri scherzi, i sorrisi, le foto ritagliate, lasciano spazio a quel leggero mal di pancia di chi non vuole tornare, dopo solo un anno in serie B.
L’Inter l’abbiamo già battuta all’andata e se perde lo scudetto, piuttosto che pensare al rigore di Iuliano su Ronaldo, dovrebbe mangiarsi le mani per aver perso in casa contro di noi dopo aver fatto qualcosa come 20 tiri in porta e averne preso uno per colpa di un gollonzo di Masinga (foto articolo). Ronaldo fa paura visto da vicino. Non ricordo di aver mai visto un giocatore così (lo ammetto, non ho visto giocare Maradona dal vivo). Veloce, leggiadro, il pallone sempre attaccato al piede. Non protesta, non si tuffa, danza sul terreno del San Nicola. Ma la sua è una danza fine a sè stessa almeno fino a quando il tabellone luminoso dello stadio non lancia un messaggio che getta nello sconforto tre – quarti di stadio. Il Bologna è in vantaggio a Torino contro la Juve. Ha segnato Kolyvanov. Ora l’Inter può giocarsela. I tifosi nerazzurri spingono, fanno arrivare la notizia fino alla panchina. Io vedo Cauet alzarsi per incitare i nerazzurri. Sembra dire: attacchiamoli adesso, la Juve perde. Al 28′ Zanetti colpisce la traversa e qualche minuto dopo, 8 per la precisione, Ronaldo fa un numero dei suoi. Dribbling sul portiere, dopo un passaggio da enciclopedia del calcio, firmato Djorkaeff, e gol da Fenomeno. Fa male sentire il boato dello stadio, è lì che capisci che non tutti sono venuti per augurarsi la salvezza del Bari. I nostri giocatori però non si scompongono. Fascetti mette dentro una punta. Ma non è Nick “piede caldo”. E’ Alback, oggetto misterioso arrivato dalla Svezia con la fama di grande goleador. Zero gol, zero, a Bari. Disputerà due mondiali da titolare, ma ancora non ne sono chiarissimi i motivi. Ingesson e Volpi ci mettono il cervello, Zambrotta la corsa. Masinga però è troppo solo, lo svedese non lo aiuta.
Non ne prende una. Dall’altra parte Garzya, difensore velocissimo, trova pane per i suoi denti contro il Fenomeno e chiede aiuto a Neqrouz. Che lo stende senza pensarci su due volte, rischiando l’espulsione. La Juve ne frattempo pareggia e si va riposo con il Bari virtualmente in B. Poca voglia di scherzare nell’intervallo. Il ragazzo di Grumo, Nicola Ventola, inizia a scaldarsi. Non gioca da sei mesi, la sua ultima partita è stata ad Empoli, dove si infortunò gravemente. Palleggia, si scambia battute e pacche sulle spalle con i suoi futuri compagni. Circola più di una voce che sia già dell’Inter. Moratti sogna una coppia Ventola – Ronaldo, pare che il nostro abbia tutti i numeri per diventare il nuovo Vieri. Così dicono gli esperti. Così penso anche io. La partita ricomincia e lo stadio tira un sospiro di sollievo. La Juve è in vantaggio. Il tempo di stravolgere un’altra volta la squadra e Baggio pareggia per il Bologna. Il tabellone è impietoso, l’Inter non può e non vuole mollare. Ma al 22′ Fascetti si ricorda di essere un allenatore rinomato per i cambi in corsa: fuori il libero De Rosa e dentro un’ala, Giorgetti. Fuori L’impalpabile Alback (dopo meno di un’ora) e dentro il Golden Boy di Puglia. Lo stadio si alza in piedi per l’ovazione, per sostenere il suo ragazzo. Un ragazzo con la faccia pulita, che non alza mai la voce e ama i toni pacati. Un barese atipico, mi sia consentita la definizione. Chissà se è lui a portare fortuna. Fatto sta che dopo un paio di minuti arriva la notizia del gol di Inzaghi a Torino. La Juve è in vantaggio, l’Inter può mollare il colpo. Ma non lo fa, va anzi vicina al raddoppio con Ronaldo che però si fa ipnotizzare da Mancini, abilissimo nell’uscita. A 5 minuti dalla fine è Zambrotta, a salire in cattedra. Scatto sulla fascia, West bruciato e cross al centro. C’è lui.
Lui che non gioca da 6 mesi. Lui che deve andare all’Inter. Lui che ha meno di 20 anni e una bella fidanzata che fa l’attrice e si chiama Bianca. Lui che è uno di noi perchè tifa Bari. Deve solo spingere il pallone in rete ma ha il merito di trovarsi nel posto giusto. In quel posto dove Alback non si era trovato mai. Ventola appoggia il pallone in rete e fa esplodere lo stadio. Corre come un forsennato, si leva la maglia, piange a dirotto. Palla al centro e facce scure dall’altra parte. Gli spettatori restano tutti in piedi, vogliono il gol del vantaggio a questo punto. Passano 4 minuti e Giorgetti con un accelerazione delle sue mette la freccia sull’out destro. Cross basso al centro e questa volta ci pensa Masinga in mezzo alle belle statuine interiste ormai demotivate a mettere dentro il gol del 2 a 1. Delirio al San Nicola. In 5 minuti cambia tutto. Non me la sento di dire che non ci fu un minimo di compiacenza da parte dell’Inter ma i gol li devi fare. Si finisce con Ventola portato in trionfo, con Moratti consapevole di aver fatto un gran colpo e con una salvezza tutta da festeggiare. La ragazza con la maglia di Ventola mi sorride uscendo dallo stadio, io non trovo di meglio che far vedere la foto che ho ritagliato prima della partita. “Ci vediamo l’anno prossimo” mi dice. “Già, ci vediamo l’anno prossimo”. Ancora in serie A. Torno a casa felice. Per la salvezza e per quel sorriso. Ma non c’è Facebook per cercarla ancora e io sono un pocopiùcheadolescente troppo timido.
ps: di Nicola Ventola potrei ricordare la carriera sfortunata, costellata di infortuni, ma anche i gol con la maglia dell’Inter, in campionato e in Champions. L’amicizia con Ronaldo o il matrimonio con Kartika. Ma mi preme ricordare un’episodio accaduto qualche anno fa, per far capire che tipo di giocatore è stato Nicola, ritiratosi a soli 32 anni. Ventola gioca nel Novara, in serie C (parliamo di due anni fa…), e la squadra di Tesser arriva clamorosamente ai quarti di finale di Coppa Italia. La partita si gioca a Milano contro il Milan, la sfida è secca. L’allenatore deve scegliere chi far giocare in attacco. Ventola gli dice: “Mister, io a San Siro ho già giocato tante volte. Dia questa soddisfazione ai miei compagni di squadra che non ci hanno giocato mai”.
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