C’è stato un tempo in cui Vincenzo Matarrese si era messo in testa di conquistare l’Europa. Un po’ per megalomania e smanie personali, un po’ perchè Renzo Piano gli aveva consegnato le chiavi di uno stadio che avrebbe avuto un senso compiuto soltanto diventando scenario di coppe europee e partite in notturna, come la finale terzo e quarto posto dei Mondiali di calcio. Il ricordo di quella sera è ancora vivo. Goigoichea che para il rigore di Aldo Serena (dopo aver respinto quello di Donadoni) e corre a braccia splancate verso Maradona che gli salta addosso. I giocatori dell’Italia in ginocchio. Io, bambino, che scoppio in lacrime. L’Italia che resta in silenzio per una notte intera. Niente finale a Roma, solo una misera finalina a Bari, per la gioia di Antonio Matarrese. Suo fratello ci prova ad allestire una squadra che “possa entrare in Europa dalla porta principale“. Trattiene Maiellaro, Di Gennaro e soprattutto Joao Paulo. E compra uno dei migliori giovani talenti in circolazione: il rumeno Florin Raduciou, strappato al Pisa, al Bologna e all’Anderlecht con metodi ortodossi e non. La prima giornata vede però il Bari soccombere in casa dell’Atalanta. Caniggia ed Evair sistemano la pratica in venti minuti. Qualcuno già mugugna. Maiellaro è rimasto controvoglia, il rumeno è un ragazzino, il portiere è poco affidabile. Già, il portiere.

Perchè Salvemini congeda l’affidabile Mannini per consegnare la porta ad un suo vecchio pupillo, Giulio Drago, già portiere dell’Empoli. L’investimento si rivela tutt’altro che azzeccato. Un precampionato imbarazzante e una papera a Bergamo non fanno presagire nulla di buono. Il 16 settembre del 1990 il Bari gioca la sua prima storica partita di campionato al San Nicola. E forse, proprio il Santo, si mette una mano sul cuore. L’avversario è il Torino di Emiliano Mondonico. Una squadra giovane e spumeggiante che punta tutto sul talento cristallino di Gianluigi Lentini e sulla classe di Martin Vasquez. In avanti il discontinuo Muller, rigenerato da Fascetti nelle due stagioni precedenti. Gli spalti si riempiono già mezz’ora prima dell’incontro. La curiosità è tanta, la voglia di riempire l’astronave anche. Giulio Drago però impiega 10 minuti a mettere il match in salita. Con un’uscita scellerata consegna il pallone sui piedi di Muller, che in semirovesciata insacca. Uno a zero per il Toro e San Nicola che piomba nel silenzio. Mio padre mi fa segno che è tutto a posto, che abbiamo tutto il tempo. Ma il Bari sbanda, paurosamente, e io nonostante i miei 11 anni non sono mica scemo. Mettici anche che Maiellaro, il giocatore più fantasioso, si fa male e deve lasciare il campo subito dopo. Entra Scarafoni e Joao si mette a fare il rifinitore. La difesa (nella quale esordisce il giovanissimo Lorenzo Amoruso) fa acqua. Lentini prima e Muller poi si ritrovano soli davanti al portiere. Quest’ultimo salta anche Drago in uscita, poi spreca calciando incredibilmente sul palo. Mondonico si mette le mani nei capelli. Se avesse avuto una sedia l’avrebbe alzata. Lo farà qualche anno più tardi, in una finale di Coppa Uefa incredibilmente scippata al suo Toro.

Il Bari ringrazia, comunque. E al 30′ l’assopito Joao si ricorda di essere brasiliano. Filtrante per il ragazzino venuto dall’est che di prima intenzione calcia di sinistro e trova l’angolo lontano alla sinistra di Marchegiani. Eccolo, il primo gol al San Nicola. Il primo di una lunga serie. Quello che nei miei sogni di bambino doveva essere solo l’inizio di una storia che avrebbe dovuto portare il Bari in Europa. Forse è per questo che festeggio più animatamente del solito. Durante i Mondiali avevo visto, a Bari, Romania – URSS, e mi ero innamorato di Lacatus. Ma anche questo ragazzino riccio e biondo ci sapeva fare con i piedi. Veloce e spumeggiante. Un po’ sprecone. Ma questo particolare all’epoca non mi sembrava cosa di particolare conto. Ignoravo il fatto che la Gialappa’s fosse già sulle sue tracce da tempo. Secondo tempo: il Toro riprende da dove aveva finito. A prenderci a pallonate. Policano colpisce la traversa su punizione. Skoro, entrato al posto di Muller, inciampa due volte sul pallone e meno male. Il Bari non c’è, e a nulla servono i cambi di Salvemini. Solo Laureri, entrato al posto dell’evanescente Colombo, sembra dare più corsa al centrocampo. Ma la vittoria può arrivare solo per miracolo.

Miracolo che si concretizza al 90′, quando lo sciagurato Carillo, appena pressato da Di Gennaro, colpisce il pallone di mano, costringendo l’arbitro a concedere il rigore. La sportività di mio padre è disarmante: “Speriamo che lo sbaglia, non la meritiamo ‘sta vittoria“. Ma io non la penso come lui. Joao Paulo trasforma e io esulto con gioia ma con un pizzico di moderazione, per non deluderlo. Matarrese dirà che la vittoria è venuta per merito del fratello vescovo “Ogni tanto qualche aiuto dall’alto ci deve arrivare, mio fratello è vescovo“. Salvemini ammetterà di aver avuto molta fortuna. Mondonico la prenderà con filosofia e Janich, direttore sportivo, si renderà conto di dover cercare un nuovo portiere. Arriverà Biato al posto di Drago ma la squadra non entrerà in Europa. Sarà Joao, alla penultima giornata, a salvarla dalla retrocessione, mettendo a sedere due volte Baresi. Ma questa è un’altra storia.

ps: nonostante la Gialappa’s io mi innamorai di Radu. Il Bari lo cedette dopo un solo anno ma il ragazzo si prese delle soddisfazioni, arrivando anche a giocare nel Milan. E nel Mondiale del 1994 fu uno dei migliori, trascinando la sua Romania ai quarti di finale (eliminata solo ai rigori dalla Svezia del futuro barese Kenneth Anderson).

 

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

2 Comments —

  1. Ciao Cristiano, seguo sempre con interesse questo sito e ritengo che tu abbia una capacità descrittiva (di eventi ma soprattutto di emozioni) molto spiccata.
    Oltre ad augurarmi che tu possa continuare a scrivere questo tipo di racconti, umilmente ti segnalo un piccolo errore nell’articolo: la Romania di Florin e company non arrivò in semifinale, poichè perse ai rigori nei quarti contro la Svezia grazie ad una formidabile partita del portiere svedese Ravelli.
    Un caro saluto.

    Mino Andrisani

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