Ho preso un giorno di ferie. Lo ammetto, e me ne fotto. Troppo importante esserci, non voglio mancare per nessun motivo al mondo. Si gioca di lunedì per esigenze televisive. Le chiamano così. Le uniche esigenze che non contano mai un cazzo sono quelle dei tifosi. Loro invece si permettono anche di chiamarle così. Contingenze ci sarebbe stato meglio, molto meglio. E comunque, sono qui a girare per le vie della mia città. Me la voglio godere tutta questa giornata, anzi, questo lungo fine settimana. Non dipendiamo da nessuno. Se vinciamo è fatta, si va in serie A. Corso Càvur è un tripudio di bancarelle. Sciarpe, bandiere, magliette. Quella di Barreto, di Guberti, di Lanzafame, di capitan Gillet. Da quanto tempo, penso. Respiro. Sono emozionato. L’ultima promozione che ho vissuto è stata quella del ’97 e adesso sì, è passato un po’ tempo. Allora c’era mio padre, vivevo a Bari, andavo a scuola, aveva molti sogni e pochi pensieri e quel pomeriggio di maggio in cui giocammo contro il Castel di Sangro me lo ricordo ancora. Lo stadio pieno, il caldo, i colori, la rete di Ventola dopo pochi secondi.
Mi sveglio presto e inizio a prepararmi, come se dovessi scendere io in campo. Sui balconi ci sono le bandiere, per le strade si respirano il bianco e il rosso. Sembra strano pensare che qui, qualche anno fa, qugli stessi colori fossero spariti. Dove era finita tutta questa gente? E le sciarpe? E tu c’eri a Bari – Cittadella (Tu stiv a Bar – Cittadell). Io no, ma un sacco di altre volte c’ero, ve lo giuro. Qualcuno va a lavorare con la sciarpa, altri si affrettano per comprare gli ultimi tagliandi rimasti. Quelli che servono ad assicurarsi un posto nello stadio, per poter dire “C’ero anche io, quando siamo tornati in serie A“. E’ il 4 maggio del 2009, e il Bari gioca contro l’Empoli. I toscani hanno poco da chiedere al campionato. Possono ancora inserirsi nel giro dei play off ma la squadra di Baldini non sembra avere la giusta fame per farlo. Nessuno si aspetta di vincere a mani basse, è chiaro, ma se il Bari fa il Bari la partita sarà una formalità. Si gioca alle 20.45 ma dalle 17 la città si concentra sull’unico pensiero della giornata. Riprendersi il palcoscenico che le spetta. Ci muoviamo presto. Non voglio aspettare troppo e poi questa serata me la voglio godere dall’inizio alla fine. Indosso la maglia di Pedone, quella vintage del ’94, metto la sciarpa e prendo la macchina portafortuna.
Quella che adesso guida mia madre e che un tempo, alla fine degli anni ’90 era stata mia. Mancano 4 ore ma è come se la partita dovesse iniziare tra dieci minuti. Bari ha il fascino dell’esagerazione, e questa coda lo dimostra. Parcheggiamo e ci avviamo verso la curva nord. Quando entriamo nello stadio scopriamo che tre – quarti di curva è già piena. Ci sediamo, salutiamo qualche amico e molti occasionali, scattiamo delle foto con facce sorridenti, ridanciane. Da passaporto. Finiranno su Facebook, in un album che non dimenticheremo mai. Tra gli striscioni ce ne sono tanti dedicati ad Antonio Conte. Toglietemi tutto, ma non il mio mister. Speriamo non vada via, penso. Lui è l’artefice di questo squadrone. Il tempo passa in fretta, la sera cala, lo stadio si riempie ogni minuto di più. Verso le 19.30 la squadra, in tuta, fa il primo giro di campo. Ad attenderli c’è un’ovazione. Di quelle che molti di loro non hanno sentito mai. Di quelle che molti di loro, dio ce ne scampi e liberi, non sentiranno mai più. Quasi cinquantamila persone in piedi ad applaudire, a scandire quei nomi ad uno ad uno. A cantare, a caricare quei ragazzi. Li vedo sorridere. Sanno di essere nel posto giusto e sono sicuro che molti di loro, questa sera vorrebbero essere esattamente dove sono, sul prato del San Nicola. Alle 20.30 parte Bari grande amore. Le sciarpe si levano al cielo, la gente canta, molti registrano un video che finirà su youtube. Baari nel nooostro cuoreee, non ti lasceremo da sooolaaa. Mai. Mi vengono i brividi. Cosa ci siamo persi per tutti questi anni? E perchè? E cosa ci aspetta? Ci consegnano dei fogli bianchi, per la coreografia. Dalla curva non le puoi vedere ma quando partono gli applausi del resto dello stadio capisci che è venuta bene. Ci sono i nostri colori, quelli dell’Italia e una bella scritta Bari, in mezzo. Lo stadio a spicchi rende le coreografie meravigliose. E comunque è una serata bellissima. La festa, il clima, la temperatura, la luna. Tutto è perfetto.
E Lorena non c’è, e mi spiace molto. Vorrei tanto che fosse qui con me. Manca solo lei. Mi scappa la pipì. E mi accorgo che manca poco all’inizio della partita. Ma non posso aspettare, avete presente quando vi prende un’emozione fortissima e sapete di non potervi più controllare? Alzo lo sgaurdo, le vie di uscita sono completamente bloccate. La gente è seduta ovunque. Sui gradini, davanti all’entrata, praticamente la sola idea di provare ad andare in bagno è una follia. Sono rassegnato a farmela addosso. Ma devo godermela questa partita, mica posso stare tutto il primo tempo ad aspettatare che l’arbitro fischi la fine per poter andare al bagno. Con uno scatto mi alzo e inizio a camminare sospeso tra i gradoni e le persone. Conquista l’uscita a fatica e quando torno la partita è già iniziata. Da un minuto circa. Il Bari gioca bene e corre, come sempre. L’Empoli non regala nulla, è venuto a giocarsi la partita. Gillet deve fare un gran parata su Vinci, proprio sotto la nostra curva. Anche un tiro di Buscè, qualche minuto dopo, lambisce il palo alla destra del capitano. Al 42′ però in contropiede Guberti serve il liberissimo Barreto che dribbla Bassi e fa esplodere il San Nicola. Che non vede però il guardalinee con la bandierina alzata. Rete annullata e urlo che resta in gola. Barreto esulta, si leva la maglia ma la rete non è valida anche se il fuorigioco non c’è. Si va a riposo con un’altra coreografia.
Meglio abbondare, chissà quando ci ricapita. Conte fa qualche cambio ma la sostanza resta la stessa. Il Bari ci prova, ma L’Empoli non concede molto. I minuti passano e Barreto viene steso in area. Simulazione. E questa volta ci sta tutta. Qualche minuto dopo invece è Lanzafame a volare in area e questa volta il rigore sembrerebbe esserci. Ma l’arbitro dice di continuare e io inizio a pensare che tornerò nelle Marche con le pive nel sacco. Ma all’ultimo minuto il portiere dell’Empoli sbaglia l’uscita. Ranocchia si avventa sul pallone e lo colpisce di testa. Il pallone rotola lentamente verso la rete. Lo stadio è pronto ad esplodere quando Marzoratti, non si sa come, incrocia fortunosamente il pallone sulla linea di porta e lo manda in angolo. Imprecazioni varie. Delusione, qualche bestemmia. La partita finisce. Il Bari non riesce a vincere e resta in B, per un’altra settimana almeno. La festa è solo rimandata ma la delusione è forte. Molti, come me, sono venuti a Bari apposta per festeggiare e invece questa notte dovranno andare a dormire presto. Avrei passato volentieri la nottata in giro per Bari a festeggiare. Vado a fare una pizza con i miei amici di sempre. Nel silenzio di una città che deve ancora aspettare per urlare di gioia. La gioia effimera, ma sempre piacevole, che ti da il pallone. Facciamo un piccolo brindisi. Alla serie A. Ormai è fatta, ma non diciamolo troppo forte.
Prossima puntata: Lazio -Bari, 29 gennaio 1995
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