C’è stato un tempo, neanche troppo lontano, in cui esisteva un solo Ronaldo. Non indossava mutande Armani e aveva due dentoni da pubblicità delle merendine. Era il Fenomeno e mai appellativo fu più adatto, nella sua banalissima semplicità. Quel giocatore, prima di una stranissima notte francese, ancora tutta da decifrare (fu avvelenato?), era semplicemente e senza discussioni il calciatore più forte del mondo. In questa storia, che sto per raccontare, il Bari avrebbe dovuto svolgere il ruolo di semplice sparring partner. E’ il 18 gennaio 1998, sedicesima giornata di un campionato di serie A dominato da Inter e Juventus con una lieta sorpresa alle spalle: l’Udinese del bomber tedesco Oliver Bierhoff. La Juventus è impegnata sul campo del Bologna di Roberto Baggio e tutte le circostanze sembrano favorire un allungo dei nerazzurri di Gigi Simoni. Intanto, negli Stati Uniti, da poche ore è scoppiato il sexy gate, lo scandalo che costerà carissimo al Presidente Clinton accusato di molestie a sfondo sessuale da una giornalista, Paula Corbin Jones. Impensabile all’epoca che certe cose sarebbero presto arrivate anche da noi, con ancora più forza. Ma tant’è. I nerazzurri sono reduci da due vittorie: hanno battuto la Juventus in casa e il Piacenza in trasferta. In attacco Simoni conferma la coppia Ronaldo Djorkaeff. Il Bari però è in salute. In serie positiva da 4 giornate, è squadra che in trasferta non conosce il pareggio. La formazione è al completo con l’indimenticabile Mancini tra i pali, De Rosa libero staccato, Garzya, Neqrouz, Sala e Manighetti sulla linea difensiva, Ingesson, Volpi e Zambrotta a centrocampo, Guerrero e Masinga di punta.
A quest’ultimo è demandato il difficile compito di alleggerire la pressione che l’Inter, fin dal primo minuto, opera nella nostra metà campo. A causa di un disguido mi perdo i primi dieci minuti della partita. Sono in macchina e accendo la radio. Inizio a girare freneticamente la manovella finchè non riconosco la voce amica (e preoccupata) di Michele Salomone. La partita è iniziata da un minuto e lui, come la nostra difesa, è già in affanno. Lo sento urlare che Neqrouz, nel tentativo disperato di anticipare Ronaldo (come farà a marcarlo?) rischia di spedire il pallone nella nostra porta. Solo un prodigioso balzo di Mancini riesce ad evitare la capitolazione dopo appena 60 secondi. Non potete immaginare quanto siano lunghi 10 minuti alla radio, con Salomone che ti racconta un assedio. Ogni semaforo un calcio d’angolo, ogni curva della città un cross teso al centro, e meno male che l’unico difetto del Fenomeno è il colpo di testa. Ogni accelerazione un passaggio filtrante per lo scatto di quel maledetto brasiliano che puntualmente brucia Neqrouz e per fortuna si sono Garzya a rimediare, De Rosa a raddoppiare, Mancini a parare. Ogni stop è un’uscita disperata, quanto perfetta, di Franco Mancini. Oggi ne prendiamo 4 abbiamo capito, sentenzia Francesco. Stiamo parcheggiando quando ancora il brasiliano spreca tirando addosso all’estremo difensore biancorosso che ribatte sui piedi dell’attaccante nerazzurro. La ribattuta di Ronaldo finisce alta sulla traversa. Insiste l’Inter: al 6° un’azione di Simeone è finalizzata dal bomber brasiliano ma il pallone termina fuori. Entriamo in casa di Giorgio. Troviamo i padroni di casa e gli ospiti assorti, quasi in preghiera. Nessuno fiata anche perchè Neqrouz, in maniera davvero poco ortodossa, ha appena trascinato a terra Ronaldo in area di rigore. Fortuna che l’arbitro lascia correre. Il Bari difende con i denti. Dire bene è un eufemismo, comunque limita i danni, che è ciò che conta. Passano 36 minuti e Fascetti sostituisce l’evanescente (ma dai?) Guerrero con Olivares.
Un po’ perchè su quella fascia soffriamo da matti, un po’ perchè il colombiano non riesce neanche a fare un dribbling, dico uno, nello stadio dove qualche anno prima (4 per la precisione) si impose all’attenzione del calcio italiano non tanto per il gol quanto per il trenino arrivato da Medellin a Bari dove resterà per parecchi anni e diventerà un marchio di fabbrica. Il colombiano non gradisce. Ma il primo tempo si chiude sullo 0 a 0 e anzi l’ultima occasione capita sui piedi di Masinga che, solo davanti a Pagliuca, spreca incredibilmente un vantaggio immeritato. E quando ci ricapita? Si chiede Antonio. Passiamo l’intervallo a tentare di rispondere a questa domanda, e non è semplice. L’Inter non rientra in campo con la stessa verve. Simoni se ne accorge e sostituisce un difensore, Colonnese, con un attaccante: Branca. Un grattacapo in più per Mancini che continua a parare il parabile e anche l’imparabile. Ogni punizione una preghiera. Ogni uscita un’ovazione. Che portiere. La notte però incombe su San Siro e con essa, oltre alla luce di riflettori, qualche brutto pensiero per i nerazzurri. I minuti passano e il risultato non si sblocca dallo 0 a 0. Siamo al minuto 77, tutto lascia presagire che l’Inter proverà l’ultimo assalto ma un errato disimpegno di Galante mette in condizione Volpi di crossare in area. West manca il colpo di testa, Masinga invece è pronto con Pagliuca che blocca alla meno peggio. L’azione sembra finita con noi ancora in piedi ad imprecare.
Ma il pallone, beffardamente, sfugge dalle manone di Pagliuca e rotola lentamente nella terra di nessuno. Spingila Phil. Cazzo mettici il piedone. Il 47 di piede dell’attaccante sudafricano ci prova. Una, due, tre volte. Prima trova la spalla di Pagliuca, poi lo stinco di West, infine rotola in rete. A nulla valgono le proteste del portiere nerazzurro che tenta di scaricare il suo errore su una improbabile carica. Il Bari è in vantaggio. Inter-Bari 0-1. Cala il silenzio tra i tifosi nerazzurri, al Meazza e dalla tv si sentono solo i 1500 supporters biancorossi. L’Inter sembra aver smarrito il pallino del gioco mentre il Bari insiste tanto da andar vicino al raddoppio con Volpi che, cinque minuti dopo il gol, tutto solo davanti a Pagliuca, sbaglia il più facile dei gol concludendo alto sulla traversa con un pallonetto da insulto, se non fosse per l’eccellente prestazione. Negli ultimi minuti l’Inter si sbilancia in avanti: Moriero ci prova due volte ma trova sempre Santo Mancini sulla sua strada. Poi è addirittura Pagliuca che si avventura in area e colpisce anche di testa, ma Mancini blocca e il risultato non cambia fino al fischio finale dell’arbitro. Il Bari batte l’Inter a Milano per 1-0. Neqrouz, Garzya e Mancini si abbracciano con un’intensità rara, umana. Quante volte ripenserò a questa scena. Ad una squadra di uomini veri, ad un portiere dal cuore grande che troppo presto è volato via. E sì, perchè lui a volare era davvero il più bravo di tutti. Questo post è dedicato a lui. Para la palla Franco Mancini, Franco Mancini.
Prossima puntata: Lecce – Bari, 30 dicembre 1990
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