Ebbene sì, la colpa è tutta di mio padre. Io me ne stavo traquillo, a giocare con i Master nella mia cameretta. Bambino di poche parole e molta fantasia, amavo costruire con i Lego e dare vita a sage fantascientifiche facendo muovere il Voltron. Due cose non mi piacevano all’epoca. Le macchine e il calcio. Strano per un bambino di quasi 10 anni. Ad ogni modo mio padre era quasi preoccupato. “Ma perchè questo non vuole venire allo stadio con me? – continuava a ripetere a mia madre – i suoi fratelli grandi si nascondevano in macchina pur di venire allo stadio“. “Lascialo stare, Pompeo – rispondeva mia madre – e si vede che il pallone non gli piace“. Ma mio padre non si rassegnava. Aveva proprio deciso di rovinarmela la vita. Con un’insana passione. E pensare che lui non era neanche tifoso del Bari. Era uno sportivo, nel vero senso del termine. Era nato a San Vito dei Normanni e per lavoro aveva girato tantissimo, tifando sempre per la squadra della città che lo ospitava: Taranto, Pescara, Bergamo, Ragusa, infine Bari, dove io sono nato, 33 anni fa. Forse se fosse stato trasferito a Torino anzichè a Bari io avrei sofferto meno e gioito di più, ma comunque. La giornata era bellissima, un sabato di marzo di quelli da raccontare. Sole alto e cielo cristallino. Mio padre aveva deciso di farsi una passeggiata. E le passeggiate di mio padre non prevedevano limiti di spazio e tempo. “Ti va di fare un viaggetto con papà? Andiamo con il treno” – mi disse mentre io ero impegnato a dare vita al potere di Greisgul. Il treno. La parola magica. All’epoca con mio padre facevamo un gioco. Andavamo in stazione, salivamo e scendevamo dai treni. Prima che partissero. Stavamo lì un paio di minuti a chiacchierare, fingevamo di essere passeggeri e poi tornavamo a casa. Un viaggio vero.

E dove andiamo papà?” gli chiesi. “A Sambenedetto, a vedere la partita del Bari.” Non avevo idea di dove fosse Sambenedetto. Per quel che mi riguarda poteva essere ad un’ora da casa, come in un’altra nazione. Ciò che mi importava era salire su quel treno, guardare fuori dal finestrino e fantasticare su quel viaggio. Partimmo la domenica mattina alle 7. Il calendario dice che è il 19 marzo del 1989. Alle 12 arrivammo in quel paese per me misterioso. Il mare a destra durante gran parte del tragitto. Lo stesso mare, appena un po’ più opaco. Ma ridente. Mio padre chiese un passaggio per lo stadio. Due ragazzi molto gentili ci accompagnarono facendomi sedere davanti per guardare la città. Una città viva, innamorata, in fermento. Tre ore prima della partita erano già tutti in strada, con i motorini, le sciarpe rossoblu allacciate in vita o legate al braccio. “Mi raccomando oggi, almeno un punto… – dice il ragazzo alla guida – tanto voi in serie A ci andate lo stesso ormai.” Io annuisco. Per me va bene, penso. “Abbiamo qualche scontro diretto ancora, ma la squadra è forte” risponde mio padre con la sicurezza della capolista. Arriviamo al Riviera delle Palme e compriamo due biglietti di tribuna. Lo stadio è strapieno. I tifosi locali credono nella salvezza e urlano forte. Tanto forte. Un po’ mi spaventa la cosa. Non sono molto abituato agli stadi e non credo di aver cominciato con una prova facilissima. Soffia il vento del mare e i cori, dalla curva di casa, arrivano fortissimi. Mio padre mi spiega un po’ di storia. Mi racconta di Clagluna, di Gigi Cagni, di una squadra rivelazione. Il suo rispetto per gli avversari e la sua preparazioni non li dimenticherò mai. Io annuisco e leggo il giornalino. “Mannini, Loseto, Armenise, Terracenere, Carrera…” quasi una litania la formazione del Bari.

Poi lo speaker attacca: sportivi buonasera, per la 26esima giornata del campionato di serie B… buon divertimento e forza Samba! In maglia rossoblu alcune facce simpatiche, come quelle del portiere Bonaiuti. Mio padre dice che diventerà il nuovo Zenga. Sarà. La partita incomincia e il Bari gioca da padrone. Salvemini schiera Maiellaro dietro Monelli e Scarafoni. Lo zar inventa, le punte sprecano. Al 12′ però l’invito è troppo ghiotto. Palla filtrante per Scarafoni che aggira Bonaiuti e tira in porta. Un difensore della Samb prova una scivolata disperata ma il pallone ha superato la linea. Peccato che io all’epoca pensi che (come in Holly e Benji) il gol sia valido solo se il pallone tocca la rete. Vedo gente imprecare, mio padre mi da una pacca composta sulla spalla, i giocatori in maglia bianca esultano e abbracciano il numero 9. Allora capisco che il gol è valido e che la mia squadra è in vantaggio. “Ma papà, il pallone non è entrato!” affermo timidamente. “Basta che supera quella riga bianca, il gol vale” risponde indicando il campo. E mi da un bacio sulla testa. Il Bari attacca con forza, la Sambenedettese non esiste. Maiellaro e Carbone mi fanno innamorare di quella maglia, di quella squadra. Il Riviera delle Palme non molla. Il pubblico aiuta la squadra in difficoltà. Soffia forte il vento. Mannini risponde ad un tiro da fuori di Salvioni. Pericolo sventato. Il primo tempo finisce. Mio padre chiama mia madre per tranquillizzarla. “Stiamo bene, Cristiano si sta divertendo.” Io annuisco, ha ragione. Il tempo di un gelato come ricompensa per averlo accompagnato, di un Borghetti per lui e il secondo tempo incomincia. Non so perchè ma sembriamo meno padroni, adesso.

I giocatori rossoblu sono arrabbiati e corrono di più. Al 51′ succede quello che non volevo accadesse, a quel punto. Una mischia in area, il pallone che resta lì per un po’, poi non vedo più nulla. Davanti a me si alzano tutti e io, come la difesa del Bari, resto immobile, impreparato, a non guardare. Sento solo un boato e vedo tutti abbracciarsi e un giocatore, Roselli dicono i vicini, esultare. La Samb ha pareggiato. Vicino a noi c’è la tribuna stampa. Il telecronista di un’emittente locale “Nuova Onda Sambenedettese” esulta e racconta l’accaduto. Resto affascinato. Lo fa bene, è spigliato con quel microfono, ha una voce calda, appassionata. Mi concentro un po’ su di lui mentre la partita perde significato. Sembra che il pareggio vada bene ad entrambe finchè il Bari negli ultimi 10 minuti prova un’assalto finale. La palla buona capita sulla testa di Loseto. Punizione di Maiellaro disegnata, colpo di testa del marcatore e traversa. Stavolta mi alzo, ma mio padre mi rimette giù con forza. Siamo a casa loro mi dice. Mi rendo conto, chiedo formalmente scusa. A lui, ai vicini, al telecronista di Nuova Onda. La partita termina e il pubblico applaude. Per la Samb c’è ancora la possibilità di salvarsi, il Bari prende un punto importante per la promozione. Io chiedo a mio padre con chi giochiamo la domenica dopo. “Con il Licata, in casa. Vuoi venire?” mi chiede speranzoso. “Sì” gli rispondo convinto. E da quel giorno non sono riuscito più a farne a meno.

ps: a fine stagione il Bari di Salvemini andrà in serie A, arrivando primo a pari punti con il Genoa di Scoglio. Sarà una promozione trionfale, densa di speranze per il futuro. La Samb lotterà fino alla fine, ma non riuscirà a salvarsi e purtroppo quello stadio non vedrà più la serie B anche se si riempirà in molte altre occasioni. Scarafoni, marcatore del Bari, allena la Fermana in Eccellenza. Il telecronista di Onda Nuova Sambenedettese oggi è la voce numero uno di Sky: Maurizio Compagnoni. Mio padre non c’è più, ma quella passione me l’ha trasmessa per sempre, e quella non andrà mai via.

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Prossima puntata: Bari – Juventus, 29 agosto 2010

 

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

9 Comments —

  1. questo, a mio parere, è il racconto più bello. forse perché narra di una partita che non è prorpio rimasta negli annali, forse perché narra di tempi lontani dove tutto aveva un altro sapore… e poi c’è questo ricordo di tuo papà che è proprio bello… complimenti!!

  2. Oltre che a complimentarmi io mi auguro che la sua profezia “La Samb non giocherà più in serie B” non si avveri anche fino ad oggi lo è.
    Nazzareno Perotti
    giornalista al seguito della Samb in tutte le trasferta di Serie B dal 1972. Clamorosa una nostra vittoria per 4-3 nell’ultima del campionato di B 1987-88. In casa sempre dal 1955, da un’età (10) credo simile a quella del suo racconto.

    • Ciao Nazzareno! La mia non voleva essere una profezia ma solo una constatazione. Dicendo “non vedrà mai più la serie B” volevo dire “ad oggi”. Lungi da me fare profezie a lungo termine. Tra l’altro ho avuto la fortuna di scendere in campo al Riviera delle Palme ben 4 volte quest’anno come assistente dell’arbitro, e sono stato felicissimo di farlo. Auguro tutto il meglio a te e alla tifoseria Sambenedettese. Grazie per avermi scritto!

  3. Grazie Cristiano. È successo a tutti noi di essere colpiti da questa malattia che non va più via..tutta colpa di genitori e zii..però, non è una bellezza essere malati cosi?

  4. Ciao Cristiano, certo che sei proprio nato per descrivere emozioni! A quell’1a1 ho assistito anch’io in tribuna…avevo 22 anni ed ero già fidanzato con una sambenedettese, quella ragazza che poi, 5 anni dopo, è diventata mia moglie. Sono un barese verace trapiantato in questa bella riviera, un po’ come il nostro concittadino Francesco Chimenti, indimenticabile bomber della Samba degli anni d’oro. Mi ricordo ancora dov’ero seduto. In alto a destra in uno degli ultimi gradoni verso la curva sud! Ora il mio augurio è di rivedere un Sambenedettese-Bari al Riviera delle Palme e tornare a vedere i peli che si rizzano sulla pelle per le giocate dei nostri beniamini…un po’ come le emozioni che ci ha regalato quest’anno la “banda” di Sciaudone & co. E, anzi, ti diro di più, dato che sognar non costa nulla che ne dici di un Samba-Bari in Serie A prima che finisca il terra!? La palla è rotonda…

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