Igor Protti, a Bari, è stato molto più che un idolo. In uno striscione esposto dagli ultras nella sciagurata stagione 96/97 fu definito “bandiera di una curva, orgoglio di una città”. Ma per tutti noi tifosi baresi Igor fu semplicemente lo Zar. Andare allo stadio aveva un senso anche soltanto per vederlo giocare. E non perchè possedesse classe cristallina e dribbling ubriacante. Veder giocare Protti significava semplicemente stare dalla parte del gladiatore. Quello che affronta da solo i leoni e a volte li batte. Ho visto tanti giocatori esultare sotto la Nord ma nessuno mi ha trasmesso le sensazioni dello Zar. Il pugno chiuso, l’avambraccio che fa su e giù, la mascella stretta. Eppure, per un giorno, tutti noi ci siamo dimenticati cosa aveva fatto quel campione per la nostra maglia. E forse non c’è niente di cui vergognarsi dato che il 25 gennaio del 1998 Igor Protti arrivò a Bari con la maglia del Napoli. E’ l’ultima giornata del girone di andata e le due squadre si affrontano per capire quale delle due è la vera stella del sud. Almeno in quella stagione. Si gioca infatti uno dei campionati più complicati in assoluto per il meridione. Palermo e Catania sono in C, il Cagliari in B, la Reggina in B. Le squadre rivelazione sono tutte del nord: Empoli, Piacenza, Vicenza, Udinese. Il Lecce stenta e alla fine retrocederà. Ma anche il Napoli non riesce a ingranare. Sulla panchina dei partenopei si alternano Mutti, Mazzone, Galeone (che guida la squadra in quella partita) e infine Montefusco. Eppure i campani partono con ben altre ambizioni: arrivano Crasson, Prunier, Asanovic, Goretti, Rossitto e Protti. A centrocampo giocano Longo e Allegri (sì, quello che oggi allena il Milan) e anche se la squadra non è certo una corazzata non ci si aspetta un campionato di sofferenze come quello che gli azzurri disputeranno. Ma a Bari si gioca un crocevia importante. Il Bari deve rinunciare a Masinga impegnato in coppa d’Africa e si affida ad Allback, il Mancini di Svezia come qualcuno osa inappropiatamente definirlo a seguito del suo acquisto. Il biondo svedese è un pesce fuor d’acqua e non vede la porta neanche con il cannocchiale, almeno con la maglia biancorossa. Disputerà due mondiali ma ancora non è dato capire perchè.

Il Bari comunque è ben messo in campo da Fascetti. Più quadrato, più tonico, più tattico del Napoli di Galeone. Una squadra senza collegamenti e per questo abulica, abbandonata a se stessa e all’improvvisazione. Igor Protti ha voglia, e si vede. Lui che torna a Bari da ultimo in classifica, con la possibilità reale di retrocedere, non ci sta. E ci mette il cuore, la grinta, la gamba. Durante il primo tempo va due volte alla conclusione e impegna seriamente Franco Mancini. Lo stadio lo fischia timidamente. Fischi da avversario, niente di più. Il Bari risponde con dei contropiedi studiati a tavolino. Sponde dei centrocampisti per gli inserimenti di Sala e Manighetti, qualche punizione di Volpi, un timido tentativo dello svedese triste, ma sembra quasi che Fascetti voglia aspettare. Cosa non è dato capirlo, durante l’intervallo. All’inizio della ripresa Protti ci riprova ma Fascetti gli piazza Neqrouz addosso e la festa, per lo Zar, finisce. Il difensore marocchino gli piazza un paio di tacchettate decise sul tendine, gli palpa due tre volte il culo, gli fa sentire il fiato (pesante) addosso. Lo Zar si innervosisce, come se questa mossa fosse una lesa maestà nei suoi confronti. Lui, il re di Bari, marcato dal più tignoso dei difensori del mondo. Neqrouz sembra aver trovato il suo divertimento, gli punta il dito sul naso come a dirgli “Guarda che qui non comandi più tu“. Lo Zar reagisce con un paio di spintoni e allora accade ciò che è lecito aspettarsi ma che tutto sommato non si aspetta nessuno. Il pubblico inveisce contro il suo vecchio idolo, reo di vestire la maglia del Napoli, e invita Neqrouz a proseguire la battaglia. Sono fischi sonori questa volta e Protti perde la pazienza. Deluso, affranto, quasi indignato, sparisce dal campo.

Fascetti inserisce Marcolini. Visto che gli attaccanti non sono proprio delle bocche da fuoco tanto vale provare a sbloccare la partita con un centrocampista. Il ragazzo ha 23 anni, viene dal Sora e fino all’anno prima ha giocato solo in serie C. Entra in punta di piedi ma si fa subito sentire. Lancio di Sala per Allback che fa l’unica cosa buona in 6 mesi. Stoppa un pallone difficile e attende l’inserimento di un centrocampista. Marcolini arriva con tutta la grinta dei suoi 23 anni, riceve un pallone rasoterra sul destro e trafigge Taglialatela con un preciso diagonale che si insacca nell’angolo opposto. Primo gol in serie A per un ragazzo che ancora si diverte a giocare, a Padova, quasi 15 anni dopo. Lo stadio esulta, il ragazzo corre dalla fidanzata in tribuna ovest, Neqrouz infila il dito indice nell’orecchio di Protti. Il Napoli prova una timida risposta e per poco non pareggia: Allegri pesca Goretti in area. Il centrocampista di Galeone stoppa e tira al volo a Mancini battuto. Ma il pallone lambisce il palo e rotola incredibilmente sul fondo. Ultimi minuti con il Bari che gioca in contropiede con lo schema lancio-per-la sgroppata-di-Sala-che-si-presenta-solo-davanti-al-portiere. La prima volta l’ex Taglialatela gli chiude lo specchio e gli impedisce il raddoppio. Ma Sala, non pago di aver fatto 60 metri di campo al 88esimo minuto ci riprova due minuti dopo. Altro lancio-per-la-sgroppata-di-Sala-che-si-presenta-solo-davanti-al-portiere, altra clamorosa occasione. E questa volta è gol, il primo per lui in quella stagione che lo consacrerà grande difensore. La partita è finita e per Protti non c’è nessun applauso. Resto un po’ deluso ma penso che in fondo è giusto così. Un lottatore come lui capirà che ci saranno altre occasioni per osannarlo. E quelle occasioni verranno molto presto.

ps: Sala in quella stagione verrà spesso schierato in un ruolo molto inusuale per un difensore. A centrocampo a marcare a uomo il fantasista avversario. Farà benissimo e finirà al Milan dove vincerà uno scudetto da titolare con Zaccheroni. Neqrouz diventerà un idolo della curva. Le sue preghiere, i suoi show, il suo dito nel culo dell’avversario diventeranno il simbolo di un giocatore tanto fastidioso per gli avversari quanto importante per i propri tifosi. Cosa faccia oggi non lo so, pare che l’amore per l’alcool, la bella vita e le risse gli abbia giocato un brutto scherzo. Igor è di nuovo l’idolo di Bari. Nessuno si ricorda di quella partita contro il Napoli. E anche lui ha rimosso, o quantomeno non ci ha mai rinfacciato questo episodio. In amore, si sa, si tende sempre a ricordare le cose belle. Come la sua esultanza.

Hai già letto “Ci sono notti che non accadono mai” di Cristiano Carriero?

Prossima puntata: Ancona – Bari, 21 aprile 2009

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

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