Ci sono notti che lo senti forte il desiderio di sognare. Quelle notti sanno di abbracci e risate. Uno stadio pieno, un pallone che rotola, la musica ad alto volume e un cappello di lana a coprirti le orecchie. L’altoparlante dello stadio emette suoni ovattati, le canzoni si confondono con le voci e qualcuno prova a parlare al telefono, ma deve urlare per farsi sentire. Lo stadio è pieno. Non solo di gente. Pieno di colori, di entusiasmo, di attese. La sensazione è quella che si prova poche volte nella vita, in uno stadio. Quando sai che qualcosa sta per accadere ma non sapresti dire esattamente cosa. La serata è fredda ma non un freddo che penetra nelle ossa e fa male. Piuttosto un freddo secco, piacevole, di quelli che ti fanno sentire pulito. Pulito è la parola giusta. Meno pulite sono le facce di quei due ragazzini. Per carità, non hanno neanche 18 anni, ma le loro storie non devono essere state facili. Entrambi vengono dalla fame, dalla povertà, dalla guerra, in un certo senso. Guerra vera per Hugochukwu Michael Enynnaya, con quel suo nome impronunciabile, guerra di quartiere, sociale, per Antonio Cassano da Bari Vecchia. Ma la mia non vuole essere la solita storia. Io voglio raccontarvi la storia di due destini che si incrociano per caso, una sera, a Bari. In una città accogliente, placida, sognatrice. Il primo dorme per terra, odia il materasso, cammina scalzo e si mette le dita nel naso. Il secondo parla solo in dialetto, fa i tunnel ai difensori titolari durante l’allenamento, ha la faccia piena di brufoli. In ogni caso, una cosa è certa: questi due ragazzi sono due irriverenti. Ed è forse per questo motivi che Fascetti, alle prese con le assenze di Masinga, Spinesi e Osmanovsky, decide di schierarli titolari contro l’Inter. Solo un pazzo lo farebbe, e lui lo è. Lanciare da titolare due ragazzini irriverenti contro Blanc, Panucci, Zanetti e rischiare di bruciarli, è effettivamente da pazzi. Ma il tecnico toscano, al quale si possono attribuire tutti i difetti del mondo ma non quello di non saper lavorare con i giovani, sa benissimo che quei due sapranno come mettere in difficoltà la squadra di Lippi. L’Inter si presenta a Bari con il piglio della grande squadra.

In estate Moratti ha speso una barca di soldi per strappare Lippi alla Juventus e accontentarlo in tutte le sue (scellerate) scelte: via Pagliuca e Simeone, due idoli della tifoseria, dentro Peruzzi, Jugovic, Panucci e Vieri, acquistato alla cifra record di quasi 60 miliardi di vecchie lire. Solo di un giocatore Lippi non riesce a sbarazzarsi: si chiama Roberto Baggio e infatti, quella sera siede in panchina. Lo farà a lungo fino allo spareggio per la Champions contro il Parma quando, praticamente da solo, vincerà la partita. Ma quel giorno è lontano e a Lippi non passa neanche per la testa di dover giocare uno spareggio. Approfittando di infortuni e squalifiche l’Inter viene a Bari, il 18 dicembre del 1999 per stravincere. Ma noi baresi abbiamo la testa dura. E crediamo nei miracoli. Per di più sappiamo che si dice un gran bene di quel ragazzo, quello nato a Bari Vecchia e cresciuto giocando a calcio davanti alla Basilica di San Nicola. Il ragazzo non ha soprannomi: è Cassano e tand avast. Solo il fischio d’inizio di Braschi ha il potere di mettere a tacere i nostri discorsi sulla formazione di Fascetti, sull’opportunità giusta o sbagliata di lasciare in panchina Olivares e far giocare i due bambini. Ma passano 6 minuti e la vita di uno dei due ragazzi, all’improvviso, cambia. Jugovic sbaglia un retropassaggio. Nulla di grave, in fondo siamo poco più avanti del centrocampo. Se non fosse che Peruzzi è fuori dai pali. Ma in fondo cosa vuoi che faccia Enynnaya da lì? Ha solo 18 anni, è la sua prima partita, non penserà mica di tirare al volo. Infatti non lo pensa nessuno. Ma la postura del ragazzo ha qualcosa di illogico. Vorrà mica provarci? Attimi. Secondi. Con un pallone che rimbalza in maniera innaturale quasi a dire “Ma sì ragazzo, provaci, il tuo momento è arrivato“. La gamba di Ugo è legnosa, rigida. Sembra impossibile che da quel movimento del corpo possa venir fuori una conclusione decente. Il pallone si impenna e lo stadio lo segue incuriosito, più che speranzoso. L’effetto è quello che Teo Teocoli chiama, all’epoca, effetto voragine. Il pallone risucchia Peruzzi all’indietro e il portierone fa cinque passi veloci nel tentativo di smanacciare il tiro. Io lo seguo incredulo, con la coda dell’occhio. E il pallone finisce in rete. Quella che per alcuni si chiama gioia per il piccolo Hugo è estasi. Il ragazzo corre verso la bandierina e poi sviene. Nel vero senso della parola. Cade sotto i colpi dell’emozione. Stordito dalla felicità. Ne sente il rumore. I compagni lo schiaffeggiano per rianimarlo. Qualcuno si preoccupa.

Cassano se ne stà in disparte. Racconterà qualche anno più tardi la verità “Ero preoccupato e mi sentivo di fottere. Ero felice per lui ma doveva cambiare la mia vita quella notte e invece stava cambiando quella di Hugo“. Bari si innamora subito di quel ragazzo agile e scattante. Ma l’Inter reagisce: Georgatos scende sulla sinistra e serve Vieri. Il primo tiro dell’attaccante viene respinto da Mancini, poi interviene Zamorano e ancora Vieri sfrutta un rimpallo e mette dentro, colpendo pallone e portiere che si infortuna. Fascetti è costretto a sostituire Mancini con Gregori e il Bari sembra scosso. Ma l’Inter si crogiola in attesa di colpire nel secondo tempo. Il genietto di Bari Vecchia non si vede. Pochi palloni per lui, sembra proprio che la sua stella debba aspettare ancora per esplodere. Nel secondo tempo il Bari scende in campo più motivato: mette sotto i nerazzurri e soprattutto mette Cassano due volte davanti a Ferron, che nel frattempo ha sostituito Peruzzi. Ma il ragazzo è stanco, ha i crampi, spreca. Qualcuno pensa che è arrivato il momento di sostituirlo. Non lui però. Non Fascetti. La partita scivola lenta, comoda, fino al minuto ’43. In quel momento si compie il miracolo di San Nicola. Perrotta ruba un pallone nella nostra trequarti. Un pallone innocuo, senza troppe pretese. Inventa però un lancio meraviglioso, millimetrico, deciso. Come se sapesse che a ricevere quel pallone non ci sia un ragazzo della primavera ma un campione bello e fatto. Uno di quelli che può trasformare l’argento in oro. Il pallone vola veloce verso Cassano. Lui è stanco, sbuffa, ma ci prova ad allungare la gamba quel tanto che basta a stoppare il pallone. Il resto lo conoscete tutti. Tacco esterno per mettere il pallone a terra. Scatto verso l’area dell’Inter. Davanti a lui due campioni: Panucci e Blanc. Scherzati. Nel vero senso della parola. Finta a rientrare verso i due per passare in mezzo, tanto per rendere più difficile l’esecuzione. Tiro in diagonale a trafiggere Ferron. Rete. 2 a 1 per il Bari. Poi non ricordo più niente. Solo rumore. Delirio. Nicola, il mio amico, che rotola in tribuna est. Urla, baci e abbracci, come se fosse cambiata la nostra di vita. La sua corsa sotto la curva e la consapevolezza di aver scoperto un grande campione. E un minuto dopo l’amarezza di sapere che presto, se non subito, un campione così ce l’avrebbero portato via. Ma Antonio corre, si toglie la maglia, capisce che da quel giorno è ricco, bello e famose (parole sue). Due minuti dopo gli capita tra i piedi il pallone del 3 a 1. Ma è stanco, e sazio. Ha dato, la sua vita è già cambiata. E la nostra è più bella, quella sera.

ps: i destini di Enynnaya e Cassano hanno seguito due strade completamente diverse da quella sera. Il primo ha fatto qualche gol ma poi piano piano è sparito fino ad arrivare a giocare in Polonia, in serie B e poi tornare in Italia per giocare in Eccellenza, in una squadra del Lazio. Antonio Cassano è diventato davvero bello, ricco e famoso, anche se bello se lo dice da solo. Ha giocato nella Roma, nel Real, nella Samp e Milan. Ha avuto qualche problema ma adesso sta bene, e si allena. Un giorno, dice, diventerà un campione vero.

Prossima puntata: Bari – Napoli, 25 gennaio 1998

 

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

8 Comments —

  1. Come dimenticare quella partita….come dimenticare lo spettacolo che mi sono perso andando in vacanza in Trentino con la mia ex con l’abbonamento nel portafoglio….come dimenticare l’urlo che ho lanciato nella camera d’albergo alle 22:15 circa quando Cassano ha portato in vantaggio il Bari….come dimenticare le parole di Caressa che accompagna Cassano alla porta….i brividi mi percorrono la schiena ogni qualvolta rivivo quella partita….tutto quello che sta accadendo ora mi fa venire una rabbia incredibile ma, come dici tu, questa è un’altra storia.
    Grande Cristiano!!!!

    P.S. La partita è del 18 dicembre 1999… 😉

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *