A Bari nevica raramente. E quasi mai la neve si poggia al suolo. Il sole la scioglie e spesso rende vano il desiderio dei bambini di uscire a fare pupazzi. Non sono mai riuscito a farne uno. Finiva sempre che la neve mi si scioglieva tra le dita e le scuole riaprivano il giorno dopo, con le strade completamente libere e il ghiaccio divenuto acqua. Quella volta però nevicò seriamente, ed era sabato sera. Il 30 gennaio per la precisione. Io sono in un pub e ad un certo punto vedo la gente che inizia a correre fuori, impazzita. Una nevicata fittissima, inusuale per una città come la nostra. Quando nevica anche i più grandi ritornano bambini e così si incomincia a giocare a palle di neve. Poi, una mezzoretta dopo, pensiamo che è bene tornare a casa, prima che le strade diventino impraticabili. Arrivato sotto casa saluto i miei amici. “Vito, ma domani secondo te si gioca?”, chiedo a uno di loro. “Cavolo, è vero… c’è la partita. Secondo me scioglie domani mattina, giocano sicuro” mi risponde.

Mi addormento con il rumore leggero dei fiocchi che si appoggiano sul balcone. Dentro il calore delle coperte, fuori il gelo. La mattina mi sveglio e scopro una città imbiancata. Non penso alla partita, mi lascio prendere dai miei 20 anni, dalla voglia di andare a fare foto con una ragazza, quella ragazza. Le foto vengono sempre bene con il bianco delle neve e un giorno potrai dire “Ti ricordi che nevicata quella del ’99, a Bari?”. Alle dodici e mezza sono a casa e inizia il giro di telefonate. Si gioca, non si gioca, forse conviene andare. Mi vesto di tutto punto. Calzamaglia, scarponcini, cappello e sciarpa. Del Bari. Scendo di casa e mi avvio verso la macchina. Mia madre si affaccia dal balcone: “Cristiano, vedi che alla Rai stanno dicendo che non si gioca!”. Mi guardo intorno. Le strade sono libere ma immagino il San Nicola innevato, il campo, la neve che si poggia su quella pseudo-copertura provocando pericolosi lastroni di ghiaccio. Forse è la soluzione più giusta. Risalgo e mi sintonizzo su Guida al Campionato.

A Bari ulteriore sopralluogo di Racalbuto sul campo… pare che si giochi“. Questa volta mia madre non mi ferma. Io allo stadio ci vado, al massimo mi fermerò lì a tirare palle di neve. Accendo la radio, in macchina, e seguo gli sviluppi della faccenda. Pare che il Bari voglia giocare a tutti i costi. La Lazio viene da 7 vittorie consecutive e il campo pesante potrebbe favorire la squadra meno tecnica: noi. Vieri, attaccante dei biancocelesti, fortissimo ma svogliato, fa le bizze. Le immagini mostreranno il suo volto durante il giro di ricognizione in campo. Il labiale è chiarissimo “Ma non vorrete mica giocare, ce ne andiamo in albergo!“. Ci pensa il direttore sportivo della Lazio a convincerlo “Sei un carrarmato Bobo, che ti fa la neve?“. Io arrivo allo stadio dieci minuti prima del fischio d’inizio. Le strade sono intasate e l’accesso allo stadio va a rilento. Per la prima volta mi strappano l’abbonamento in maniera decente: il rischio che la partita venga rinviata è ancora troppo alto perchè ci si possa permettere di invalidare i tagliandi. La tribuna est è piena di neve fresca, il campo completamente spalato. Si può giocare. Sembra il campionato tedesco, una di quelle partite che vedi in televisione e che si gioca a Dortmund o a Monaco di Baviera. Invece è Bari. Le squadre scendono in campo e il pubblico si scalda. Il mio amico Francesco raccoglie neve fresca e prepara una palla. Ne fa una grossissima, prende la mira, vuole tirarla in campo. Ci mette tutta la forza del mondo per farla arrivare lì ma la il lancio si ferma sul collo dello spettatore della fila precedente.

Dobbiamo cambiare posto, la partita inizia in salita per noi, con un tifoso incazzatissimo “Non ve ne potete stare a casa a giocare?” dice. Il Bari sembra un po’ frastornato. Il campo pesante, che avrebbe dovuto aiutarci, si rivela il luogo di battaglia ideale per i panzer di Sven Goran Eriksonn. Non ricordo di aver visto molte squadre così prestanti fisicamente. Salas, Nedved, Nesta, Almeyda e sopratutto Bobo Vieri, forse nel momento migliore della sua carriera, passeggiano, anzi danzano, sul fango. Riescono addirittura a giocare in velocità. Il Bari risponde con Masinga, il marocchino Neqrouz e il danese Madsen. Sembra lui quello più a suo agio, quello che si muove meglio (e ci credo) sul campo. Che non sia una grandissima giornata per il nostro portiere, Franco Mancini, lo si capisce subito. Al 22′ una sua uscita al limite dell’area tiene con il fiato sospeso tutto il pubblico. Pare non abbia calcolato bene tempo e spazio del suo intervento. Tanto che si ritrova sulla linea dell’area di rigore in volo con il pallone tra le mani. Deve decidere se portarlo fuori area e probabilmente farsi espellere o lasciarlo cadere. Il portiere batterista opta per la seconda soluzione ma il pallone resta lì, sul semicerchio dell’area di rigore. Per nostra sfortuna in agguato c’è Attilio Lombardo che con un piatto destro appoggia il pallone in rete. Zero a uno.

Il San Nicola non cade nello sconforto. C’è ancora molto tempo e cerca di rincuorare Mancini con una Macarena, la sua canzone preferita. Il Bari si riversa in avanti alla ricerca del pareggio, ma al 38′ è uno sciagurato intervento di De Ascentis a regalare a Vieri il pallone del 2 a 0. Il centravanti azzurro si ritrova un pacco dono tra i piedi e deve solo spingerlo in rete. Lo fa con una preziosa girata al volo di sinistro, sebbene a porta quasi completamente sguarnita. La partita sembra terminata, l’intervallo serve solo a scaldarsi con un Borghetti. In tribuna si sorride, la Lazio, questa Lazio è troppo forte per chiunque e lo stadio innevato allevia i pensieri negativi, sembra una festa di paese più che una partita di campionato. All’inizio del secondo tempo Fascetti si ricorda di avere un altro cingolato a disposizione, il danese Knudsen. Lui non teme la neve e lo fa capire subito: prima calcia di poco fuori una punizione dal limite dell’area. Poi, a metà secondo tempo, sfrutta un calcio di punizione indiretto per trafiggere Marchegiani con un preciso sinistro rasoterra e riaprire la partita. A questo punto, sull’uno a due lo stadio riprende a crederci. Chissà che non si possa fare uno scherzo alla Lazio avviata verso l’ottava vittoria consecutiva. La speranza diventa certezza quando cinque minuti dopo Olivares, imbeccato (involontariamente) da Masinga si ritrova da solo, in area, davanti a Ballotta, nel frattempo subentrato a Marchegiani. Il fantasista, pressato da Couto scava un pallonetto che, però, finisce di qualche centimetro al lato, fuori dallo specchio. Mani (gelide) tra i capelli.

Troppa grazia sprecata, i carrarmati non perdonano. Discesa di Conceicao (c’era anche lui) e cross al centro dell’area. Siamo al minuto 87. Mancini sembra sicuro in uscita e si protende con le mani verso il pallone. Ma non ha calcolato che c’è un attaccante che, in quel momento della sua carriera, con la testa può volare più in alto delle sue mani. Il gesto tecnico di Vieri fa paura: senza paura alcuna, nè tentennamenti, anticipa di testa il nostro portiere e con una sassata all’angolino chiude la partita. Uno a tre e fine delle trasmissioni. La gente esce dallo stadio serena. Abbiamo perso contro una corazzata, una squadra destinata a vincere lo scudetto, non ci sono dubbi. Ma abbiamo un bel Bari e tanta neve. Felice me ne torno a casa. Sarà per la prossima volta.

ps: La Lazio, quella Lazio, non vincerà lo scudetto. Lo perderà clamorosamente all’ultima giornata (forse prima) dopo un’incredibile rimonta del Milan di Zaccheroni. Una squadra capace di vincere nove partite di fila giocando con Sala, Helveg e Guly titolari, nonchè con un portiere diciottenne di nome Abbiati (decisivo nell’ultima giornata). La neve del 31 gennaio 1999 si sciolse in fretta e con essa molte ambizioni di quel Bari che punta all’Europa. Ma di questo parleremo in un’altra puntata.

prossima puntata: Vicenza – Bari, 12 settembre 1993

 

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

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