Se c’è una passione che ho ereditato da mio padre, questa è si chiama “pallone“. No, non parlo di calcio, parlo proprio di pallone. Lui lo chiamava così. Perchè il pallone, a differenza del calcio, si gioca ovunque. In uno stadio da 80.000 persone come in un campetto di periferia. A mio padre piaceva il pallone e quando aveva tempo, e me ne dedicava un po’, mi portava al “campo”, non per forza allo stadio. Non importava quale campo. Non importava a nessuno che si trattasse di una partita di serie A o di una di promozione. A lui piaceva l’odore del terreno di gioco, il rumore dei tacchetti, l’entusiasmo che si respirava nei paesi. Prendere il caffè, guardare una partita, scoprire qualche giovane talento e tornare a casa. La domenica pomeriggio, quando il Bari giocava fuori casa, mi portava spesso a vedere la serie B a Taranto o a Barletta, o la C a Monopoli, a Bisceglie. Era bello vedere con quale entusiasmo raccontava le partite, mi parlava dei giocatori e mi spiegava quello che succedeva. Io sono cresciuto così e ancora oggi, quando posso, preferisco andarmi a vedere un derby di seconda categoria dal vivo, che una partita di serie A su Sky. Una delle nostre abitudini più piacevoli era quella di seguire la Primavera del Bari il sabato pomeriggio. Andavamo al Campo Matarrese a Japigia e ci sedevamo su quei gradoni freddi e scomodi per guardare quei ragazzi, il futuro del Bari.

Allora la Primavera era molto seguita. Certi sabati c’erano quasi mille persone a supportare la squadra ed era bello vedere tutta quella gente per una partita tra ragazzi. Credo di aver visto molti talenti, alcune promesse e diverse illusioni, ma oggi non ricordo con precisione il nome di tutti quei giocatori che sono passati da quel campetto. Ogni tanto circolavano delle voci in tribuna, del tipo: “Nel Padova gioca un piccolo fenomeno che si chiama Del Piero” oppure “Tenete d’occhio il numero 10 della Roma, diventerà un campione” così come ricordo di aver visto in un Bari – Lazio primavera un ragazzone che giocava in difesa e aveva la classe di un giocatore di serie A. Quel ragazzo si chiamava Alessandro Nesta. Ma ho visto tanti altri atleti sui quali io e mio padre avremmo scommesso ad occhi chiusi e che sono invece finiti nel dimenticatoio di un calcio che non perdona. Il 1997 è stato per me un anno molto importante. A maggio avrei compiuto 18 anni e sarei diventato maggiorenne. Giocavo a calcio ma non ero certo un fenomeno. Diciamo pure che ero piuttosto scarso, anche se non me ne rendevo conto. Infatti ci speravo, tutto sommato, di giocare nel Bari, un giorno. Un ragazzino ci spera finchè può e quando vedi esordire in prima squadra i ragazzi del ’76, ’77 e ’78 capisci che il tuo tempo sta per scadere. Il 1997 è l’anno in cui i giocatori della Primavera, delle varie formazioni Primavera, sono i miei coetanei.

L’anno di grazia è il 1979. Il Bari è in serie B ma sta preparando una pronta risalita con Eugenio Fascetti. Vuoi per la storia della Società, vuoi per l’impellenza di lanciare giovani talenti per monetizzarne la cessione, il Bari investe molto nel settore giovanile. Fascetti pesca spesso, nel vivaio, giocatori da lanciare in serie B e si fida ciecamente del lavoro di Lello Sciannimanico, un vero fenomeno nel lavoro quotidiano con i ragazzi. Sciannimanico plasma una squadra vera, mette in luce giovani che finiscono in prima squadra, poi ne scopre altri e ricomincia da zero con giocatori ancora più forti. Tutto lascia pensare che il futuro, anche quello della prima squadra, sia davvero roseo, con un vivaio così. Nel mese di febbraio del 1997 il Bari Primavera si presenta al prestigioso torneo di Viareggio, la più importante vetrina mondiale per i giovani, con un obiettivo molto preciso: stupire e vincere. Molti campioni sono “nati” calcisticamente durante la coppa Carnevale e quella edizione non fa eccezione: l’Empoli ad esempio lancia un’interessantissima coppia di attaccanti, Toni e Di Natale, nel Perugia gioca un centrocampista grintosissimo che verrà acquistato dagli scozzesi del Glasgow Rangers, un certo Rino Gattuso. Nel Brescia si parla benissimo dei centrocampisti Baronio e Pirlo. Sulla panchina dell’Atalanta primavera siede un allenatore di cui si dice un gran bene: Cesare Prandelli.

Il Bari però è tra i favoriti. Lello Sciannimanico ha appena vinto una coppa Italia con i suoi ragazzi e Fascetti sta facendo esordire con buoni risultati, in serie B, alcuni di quei ragazzi. Tra questi Nicola Ventola, già protagonista in prima squadra con diversi gol. Pare sia lui infatti la vera stella del torneo. A Bari lo conosciamo bene: al campo di Japigia lo chiamano “Van Basten” per via delle spalle larghe e delle acrobazie. Ma a livello nazionale (e internazionale) il ragazzo si consacra al Viareggio. A suon di gol dimostra di essere troppo più forte di molti suoi coetanei. Peccato che, convocato da Fascetti con la prima squadra, debba saltare la finale contro il Torino. Sciannimanico non fa una piega, anzi: felice per il suo pupillo, decide di scommettere su un’altra punta altrettanto brava, Michele Giometti. Il Toro è cliente scomodo per la finale: tra le sue fila si mettono in luce il portiere Pastine, il difensore Comotto, l’ala Sommese, gli attaccanti Tiribocchi e Pellissier. Ma è Malagò la vera stella. Ciò che fa davvero paura del Torino è il blasone. Si tratta di una delle formazioni giovanili più forti d’Italia con un vivaio sempre florido seguito da Lido Vieri, uno dei migliori talent scout in circolazione. Io seguo con attenzione, attraverso i giornali la cavalcata del Bari. Mi fa piacere sapere che i miei coetanei stanno andando avanti nella coppa Carnevale e su molti di loro sono pronto a scommettere.

A questo punto non vedo l’ora di vedere la finale. Si gioca il 9 fabbraio e per l’occasione (come accade ogni anno, in concomitanza con la finale di quella coppa) la partita viene trasmessa in diretta su Rai 1. Sembrerà stupido, ma la cosa suscita diverse emozioni: prima di tutto perchè non è cosa abituale vedere il Bari (qualunque Bari) giocare una finale, in secondo luogo perchè la diretta Tv in tutta Italia rende l’evento ancora più importante. Si gioca di martedì pomeriggio e il più grande dei miei amici, quel giorno, prende la patente. Particolare solo apparentemente inutile. Stiamo diventando grandi e, con noi, quei ragazzi. Della finale in sè, mi si perdonerà, ricordo poco. Sicuramente ricordo di averla vista con mio padre e con i miei amici. Dei giocatori non sappiamo molto ma è bello sbizzarrirsi in pronostici tipo “questo diventerà un campione”. Anche perchè quel giorno i giocatori in biancorosso sembrano tutti un po’ campioni. A cominciare dal portiere, Generoso Gegè Rossi. Per molti è già pronto per la prima squadra. Agile, estroso, pararigori. In difesa i due centrali sono alti e forti nel gioco aereo. Sibilano è un mastino, Legrottaglie sa anche impostare, con eleganza. Quest’ultimo non giocherà mai neanche un minuto nella squadra A. In difesa si fa notare anche Rocco Paris, terzino di spinta, abile nelle chiusure. Anche su di lui in molti sono pronti a scommettere.

Io invece scommetto su Carlo Cardascio, ala veloce, dribbling ubriacante. Per me è lui il vero talento di questa squadra. Infatti durante la finale fa ammattire i difensori del Torino e persino Pizzul, telecronista storico della Rai si sbilancia in un “gioca bene questo Cardascio, è imprendibile”. Sicuramente di più dell’altra ala Gianluca Zambrotta, arrivato dal vivaio del Como, fa fatica a inserirsi negli schemi, ma forse anche nel dialetto, dei suoi compagni di squadra. Giometti e Tarallo davanti lottano, ma si ha l’impressione che il gol debba venire da un’incursione di un centrocampista. Anche perchè la partita è molto tattica e si fa fatica a sbloccarla. I due tecnici sono bravi a impostare due squadre bloccate, il resto lo fa la tensione dei giocatori che, per la prima (e per alcuni ultima) volta, giocano una partita che viene trasmessa dalla tv. A sbloccare la gara e a segnare il gol che si rivela decisivo, ci pensa il capitano del Bari. Un centrocampista dai piedi buoni, da molti identificato come uno dei migliori del torneo e che molti indicano come futura colonna portante del Bari: Antonio Bellavista. Con una bella incursioni infatti il ragazzo di Bitonto si fa spazio in area di rigore granata e fulmina il portiere.

A casa mia si esulta come se avessimo segnato in una finale di Coppa dei Campioni. Ma è bello pensare, in maniera un po’ sfacciata e forse da coglioni, che quei ragazzi possano darci tante soddisfazioni in futuro. Bellavista ad esempio ha classe, corsa e senso della posizione. Dimostra più dei suoi 17 anni ed è un ragazzo di Bari. Perchè non puntarci, pensano in molti? E Cardascio? Non è forse il nuovo Donadoni? Tra una bestemmia e l’altra vediamo il tempo passare. Il Toro ci prova in tutti i modi a pareggiare ma Sibilano e Legrottaglie sono un muro invalicabile. Al resto ci pensano Rossi e qualche fallo di troppo. Finiamo la partita in 9 ma portiamo a casa la coppa. Capitan Bellavista la alza, pensa ad un futuro roseo, pieno di soddisfazioni. Forse sotto sotto ci pensano anche Sibilano, Paris e Cardascio. E lo stesso Sciannimanico, premiato come miglior tecnico del Viareggio. Non andrà così. Nel calcio, anzi nel pallone, spesso le cose vanno in maniera diversa da come ce le aspetiamo.

ps: ci vuole più di qualche giro su Wikipedia, e tanta passione, per capire che fine hanno fatto molti di quei ragazzi. Tra quelli che cito Rocco Paris dopo aver esordito in prima squadra finirà in prestito prima in C1, poi in C2, finendo addirittura in Eccellenza, nella Liberty Bari. Avrà più fortuna Sibilano, che giocherà due stagioni nel Bari a cavallo tra il 2004 e il 2006 prima di concludere la carriera a Verona. Attualmente è il vice allenatore di Dionigi a Taranto. Di Legrottaglie sappiamo tutto, di Rossi si sono perse le traccie, ma tra doping e scommesse ha avuto il suo bel dal fare. Di Giometti e Tarallo non si sa più nulla. Bellavista dopo un’onesta carriera tra serie A, B e C (è stato effettivamente capitano del Bari) è salito agli onori (?) della cronaca per la brutta vicenda del calcio scommesse. In attesa di chiarimenti mi limito a riportare la notizia senza commentarla. Cardascio, da me indicato come futuro fenomeno, non è mai esploso. Ad un certo punto è andato a cercare fortuna in belgio, nel Mons. Non credo l’abbia trovata. Attualmente gioca nel Bisceglie. Ventola si è ritirato dopo una bella carriera, a causa dei continui infortuni al ginocchio. Il timido Zambrotta, quello che veniva da Como e non si integrava, è diventato campione del mondo nel 2006.

pps: la domenica successiva a quella partita, allo stadio, trasmisero le immagini della finale dei ragazzi. Si levò un lungo applauso di ammirazione e di speranza. Qualche anno dopo Sciannimanico (foto) coronò il suo sogno di allenare la prima squadra e di lavorare con molti dei suoi vecchi giocatori. Ma le cose andarono molto male e fu esonerato a metà campionato.

prossima puntata: Bari – Pisa, 6 gennaio 1991

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