La storia che vi racconto oggi è quella di un talento immenso e di una carriera minimamente proporzionata ai meriti e alle potenzialità. Questo giocatore si chiama Pietro Maiellaro e la partita che mi appresto a narrare si è giocata il 24 marzo del 1991. Il Bari naviga in acque piuttosto tranquille. La vittoria vale due punti e noi abbiamo un margine di sicurezza piuttosto rassicurante sulle “traballanti” Lecce, Pisa, Cagliari, Cesena e Bologna. La squadra guidata da Salvemini gioca bene, è serena e lascia che i suoi talenti si esprimano senza troppi fardelli tattici. Ci pensano Terracenere, Gerson, Colombo e Cucchi (buon anima, fu portato via giovanissimo dalla leucemia) a correre (chi più e chi meno) mentre Joao Paulo, Maiellaro e il giovanissimo Raducioiu sono liberi di spaziare su tutto il fronte d’attacco dividendosi i compiti. Il primo dribbla, il secondo inventa, il terzo (quando ci riesce) finalizza. Quel giorno però si scambiano i compiti. A proposito di Raducioiu: mi preme ricordare ai più giovani (ripeto non ho 82 anni, ma ho una memoria storica) come questo ragazzo arrivò a Bari. Florin l’anno prima aveva stupito l’Europa con la maglia della Dinamo Bucarest portando la sua squadra fino alla semifinale di Coppa Uefa a suon di gol. A fine anno si era presentato ai Mondiali con la maglia della Romania, giocando una delle partite a Bari, contro l’URSS.
Quel giorno molti baresi andarono allo stadio solo per fargli sentire l’affetto e il calore della città e spingere il rumeno a scegliere Bari. Il ragazzo, che si trovava al centro di un vero e proprio intrigo di mercato con Pisa, Bologna, Anderlecht e Bayern che volevano assicurarsene le prestazioni, dichiarò di essere stato convinto dal calore della città, dalla bellezza del nuovo stadio e dalle parole del presidente Matarrese. Altri tempi. Il giovane Florin arrivò a Bari a soli 20 anni, come una grandissima promessa ma ci mise un po’ di tempo ad integrarsi. Forse non ci riuscì mai del tutto ma, a mio modesto parere, era un grandissimo giocatore, nonostante gli apprezzamenti della Gialappa’s. Lo dimostrò a USA ’94 quando disputò un altro grandissimo mondiale. Ma quel giorno il Bari gioca contro il Bologna, ed è una partita fondamentale per allontanarsi dalla zona rossa della classifica. Il Bologna è in piena crisi. Ultimo in classifica e con un ulteriore fardello sulle spalle: la coppa Uefa. I felsinei infatti sono appena tornati da Lisbona, dove hanno giocato i quarti di finale contro la Sporting, perdendo per 2 a 0. Sono stanchi e piuttosto affranti ma, si sa, nel calcio nulla è scontato. I rossoblu si affidano ad un altro colpo clamoroso di mercato: l’ungherese Lajos Detari, arrivato in pompa magna e finito come oggetto misterioso. Per il resto la squadra è poco reattiva e gli acquisti toppati, primo fra tutti il tedesco Waas, bomber dalle polveri molto bagnate. A Bari è una bella giornata di sole e lo stadio si riempie a poco a poco. Non si può parlare di pienone ma il “nuovo” San Nicola attrae molta gente, al di là della partita. Ormai è ufficiale che nel “nostro” stadio si disputerà la finale di Coppa dei Campioni.
Una notizia clamorosa. Di solito per ospitare una finale una città deve avere un palmares internazionale, ma la UEFA fa un’eccezione. Vuoi per la bellezza dello stadio, vuoi perchè c’è di mezzo Antonio Matarrese che incredibilmente inciampa in un incredibile errore di comunicazione quando, di fronte alle polemiche dei giornali sulla scelta risponde con un laconico “Si gioca a Bari perchè è la mia città”. Che in sè non ci sarebbe niente di male se solo non lo spiattellasse come un “a casa mia si fa quello che decido io perchè sono più potente degli altri”. Il Bari non ha proprio una squadra da Coppa dei Campioni (ah, che nostalgia dei vecchi nomi) ma quel giorno gioca una bellissima partita. A parte Biato, mai impegnato, tutti recitano molto bene lo spartito di Salvemini. Su tutti Carrera, un giovane difensore dal futuro brillante, e Maiellaro, di cui sopra. I due sono già stati promessi rispettivamente a Juventus e Fiorentina, e i tifosi lo sanno. Io, nel ’91, sono troppo piccolo per interessarmi a queste cose. Ma ricordo perfettamente che all’interno dello stadio si mugugna e che la gente parla di un accordo tra Cecchi Gori e Matarrese per portare in viola il numero 10. Che però su campo risponde come sa. Scrivendo poesie fatte di assist e meraviglie. La prima al minuto 42: Radu serve il fantasista che manda alla sinistra del portiere. Due minuti dopo Joao non vuole essere da meno: punizione dal limite con Valeriani che vede il pallone solo quando è nel sacco. In tribuna ci si spella le mani: con due talenti così possiamo… “Non possiamo niente – il vicino di posto, abbonato storico (era bello andare allo stadio e vedere sempre quelle facce) ci riporta con i piedi per terra – Maiellaro l’hanno già venduto. E Matarrese vol vend pur a cudd” – dice indicando Carrera.
Ma il vero capolavoro balistico lo compie Maiellaro al minuto 60: avanza sulla tre quarti indisturbato, vede il portiere fuori dai pali e pensa che in fondo ci si può provare. Da 40 metri, come fa Diego. Tanto chi se ne frega siamo 2 a 0. Pallonetto. Lo stadio stenta a crederci. Guarda questo pallone partito da lontanissimo e ne segue la traiettoria alzandosi in piedi e scorgendo la testa come ad accompagnare il pallone nel sacco. Valeriani tenta di recuperare la posizione, fa tre passi indietro e sembra arrivarci. Ma all’ultimo il pallone stregato lo inganna e si insacca alle sue spalle. Maiellaro corre sotto la curva e in quel momento la gente si dimentica che è già un giocatore della Viola e che qualche mese più tardi gli canterà “sei un pentito, per i soldi ci hai tradito“. Dieci minuti dopo Joao Paulo, ancora su assist di Raducioiu, pareggia il suo conto con Maiellaro e porta il risultato sul 4 a 0. La gente esulta, il Guerin Sportivo dedica a Maiellaro la Domenica IN. Queste le parole di Adalberto Bortolotti: “Giocatore di talento purissimo come pochi davvero ne esistono in Italia (Baggio, Mancini, Donadoni quando sta bene) sa essere rifinitore, regista e uomo gol al tempo stesso proprio come i tre che ho citato prima. Sempre al massimo livello quando l’ispirazione lo assiste. Il Bari è diventato dipendente dai suoi estri. Esco dallo stadio con la voglia di andare in cortile a giocare a pallone. Di provare quel pallonetto di Maiellaro e qualche dribbling alla Joao. Di mettermi la maglia numero 10 del Bari. No, sono troppo piccolo per credere che Matarrese l’abbia già venduto. Non si vende un talento così. Non per un bambino di 12 anni.
ps: distratto dalle deleterie voci di mercato il Bari troverà la salvezza solo alla penultima giornata, crollando nella seconda parte di campionato. I maligni raccontano che qualcuno, sapendo di essere già stato ceduto, iniziò a tirare indietro la gamba.
ndr: Maiellaro andrà alla Fiorentina dove troverà una foltissima concorrenza. Orlando, Fuser, Laudrup, Mazinho, e lui. Giocherà poco e male, imprigionato dagli schemi di Giorgi. Farà fatica ad integrarsi nella realtà di Firenze anche per via del suo italiano, non proprio accademico. Ma questa è un’altra storia.
prossima puntata: Bari – Inter, 11 maggio 1998 (Ventola eredita il sogno di Ronaldo).
Ecco come il Guerino ridisegnò la parabola di Maiellaro.
Memorabile l’intervista al Vate di Candela dopo questa partita, resa celebre da ‘Mai dire gol ‘ …Giornalista- ‘Maiellaro ,commenti questo gol ‘ .Lui ‘Niente, ho menato una chinessa ed è andata dentro… ” .Maiellaro. God bless him.