Quando devi scegliere un team di storyteller, o di blogger, per un progetto di content marketing, il dubbio è uno: prediligo il talento o scelgo la costanza, l’applicazione, la continuità? Vorrei dirvi che le due cose sono collegate, ma la mia esperienza mi porta a dire che in realtà si tratta di rare eccezioni. Mi metto in gioco io per primo. Credo di aver costruito la mia professionalità sulla costanza, più che sul talento. Non penso di scrivere cose sensazionali – non me ne vanto sia ben inteso -, ma sono convinto di avere un metodo che mi porta a produrre più di tre post a settimana (in media), video, foto, guest post. È una propensione, che allenata con più di due sedute alla settimana può dare grandi soddisfazioni. Almeno in questo lavoro. Inutile suonarcela, probabilmente se avessi un talento vero scriverei per il cinema o sarei l’editorialista del Corriere della Sera.

Torniamo ai blogger, ai brand journalist, ai web writer: cosa accomuna molti tra questi professionisti? Scrivono anche quando non sono ispirati, perché l’ispirazioni è una rogna da artisti, e noi facciamo un altro mestiere, anche se le ultime tendenze del marketing (Seth Godin su tutti, vi stra-consiglio Quel pollo di Icaro, ma anche Kleon con la sua trilogia) vanno in questa direzione. No, non sto criticando la posizione di Godin, ci mancherebbe. Sto solo dicendo che chi scrive per i brand, chi fa content marketing, ha il dovere di cercare ispirazioni, ma non può permettersi il lusso di non trovarle. Non per più di due giorni di fila, almeno. Sennò fa un altro, rispettabilissimo mestiere.

Questo è un punto che spessa differenzia i blogger e gli storyteller bravi (che nell’accezione di Sorrentino è diverso da abile) da quelli talentuosi. Quelli bravi sono quelli che rispettano le scandenze, che consegnano in tempo, che non hanno bisogno di essere editati, che sanno scegliere foto, menzionano i credits, pensano al titolo, anticipano il problema, danno valore aggiunto ai pezzi con la loro firma, sanno cosa vuol dire usare (non abusare) la seo. Insomma, fanno quello che ormai, oggi è diventato un mestiere. Ottimizzando i tempi: quanto ci vuole a scrivere un post di 1000 parole?Lo chiedo sempre ai miei studenti, e le risposte variano da venti minuti a sei ore.

Ehi, Cristiano, stai dicendo che non c’è spazio per il talento? Assolutamente no. Anzi, sto dicendo esattamente il contrario. Seguimi.

In una strategia di content marketing il socialismo non funziona. Io sono costantemente alla ricerca di talenti. Ora, premesso che non è detto che tutti i talenti siano sbadati – questa è una vecchia concezione, a me piace dire che i talenti sono concentrati su altro, e per fortuna – , c’è sempre un modo per integrarli in una squadra. E credo che questo sia il grande lavoro da fare quando pensiamo ad una strategia di content marketing e alle persone da coinvolgere. Una buona base di blogger affidabili, costanti, che garantiscono certi numeri e comunque una base importante di contenuti, può portarci ad integrare la “formazione“, perché di squadra di tratta, con produttori di contenuti non abituati ai ritmi del content marketing. Non abituati insomma ad intenderlo come un lavoro, magari perché loro di lavoro ne fanno un altro.

Ho aspettato il quinto capoverso per una metafora calcistica, ma cosa c’è di meglio? Se in una squadra di calcio c’è un numero 10 un po’ indolente, riluttante agli allenamenti, che però con le sue giocate vi fa vincere le partite, cosa fate? Non lo fate giocare? Un certo stile di filosofia aziendale direbbe di no. Direbbe che deve stare in panchina, e aspettare il suo turno. Ma la panchina intristisce. Io dico che una squadra funziona meglio quando ognuno conosce bene le sue potenzialità, i suoi limiti, i punti di miglioramento. Sono sempre più convinto che oggi il content marketing sia un lavoro di squadra, e che alla base di ogni progetto ci voglia non un project manager munito di excel (no, non lo licenziate, serve anche lui) ma un profondo conoscitore di persone, un professionista in grado di mescolare competenze, costanza, ispirazione e talento, qualcuno in grado di scoprire nuove forme di contenuto e nuovi mittenti.

Non a caso oggi le aziende si affidano a scrittori, fotografi, registi (nei prossimi giorni parlerò del film realizzato da Ford), storyteller, chef, e potete continuare questo elenco all’infinito. A volte si tratta di professionalità non nate per scrivere contenuti sul web. Ma che possono fare la differenza. Ma ci vuole un grande Mister. Ne parlo oggi a Smau Milano insieme a Luca Conti.

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

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