Non provate a cercare un biglietto. Non lo troverete. Non provare ad avvicinarvi al San Nicola perchè questa è una di quelle notti in cui si fa la storia. I tifosi lo sanno e i tagliandi vanno a ruba prima ancora di essere messi in vendita. La crisi c’è, ma il barese lo sa che un momento come questo potrebbe non tornare più. Questione di abitudini. Troppe volte è già capitato. Sappiamo la storia, la conosciamo a memoria anche se ogni tanto ci illudiamo che non sia così. Ma è una nenia, e abbiamo imparato a conviverci. Allora tanto vale approfittare. Il girone di andata è finito con il Bari tra le grandi. Battuta anche l’Udinese nel giorno dell’epifania, la sconfitta di Firenze di una settimana dopo (con gol di Castillo che non esulta) è solo un incidente di percorso. Immeritato tra l’altro. Il Bari gioca bene, corre, mette in difficoltà l’avversario, in casa e fuori. Diverte.
Arrigo Sacchi ringrazia in eurovisione Ventura per lo spettacolo e l’organizzazione. Più che la sconfitta preoccupa l’infortunio capitato al giovane Andrea Ranocchia. Il difensore, in odore di convocazione mondiale, dovrà rinunciare a questo sogno. Sei mesi di stop per lui. Il Bari perde il centrale più forte, ma Ventura saprà sopperire con l’organizzazione difensiva e lo spostamento di un giocatore che non voglio più nominare a questa pesantissima assenza.Il biglietto ce l’ho. L’ho pagato, anche se allo stadio potrei andarci gratis, come tesserato FIGC. Ma è meglio non rischiare. Si gioca di sabato sera, il 16 gennaio del 2010. L’atmosfera è elettrizzante. Casse al massimo del volume, telecamere ovunque, la sensazione di essere ad un passo dell’Europa, e non solo per la classifica. Mourinho fa un giro di campo e sembra fare sì con la testa. Si sa che Josè ama collezionare cartoline dagli stadi, e questo è di suo gradimento. La cornice di pubblico, l’avversario, i colori rendono questa sfide più affascinante di quello che pensava. Per la sua testa passano molti pensieri e sicuramente diverse certezze. Il triplete è solo un sogno, non un’ossessione. E il Bari non è il Barcellona, ma a fine stagione sarà una delle poche squadre a non aver perso contro la corazzata nerazzurra.
Ventura resta fermo, a bordo campo. Raccoglie gli applausi della curva e quelli della tribuna est. Guarda i suoi ragazzi da bordocampo, non dice niente, li osserva come un insegnante di calcio. Chissà se per la sua testa passa il pensiero di un altra notte magica. Era sabato sera e c’era Sky. L’avversario era la Juventus. E fu demolito. Ma questa Inter è un’altra cosa. Lo sanno tutti. C’è Milito, c’è Balotelli, c’è Pandev, c’è Snejider. La formazione fa tremare i polsi. Ma il Bari, all’andata, ha già fatto uno scherzo ai campioni d’italia. Una partita perfetta e un pareggio dolcissimo, come prologo di un campionato indimenticabile. Passano i minuti e l’atmosfera si fa sempre più magica. Parte l’inno, Bari grande amore, e lo stadio cerca la migliore prestazione. Canta a squarciagola. Come se ogni barese, attraverso la tv, volesse entrare nelle case degli italiani a ricordare che sì, ci siamo anche noi e non siamo inferiori a nessuno. Nel Bari manca anche Almiron, ma non si vede. La prima occasione è per Sneijder. Un tiro insidioso che da l’illusione del gol. Il primo brivido. E l’ultimo, del primo tempo.
Alvarez si avventura in diversi uno contro uno. Li vince e va puntualmente sul fondo costringendo la difesa dell’Inter ad affannosi recuperi. C’è da stropicciarsi gli occhi e darsi dei pizzicotti ogni tanto. Per capire se è tutto vero. Da manuale l’azione che al 31′ vede Koman servire Parisi con un no look. Tiro di prima e respinta del portiere. Barreto alterna guizzi brucianti a rifiniture brillanti e solo un grande Julio Cesar evita all’Inter di capitolare nei primi 45 minuti. Quelli che ricorderemo per aver visto una piccola squadra giocare da grande e una grande (per i sacri almanacchi una delle più grandi) giocare da provinciale. L’intervallo ha il sapore del Borghetti e delle caldarroste portate da casa. Siamo a un passo dall’Europa, d’accordo, ma con le nostre tradizioni. Qualcuno tira fuori dallo zaino panini con la braciola con tanto di stuzzicadenti per tenerla arrotolata. Se proprio un giorno arriveremo a giocare l’Europa League (adesso la chiamano così, e noi che sognavamo la Coppa Uefa) vogliamo farlo così. Con i nostri panini, la braciola, gli gnimirridd. Non è questa, in fondo, la vera magia del calcio? Il Bari ricomincia a correre con un ritmo ancora più forsennato. Chi credeva che le energie fossero finite dopo il primo tempo deve ricredersi. Il tempo di una bella punizione di Sneijder. Gillet si allunga e devia in angolo. Come un gatto. Il Gatto di Liegi mette la sua firma sulla partita.
Poi succede che Gazzi lancia Meggiorni che taglia la difesa in due. Cross al centro e mani plateale di Samuel. Calcio di rigore. Meggiorini esulta come se avesse segnato. Io predico la calma. Come al solito. Non riesco mai a godermi qualcosa per intero. Maledetta saggezza. Il minuto è il 15′ e Barreto spiazza Julio Cesar. Delirio. Passano due minuti. Koman legge la sovrapposizione dello scatenato Parisi. Che si beve Lucio come un bicchiere di vodka. Secco. Lucio lo stende e costringe l’arbitro ad assegnare il secondo rigore della serata. Barreto cambia angolo, ma la musica è la stessa. 2 a 0 e stavolta mi sembra davvero di sognare. Lo stadio diventa una discoteca. Si canta (in un inglese discutibile, l’Europa è ancora lontana), si salta e si balla. Barreto mostra a tutti la maglia di Ranocchia. Nel trambusto si sente una voce. Viene dalla curva e resterà nella storia. Dice una frase semplicissima, ma riassume tutti i nostri sentimenti: “Moooo… e chiss so l’ cambiun? E u Bàr c’cos ie?? Uagnù, U Bàr iè fooort!!*” Ecco, avrei voluto fermare il tempo in quell’istante. E forse l’ho fatto. L’Inter di Mourinho era troppo forte per non riprendere in mano quella partita. Un tiro di Balotelli al 23′, una carambola, il pallone che finisce tra i piedi di Pandev bravo a non farsi ingolosire dall’assist a Milito in fuorigioco. 2 a 1. Manca troppo tempo. E infatti 5 minuti dopo Bonucci atterra Pandev. Meriterebbe il rosso, per onor di cronaca. Ma ci va bene. Solo rigore. Che Milito trasforma. 2 a 2.
Adesso un’altra squadra qualunque perderebbe la partita. Invece il Bari reagisce. E Barreto mette Alvarez solo davanti al portiere. Stavolta l’hondurenho si impappina. Sbaglia il controllo e perde l’attimo per la disperazione dei 50.000 del San Nicola. E non è l’ultima occasione. Meggiorini inventa un tiro da fuori insidiosissimo, che per poco non riporta il Bari in vantaggio. Il Bari non concede all’Inter altre occasioni. Mourinho non riuscirà a battere il Bari. Sarà festa, nonostante il pareggio e il sogno accarezzato. Sarà una notte da non dimenticare mai. Uno dei punti più alti della storia del Bari. Torno a casa felice ma un po’ rassegnato. Essere tifosi del Bari vuol dire anche questo. Come quando da bambino, per le feste di Natale, non vedi l’ora che arrivi il gran giorno e poi, il 25 dicembre, sei felice al massimo fino alle dieci del mattino, quando ti ritrovi in camera tua sommerso di confezioni regalo scartate che ti sei goduto per una mezz’oretta e tutto d’un tratto vieni avvolto da un velo di tristezza che a dieci anni, e con una famiglia ancora unita e felice, non ti sai spiegare. Non capisci perché, un secondo dopo essere stato così felice, tu possa essere così triste. La fregatura è che con il tempo impari a farlo e quel senso di vuoto impari a conoscerlo e infine anche a prevederlo. E il giorno in cui riesci a prevedere le tempeste non riesci più a goderti nemmeno la quiete (tratto da Domani no, romanzo in uscita a Gennaio, edizione Gelsorosso)
* trad: “E questi sarebbero i campioni di cui tanto si parla? E il Bari che cos’è? Signori miei, il Bari è forte!”
Prossima puntata: Bari – Juventus, 23 febbraio 1992
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