Io quella stagione non l’ho capita mai. Come abbiamo fatto, intendo, a retrocedere portandoci dietro tante emozioni. Non capita spesso se ci pensate. Soprattutto al Bari. Ma quell’anno andò tutto diversamente. Protti capocannoniere, la goleada all’Inter, la vittoria con il Milan, quell’ultima partita in casa contro la Juve con uno stadio intero a spingere il proprio idolo a conquistare lo scettro dei bomber. Se non altro ci abbiamo creduto fino alla fine. Un po’ perchè quella squadra, di fatto, non ha mollato mai e quando retrocedi così puoi anche accettarlo, un po’ perchè se hai in squadra gente come Fontana, Andersson, Ingesson, Protti e Gautieri non puoi retrocedere. Non dovresti almeno. Ma per Carmine Gautieri non è davvero stagione. Non azzecca una partita e alla fine finisce per litigare con Eugenio Fascetti che, dopo una partita contro il Parma, lo definisce eufemisticamente un senza coglioni. Parole forti, neanche tanto velate. Ma il 1 ottobre del 1995 Carmine si ritaglia un posto importante nella memoria biancorossa. Un posto indelebile per lui che alla nostra maglia ha comunque dato tanto. E io le sue sgroppate sulla fascia, testa bassa e schiena curva, ancora me le ricordo. A seminare terzinacci di serie B, lenti e impacciati, increduli di fronte alle accelerazioni dell’ex benzinaio di Mergellina. Il Bari ospita il lanciatissimo e imbattuto Milan di Capello. Per i rossoneri 4 vittorie nelle prime quattro partite, un pareggio alla quinta. Sulla carta non c’è partita. I biancorossi, indicati all’inizio come una delle possibili sorprese del campionato, hanno inanellato una serie di brutte figure: due pareggi in casa contro Napoli e Lazio, tre sconfitte fuori contro Reggiana, Toro e Piacenza. Non esattamente il ruolino di marcia ipotizzato da Materazzi, insomma.

Non c’è avversario peggiore per il Bari. Il solidissimo Milan di Costacurta, Baresi (a fine carriera) e Maldini non è certo squadra contro la quale risolvere le crisi. Materazzi chiama a raccolta i tifosi, ma non ce n’è bisogno. Lo stadio è pieno, il pubblico quello delle grandi occasioni. In curva non c’è neanche un posto e nonostante la classifica deficitaria si salta e si canta. Il Milan sottovaluta la partita e si vede subito. Weah viene servito poco e male e non riesce a dialogare con il suo partner d’attacco, Marco Simone. Savicevic, che l’anno prima al San Nicola è stato capace di segnare quattro gol, non sembra in giornata, Lentini appare svogliato. Ma il Bari è timoroso, bloccato, si affida a qualche tiro da fuori di Ficini e qualche incursione di Protti, unico a destare preoccupazioni tra le fila della difesa rossonera. Kennet Andersson, lo svedese arrivato dal Caen, è invece bloccato, ben controllato dall’esperienza dei milanisti. Su di lui i pareri cominciano ad essere discordanti. C’è chi dice che debba ancora integrarsi nel calcio italiano, chi sostiene che il suo gioco di sponda è utilissimo per la squadra, chi dice senza mezzi termini che è un cesso. Il gioco di Materazzi in effetti non lo valorizza. La squadra rapida e veloce dell’anno prima deve fare a meno di un rapinatore d’area come Tovalieri, di un grande difensore quale Amoruso e del cervello di centrocampo Bigica. I sostituiti non sembrano all’altezza, almeno inizialmente. La presenza di Andersson richiede palloni alti e cross dal fondo. A un certo punto Materazzi gli preferirà l’esordiente Ventola, ancora 17enne. Sala viene dalla serie C e subisce l’impatto del doppio salto in avanti. Abel Xavier arriva a Bari con una dote incredibile di infortuni. Senza contare che arriva con la fama di centrocampista di qualità quando in realtà è un terzino. Ma contro il Milan servono i punti, non importa come. Fontana deve superarsi due volte alla fine del primo tempo. Prima su un’incursione di Weah che tira all’angolino destro trovando la plastica parata di Jimmy. Poi su un colpo di testa di Maldini, all’angolino alto. Protti prova a scuotere, da grande capitano, i suoi. Parte palla al piede dalla sinistra, chiede e ottiene triangolazione con Kennet e scarica un destro verso la porta di Sebastiano Rossi. Ma il tiro viene respinto a pugni chiusi dal portierone rossonero. Si va a riposo sullo 0 a 0. Ottimo, penso. La squadra è timida e non sembra volersi scoprire più di tanto. Servirebbe un’invenzione, un’azione personale. Al primo minuto del secondo tempo Kennet Andersson fa ciò per il quale è stato acquistato. Contende e difende un pallone Costacurta, costringendolo a salire fino a centrocampo. Lo protegge con le sue lunghe leve permettendo a Protti di salire e alle ali di inseririsi. Appoggia indietro per Pedone che, di prima, smista il pallone sull’out destro, senza guardare chi sta arrivando in corsa, come un treno. In due mosse il Bari si è bevuto Panucci e Costacurta. La sponda dello svedese e il lancio del numero 8 biancorosso hanno messo fuori causa mezza difesa. Il problema è l’altra mezza, specie se i due si chiamano Filippo Galli e Paolo Maldini.

Il pallone corre veloce verso la trequarti rossonera, più vicino alla linea dell’out destro che al centro del campo. Carmine Gautieri, fino a quel punto molto deludente, mette la quinta e accelera provando ad arrivare sulla sfera prima di Maldini. Lo capisci subito che non c’è confronto, in velocità. Ma ti aspetti che da un momento all’altro Maldini sfoderi una di quelle sue scivolate perfette che l’hanno reso famoso come testimonial della Nike. Ma Gautieri corre velocissimo, e tutto lo stadio si alza in piedi per accompagnarlo verso il fondo. Si urla, gli si dice di insistere, di continuare, come con Forrest Gump. Corri Carmine, corri. Maldini è già lontano, non ti prende più. “Nino capì fin dal primo momento, l’allenatore sembrava contento e allora mise il cuore dentro alle scarpe e corse più veloce del vento…”. Se solo ci fosse qualcuno al centro dell’area. Andersson è lontano, vittima di uno strattone che non gli ha permesso di proseguire l’azione. Protti sta arrivando, ma con lui i difensori attardati. “…Prese un pallone che sembrava stregato, accanto al piede rimaneva incollato…” Gautieri prova a stringere verso l’area  ma è quasi arrivato sul fondo e la porta diventa sempre più piccola. E stretta. Difesa da quel lungagnone di Sebastiano Rossi che chiude lo specchio. Palla al centro o primo palo. Botta secca o cross. Il tempo per decidere è poco, il fondo si avvicina. Gautieri tira in corsa, senza fermarsi. Lo fa cadendo. “…Entrò nell’area, tirò senza guardare ed il portiere lo lasciò passare”. Il pallone rotola verso il secondo palo dove Rossi non può arrivare e si infila proprio lì, preciso, leggero, a toccare la rete. Gautieri si rialza subito, come se l’azione non fosse mai finita e continua a correre come un (cavallo) pazzo verso la Ovest, inseguito da Protti e Pedone. Per lui è il primo gol in serie A. Per il Bari è un gol importantissimo, che sblocca la partita e mette i galletti nelle condizioni di poter gestire la partita. Non è semplice. Il Milan ha classe e forza, ma i minuti passano e anche i giocatori più esperti iniziano ad innervosirsi. Entra in campo Donadoni e i rossoneri aumentano il loro peso offensivo. Weah fa a sportellate con il giovanissimo Sala, Di Canio litiga con i raccattapalle che non gli passano il pallone in fretta. Uno di questi raccattapalle si chiama Antonio Cassano, ha 13 anni non ancora compiuti e un giorno giocherà con quella maglia. Fontana si supera al 79′ quando Weah si presenta solo davanti a lui e tira a colpo sicuro. Jimmy è strepitoso. Il Bari accenna qualche contropiede ma Gautieri ha ancora nelle gambe quella corsa infinita e puntualmente perde il controllo del pallone. L’ultimo brivido arriva al 90′ passato: Di Canio con un bel gioco di gambe si infila in area di rigore, viene toccato da Montanari e finisce a terra. L’arbitro fischia e cala il gelo sul San Nicola. Ma accorre per ammonire il milanista per simulazione. Le immagini gli daranno ragione. Il fischio finale è una liberazione. Una vittoria sofferta contro un grande, per tornare a sperare. Non sarà l’unica, non sarà l’ultima. Quel campionato ci darà tante soddisfazioni, eppure un’inaspettata retrocessione.

ps: Gautieri era uno dei miei giocatori preferiti. Un’ala vecchia maniera, un giocatore magrissimo e con delle gambe leggere, poco muscoloso, volava in campo anzichè correre. Certo era molto indisciplinato tatticamente e per questo Fascetti non ne apprezzò a fondo le caratteristiche. Ma saltava l’uomo come pochi, sbagliava gol clamorosi e infuocava lo stadio con le sue accelerazioni. Era un anti-calciatore, un anti-divo e diceva sempre che se non avesse sfondato nel calcio avrebbe fatto il benzinaio. Dopo il Bari è passato per la Roma di Zeman e ha finito tornando a girovagare per i campi di provincia. Una carriera incostante, fatta di alti e bassi, come le sue giocate. Ma io so quanto mi ha fatto emozionare. Quanto mi divertiva vederlo sfrecciare sulla fascia, vedergli saltare gli avversari come birilli, con la sua maglia numero 7. Mi ricordava il Nino della “Leva calcistica…“, quello di De Gregori (anche se pare che quella canzone fosse dedicata ad Ago Di Bartolomei). Ed è per questo che mi sono permesso di citare in corsivo alcuni passaggi di quella canzone. Sembra proprio lui, Nino.

Prossima partita: Bari – Siena 29 novembre 2009

 

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

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