Chissà se quella sera ci ha sperato. Di essere il nuovo eroe di Bari. L’uomo che avrebbe potuto finalmente far rivedere la luce, a Bari, dopo tutti gli anni di anonimato. Di certo, la notte del 16 dicembre 2006 Rolando Maran si sarà sentito un allenatore molto importante. I derby, checchè Zeman ne dica, non sono partite come le altre. Quelli tra Lecce e Bari meno che mai. Forse è per questo che molti, a Bari e dintorni, conservano di Maran un gran bel ricordo: è stato lui l’allenatore che andò a dominare a Lecce, vincendo per 3 a 1 e regalando ai tifosi del Bari un Natale da ricordare. Le squadre arrivano a quel derby di andata con opposti stati d’animo e sensazioni. I salentini, freschi di retrocessione, hanno deciso di ricominciare da Zeman, due stagioni dopo la spettacolare annata di serie A nella quale il Boemo lanciò Bojinov e Vucinic. Spettacolo, genio, sregolatezza e tanti complimenti da tutta Italia. Ma il Lecce, costruito per recitare un ruolo da protagonista nel campionato di serie B, delude e arranca, nella seconda metà della classifica.

Il Bari invece, costruito per disputare un buon campionato e poco altro è in piena zona play off, a sorpresa a ridosso delle grandissime Juventus e Napoli, ad un punto dal Genoa di Gasperini. Il derby insomma non si gioca solo per l’onore del campanile. Il Bari vuole dire la propria per inseririsi in un discorso promozione e per testare le proprie ambizioni a due settimane dalla sosta che potrebbe regalare a Maran preziosi rinforzi (questo, in cuor suo, spera l’allenatore). Mi sarebbe piaciuto andare a vedere quella partita, ma per motivi di lavoro mi trovo a Fabriano e quindi mi accontento di vedere la partita in tv, anche se con il cuore sono assieme ai 3500 assiepati in curva, colorati e festanti. Curioso annotare che la partita non comincia, come dovrebbe alle 15. Succede una cosa che non capita neanche in prima categoria. Vuoi perchè è sabato pomeriggio, vuoi perchè siamo sotto Natale, il pullman del Bari si impantana nel traffico di Lecce (chi come me ha vissuto nel capoluogo salentino può confermare che la cosa è possibilissima…) e arriva allo stadio dieci minuti prima dell’orario ufficiale. L’arbitro concede alle squadre mezz’ora di bonus prima di dare inizio alle ostilità.

La curva giallorossa ci accoglie con una serie di striscioni molto sarcastici: “Petruzzelli, Fibronit, Colera, Amianto, mare inquinato… Bari è proprio una merda“. Dalla nostra curva si levano le sciarpe, le bandiere e i cori: la festa incomincia anche lì. “Questo è un canto d’orgoglio e d’amore che ci vien da profondo del cuore…” Certe inquadrature sulla mia curva valgono più della partita stessa. “…E vorrei continuare a cantare, sostenendo il mio unico amor“. I minuti passano e le squadre sono quasi pronte a scendere in campo. “Magico bari alè, non mollare perchè…” Il cuore del tifo si scalda. La serie A è troppo distante ma c’è voglia di cantare, di sventolare bandiere e sciarpe. Maran sceglie una squadra d’attacco e schiera due punte pure Ganci e Santoruvo. Non si tratta di due goleador, la porta la vedono poco entrambi, ma questo passa il convento e i ragazzi si mettono a disposizione del loro allenatore. Per il quale non è una partita come le altre. L’anno prima, a Brescia, stava facendo benissimo quando il presidente Corioni decise di sostituirlo… con Zeman.

Tempo di derby, tempo di piccole vendette. Sussurrate in verità. L’allenatore veneto non è uno a cui piacciono i proclami. Lavoratore serio e professionista come pochi si concentra sulla partita. “Tutta la curva è con te e non vorrei, lo sai, abbandonarti mai…” La partita incomincia. Il Lecce parte all’attacco, in pieno stile Zeman. Osvaldo, che ancora non sa di essere un attaccante di fama internazionale (e non sa neanche di essere italiano), spreca una buona occasione solo davanti a Gillet dopo appena 5 minuti. Ma al 10′ è Carrus a farmi saltare dal divano e far entrare il calore nella mia gelida casa fabrianese: gran tiro da fuori area, traiettoria velenosa probabilmente deviata da Juliano e pallone alle spalle di Benussi colpevolmente fuori dai pali. Delirio biancorosso in curva. Il Lecce prova a riorganizzarsi, si fa vivo dalle parti di Gillet ma alla mezz’ora Giacomazzi fa fallo al limite dell’aria su Santuruvo. Sul punto della battuta ci va Ganci, che in stagione ha già segnato su punizione contro il Bologna. La sua è una parabola perfetta che fa esplodere per la seconda volta la parte biancorossa dello stadio (e il piccolo spicchio biancorosso di casa mia a Fabriano). Passano dieci minuti e sul piedone poco aggraziato di Santuruvo capita la palla del 3 a 0.

Respinta incerta di Benussi e il centravanti bitontino deve solo appoggiare di sinistro. Invece si porta il pallone sul destro, perde tempo e spara addosso al portiere. Bestemmie. Mi rivolgo al mio coinquilino che è di Pesaro e se ne sbatte del mio derby, però è lì con me, sul divano a sorseggiare un bicchiere di vino rosso tentando di scaldarsi (i termosifoni non funzionano): “Questo errore lo paghiamo, mannaggia a Santoruvo“. Lui fa cenno di sì con la testa, credo per assecondare la mia follia. Se c’è una cosa che odio, nel calcio, è avere ragione. E infatti all’inizio del secondo tempo Valdes, un ex, si procura un rigore. Sul dischetto va Diamoutene, che nel Bari ci giocherà per qualche mese nel 2010, e trasforma accorciando le distanze. Il Via del Mare riprende coraggio e la partita si fa difficile per i biancorossi. Zeman inserisce un’altra punta, il giovane e promettente Caccavallo, per tentare la rimonta e subito il ragazzo si inserisce in area e supera Gillet con un potente sinistro. Fiato sospeso. Per fortuna però c’è la traversa a salvarci. Non parlo più.

Muovo la gamba nervosamente, sù e giù puntando sull’avanpiede destro. Ma al minuto 20′ c’è la svolta. Scaglia, subetrato a Ganci, crossa da destra per Santoruvo che si trova spalle alla porta, posizione ideale per una sponda, la sua specialità (di fare gol non se ne parla). “Adesso la ributta indietro il cesso” – penso. E un po’ me ne dispiaccio. Invece no. Il ragazzo fa una finta da grande centravanti e si gira in un fazzoletto (come dicono gli esperti) portandosi sul dischetto del calcio di rigore con il pallone preciso, sicuro, incollato al piede destro. Controllo e tiro a incrociare sul palo lontano. Fanculo. Gol. Sono tre. Santuruvo si toglie la maglia e corre sotto la curva, i tendini della gola tesi e un labiale che non può generare equivoci: gol cazzo, gol cazzo. Il suo è un gran gol, uno dei più belli, in tutta sincerità, che gli abbia visto fare a Bari. Il resto è ordinaria amministrazione. Una grande parata di Gillet su Juliano, qualche scaramuccia da derby. L’arbitro fischia la fine. Portiamo a casa una vittoria che sa di gloria e passione. Consepevoli di avere una squadra che può dire la sua nella lotta play off. La curva continua a cantare e ballare. C’è un bel clima di festa e Maran può godersi la sua notte biancorossa più bella. Ma ci sono notti che non accadono più (scusate l’autocitazione).

ps: L’entusiasmo di quella vittoria fece dimenticare a Matarrese che, per inserirsi in un discorso play off, avrebbe dovuto mettere mani al portafogli. Certo, i gol di Santuruvo e Ganci furono belli, ma a quella squadra mancavano una punta, un centrocampista e un difensore. Ma il Presidente fece un’altra scelta: visto che in quel campionato due posti erano già praticamente assegnati a Juve e Napoli decise di chiudere in un cassetto gli eventuali sogni di gloria. Anzichè comprare cedette (Gazzi, uno dei migliori centrocampisti della serie B, alla Reggina) e il Bari si trovò ben presto seriamente invischiato nella lotta per non retrocedere. Maran fu esonerato, ma in tanti si ricordano ancora di lui come l’eroe del 16 dicembre.

prossima puntata: Bari – Sampdoria, 17 gennaio 1999

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

5 Comments —

  1. mamma mia, che brutta serata che mi hai ricordato.
    bruttissima partita (per noi leccesi, ovvio) per un brutto campionato.
    una squadra senza sangue e senza talento (per colpa di quell’incapace di Angelozzi) e allo sbando. Una società ingorda (come sempre. guarda quello che ci sta succedendo ora) e tanta delusione.
    Dopo questa partita brutte cose e poi l’esonero del Maestro e l’arrivo dell’anticalcio.
    però lo striscione che la Nord mostrò (e che tu hai citato) era bellissimo.

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