“Se oggi ho un tesserino da giornalista, lo devo a Luca. Che di mestiere fa l’imprenditore, e vende caffè“. Ho iniziato così il mio intervento, ieri, alla presentazione del suo libro Falla esplodere. Non c’era molta gente, e quando c’è poca gente la tentazione può essere quella di non sforzarsi nemmeno a dire cose profonde o minimamente intelligenti. Pensate. Per fortuna ieri sera questa tentazione non ci ha nemmeno sfiorato.
Bisogna sempre rispettare chi viene ad ascoltare, chi ti dedica un pomeriggio, chi ti dice che “ti seguo sempre su Facebook” e si ricorda persino i tuoi post.
Per cui sono ripartito da lì, da quella telefonata di Luca.
“Ciao Cristiano, ti andrebbe di fare da editor ad una redazione di sport per una testata giornalistica?“. All’epoca lavoravo in agenzia, avevo poco tempo (poi ho scoperto che abbiamo sempre poco tempo, ma non ne ero ancora cosciente) e mi presi qualche giorno prima di rispondergli. Perché Luca, che vendeva caffè sui market place, mi stava chiedendo di far parte di una testata giornalistica? Imparai in quei giorni che a volte bisogna dire sì anche quando la ragione consiglierebbe di dire “no”. È uno dei refrain preferiti del web “Imparate a dire no“. Beh, hanno ragione.
Ma ogni tanto conviene fare il contrario e dire “sì”. Quella volta lo feci.
Dopo una settimana volevo fuggire. I pezzi in bozza da correggere, le chat di Facebook, WordPress che non capivo, Yoast, i diritti sulle immagini, i miei pezzi da scrivere a pausa pranzo o la notte. Stavo per chiamare Luca e dirgli “fratè, non se ne fa più nulla, nun ce la faccio“. Ma scelsi di non mollare. Pensai che stavo imparando qualcosa che mi sarebbe tornato molto utile nel lavoro di tutti i giorni. Gestire una redazione, imparare i tempi del blog e dei social network, lavorare con più autori contemporaneamente, studiare la seo, monitarare i risultati. Lavoravo con gente come Rosanna Perrone, Alessandro Zarcone e altri che sarebbero diventati collaboratori e amici come Andrea Careddu, Vincenzo Renzulli, Gianluca Gotto (prima di iniziare il suo giro del mondo), Francesca Pagano, Alessia Di Raimondo. Abbiamo lanciato giovani interessantissimi come Miriam Tagini, Marco Fornaro, Camilla Dalloco e mi sono ricordato di quella lezione tanti anni dopo.
Le cose andarono bene, poi meno bene, poi il ciclo di Bloglive e de Il Giornale Digitale finì, ma nel frattempo io avevo scritto più di 150 articoli, conosciuto il mio attuale socio Marco Napoletano, migliorato le mie qualità di scrittura e realizzato un piccolo sogno: diventare giornalista. Il tutto grazie ad un signore che vendeva caffè e che prima degli altri aveva capito che qualunque azienda – anche la più piccola – è una media company. Solo che per diventare media company devi studiare le logiche del giornalismo, del contenuto, della notizia. Luca ci riprovò con News and Coffee, fu una bella idea. Per un periodo triplicò le visite e le vendite, ogni tanto gli viene voglia di rimettere tutto in piedi, me lo dice spesso. Io nel frattempo faccio sì che ogni lavoro di content marketing parta da una redazione.
Continuo a scrivere e a scoprire talenti.
Ne ho fatta una missione e una scuola, perché credo che non ci sia nulla di più appagante. Ecco perché ieri sarei andato alla presentazione del libro di Luca anche se ci fossimo stati solo io e lui.