Il mio primo post internazionale è arrivato grazie ad Andrea Pacini, autore del blog Echo Presentations. Andrea, esperto in presentation design, vive e lavora a Londra. Quando vede una presentazione efficace, si emoziona davanti allo schermo. Quando ne vede una mediocre, si mette a piangere. Si definisce in cammino per aiutare persone ed aziende a raccontare le loro storie e a vendere i loro prodotti e servizi attraverso quello che considera lo strumento di comunicazione più potente al mondo: una presentazione.

Ho conosciuto Andrea attraverso il (social) networking. La parola social è tra parentesi, volutamente. Non c’è social senza networking, non c’è contatto su facebook senza le basi della relazione umana: empatia, simpatia, interesse. Andrea ha seguito, a distanza, il mio intervento Storyteller a chi? Proporsi al cliente attraverso la scrittura (potete scaricarla gratuitamente su Slideshare) per Fiordirisorse, si è incuriosito, mi ha contattato attraverso degli amici in comune, ed è nata questa intervista. Siccome sul suo blog Andrea l’ha pubblicata in inglese, io ve la ripropongo in italiano. Tanto Google non si incazza se traduco, vero Cristian Brunori?

Vorrei cominciare l’articolo con una tua introduzione. Come ti presento ai lettori? 

Cristiano Carriero, Storyteller. Che poi nessuno sa cosa significa, forse nemmeno io. Diciamo che campo di scrittura e non è poco. Racconto storie che nella maggior parte dei casi servono alle aziende per vendere dei prodotti. Non è molto romantico, ma in fondo anche Dante scriveva su commissione. Sono un copywriter moderno, spazio dal claim al racconto e quando ho tempo (si ha sempre tempo, basta saperselo ritagliare) scrivo romanzi. L’ultimo si chiama Domani no.

Innanzitutto complimenti per la tua presentazione al Master FdR di qualche giorno fa. Mi ha colpito molto non solo dal punto di vista del contenuto, ma anche dal punto di vista del design. Segui delle linee guida particolari per fare una presentazione di questo livello? 

Assolutamente sì. Credo nella collaborazione e nelle competenze di ognuno. Io ci metto le parole, in molti casi una bozza di idea e poi mi faccio aiutare da un professionista (Graziano Giacani) per la parte grafica. L’obiettivo, però, è molto più alto: trovare un’identità visiva che permetta di distinguermi. Elementi che possano integrarsi con me, con il mio look (vedi l’orso delle slide), con il mio tono. Per questo è un peccato che tu l’abbia solo letta, la presentazione è creata su misura per il mio intervento verbale e paraverbale. Per questo ho deciso di aprire con un gioco e di togliere, ad un certo punto, il maglione che troppa attenzione stava attirando su di sé. Tutte cose studiate.

Entriamo nei contenuti. Nella tua presentazione hai trattato un tema fondamentale che ogni buon presentatore (e non solo) dovrebbe conoscere: lo storytelling? Cominciamo dalle basi, cos’è lo storytelling? 

Sullo storytelling si è detto tutto: io dico che è l’arte di incollare le persone ad un testo, costringerle a non abbandonarlo, a scoprire come va a finire. Magari lasciando un ricordo indelebile. È un collegamento implicito ad un servizio o ad un prodotto. La base è, ovviamente, saper raccontare. Che non è una questione innata, ma una questiona di esercizio. Che per fortuna, oggi, si può praticare tutti i giorni sul web.

Uno dei consigli che dai è di “scoprire qual è il nostro pubblico e perché legge ciò che scriviamo”. Nel contesto di una presentazione, come si fa a scoprire chi è il nostro pubblico e perché è interessato ai nostri contenuti? 

Parto da una metafora: io faccio l’arbitro e prima di andare ad arbitrare mi informo sulle squadre. Come giocano, che tipo di partita mi aspetta, se c’è una squadra più forte di un’altra. Non per andare prevenuto, ma per sapere esattamente cosa mi aspetta. Così con le presentazioni. Prima di prepararle bisognerebbe avere idea del tipo di pubblico che assisterà al tuo intervento. Ti capirà? È un pubblico curioso? Studenti o manager? Sanno di cosa parli o sono completamente a digiuno sul tema? Poi, anche nella formazione, la verità la dice il campo. Se vedi facce perprlesse non puoi continuare sulla strada che avevi pensato di percorrere. Devi saperti adattare, magari con un sorriso. Alcuni formatori non hanno questa capacità di cambiare in corsa. Per questo le mie slide hanno poche parole. Non c’è niente da leggere, sono io che mi preparo diversi scenari e li adatto sulle diverse situazioni.

Un altro consiglio che dai è quello di usare esempi e di illustrare concetti che risultino familiari agli occhi del lettore. Anche questo lo trovo molto utile nel mondo delle presentazioni. Ci spieghi perché gli esempi sono così importanti? 

Usare esempi è fondamentale in ogni contesto. Da piccoli abbiamo bisogno di esempi, tutta la nostra vita è una continua ricerca di esempi. La metafora, che poeticamente ci affascina tanto è la forma più alta di esempio. Devo aggiungere altro?

Quando parli di coinvolgimento del lettore, a cosa ti riferisci? Come si coinvolge un lettore? Si possono applicare le stesse tecniche durante una presentazione?

Coinvolgere il lettore significa scrivere per gli altri. Se scrivo per me nessuno apprezzerà e condividerà il mio contenuto. Anche nella scrittura bisogna provocare, fare domande, far incazzare se necessario. Questo non vale solo per la scrittura ma anche per la presentazione. Non fare “orfani”, guardando sempre dalla stessa parte, è una delle chiavi di una presentazione di successo. Osservando i volti degli spettatori (e sì, perché ormai una presentazione deve essere concepita come uno spettacolo) si può capire perfettamente se il pubblico è interessato a ciò che diciamo, o no.

Raccontare una buona storia. Ci sono dei segreti che rendono una storia una buona storia? Ci sono dei punti in comune in ogni buona storia?

Il segreto di una buona storia non c’è. Ci sono tecniche di narrazione, quello sì. Un bell’incipit, un eroe, un cattivo, una caduta e una risalita. Una conclusione memorabile. Questo schema è applicabile anche in azienda, anche raccontando un prodotto o sviluppando una presentazione. Se parliamo dei social in azienda ad esempio, il cattivo può essere il manager che impedisce ai dipendenti di usarli, la caduta quella del Social Media Manager che è costretto a subire un periodo di frustrazione. Prima di iniziare la risalita.

Un altro tuo consiglio è di integrare elementi visivi e di essere originali anche nella scelta della immagini. Perché? 

Anche le immagini sono sempre più standardizzate sul web. Tutti sanno andare su Google immagini a cercare una foto. I più smaliziati vanno su Pinterest a rubare immagini postate da altri. Quanta originalità si può dare ad un post o ad una presentazione con un’infografica realizzata ad hoc e indicizzata su Google? Anche le immagini, infatti, sono oggetto di ricerca o indicizzazione, permettono di poter usufruire di una call to action. Esistono tool per generare belle infografiche come Visual.ly, Google Chart o Infogr.am anche se il mio consiglio è quello di farsi aiutare da un professionista, soprattutto per le presentazioni e i post che contano.

Mi hai fatto riflettere quando hai detto che a volte ci vuole più tempo a trovare il titolo giusto che a scrivere un post. Pensi che bisogna valorizzare questo tempo anche nella scelta del titolo di una presentazione? 

Il titolo è un buon 70%. Sì, anche per le presentazioni, soprattutto oggi che si vanno poi a cercare su slideshare, scaricare e condividere. Ma in generale il titolo è un elemento fondamentale, anche ad esempio per un film, una canzone, un libro. Quante volte ci interessiamo ad un romanzo perché siamo attratti dal titolo o dalla copertina? E quanto è importante il titolo di un film? Così tanto da tradurlo in ogni paese in maniera diversa, a seconda dei gusti e delle abitudini. A maggior ragione oggi che i titoli devono essere così memorabili da diventare hashtag per twitter, nomi di blog, materiale di comunicazione.

Un’altra frase che mi ha colpito della tua presentazione è la seguente: “se non chiedete ai lettori di fare qualcosa, non faranno assolutamente niente”. Pensi che sia vero anche in una presentazione? Non c’è il rischio di “perdere” il proprio pubblico chiedendogli di fare qualcosa?

Bisogna chiedere qualcosa. Magari cose semplici, non impegnative, ma bisogna fare domande. Io uso sempre quelle apparentemente banali tipo “Quanti di voi usano Facebook? Quanti si sono collegati ad un social network nell’ultima settimana? E quanti nelle ultime 24 ore? Questo tipo di richieste ti fanno entrare in sintonia con il pubblico e permettono di rompere il ghiaccio. Di certo non bisogna chiedere di comprare i propri servizi. Quando parlo di call to action intendo portare il lettore dove vogliamo noi. Come se portassimo un cliente nel nostro negozio. A quel punto sarebbe la qualità dei prodotti e la cortesia dei dipendenti, oltre che la semplicità di acquisto a fare la differenza.

Che cosa intendi quando dici che “ogni testo, sia esso un sms, una mail, una presentazione, dovrebbe contenere una moneta d’oro per il lettore”? 

La moneta d’oro è la frase memorabile. Quella che un tempo ti costringeva a “sporcare” un libro sottolineandolo. Quella che oggi va twittata o condivisa su facebook, magari insieme al link del post che avete appena scritto.Quella che spinge il pubblico 2.0 a fotografare la slide della vostra presentazione. E contribuisce a rendere indimenticabile la vostra opera. Moneta d’oro perché leggendo sempre più in fretta abbiamo bisogno, oggi più che mai, di un elemento prezioso, che un tempo sarebbe stato da custodire, oggi da condividere.

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *