Sgombriamo subito il campo dagli equivoci: io NON sono un talento. Sì, me la cavo discretamente a fare due-tre cose e per il resto mi faccio un mazzo così. Niente doti naturali (purtroppo). Ma allenamento, formazione, affiancamento (cerco di stare il più possibile con le persone che reputo più brave di me). Un centinaio di libri all’anno (cartacei o ebook purchè si legga), un corso di inglese al posto di un aperitivo, una serata con Fior di Risorse invece di due ore buttate davanti alla tv a fare zapping. Ma il punto non sono io. Sebastiano Zanolli, AD nella vita e, nel tempo libero (che sa crearsi), formatore, narratore, caporedattore e altre cose che finiscono in -ore, ha parlato di talenti ieri sera da Scavolini.
Una parola spesso abusata (assieme a globalizzazione, vero Sebastiano?) per identificare chi ha qualche dote naturale difficilmente gestibile. Bene, sappiate che i talenti si allenano per diventare campioni. Ogni giorno. Faticano, sbuffano, si impegnano ad alzare l’asticella della difficoltà per superare se stessi. I talenti non si crogiolano sugli allori. I talenti non si sentono mai arrivati. Sentir parlare Zanolli è folgorante. Alterna riflessioni serissime a momenti di grandissima ironia (perchè a tutti gli studenti italiani a metà degli anni ’70 fu diagnosticata una scoliosi?), slide da top manager con altre di impatto (la piu fotografata, quella sul gratta e vinci, titolo “Questa non è una strategia“). Sebastiano ha spiegato cosa fa la differenza, oggi, in un mercato dove esistono, che ci piacciano o no, delle regole ben precise.
Chi sa trovare una nuova strada, chi sa incrociare al meglio le competenze fino a crearne delle nuove, si fa notare ed emerge. Non è più tempo di chiedere un lavoro, ma di risolvere un problema. La crisi c’è e nessuno la nega, ma non dimentichiamo che facciamo parte di quel 10% di persone fortunate che vivono nel lato giusto del mondo. Quello dove esiste l’anestesia per i denti, quello dove non bisogna lavorare 6 ore per avere 1 minuto di luce, quello dove non si muore per un’influenza. Ripartiamo da questi presupposti per lavorare su di noi intensamente, a qualunque età. A 20 anni, a 30, a 50 se ce n’è bisogno (e ce n’è). Formarsi e migliorare sono due prerogative necessarie. Nessuno può più permettersi di pensare il contrario. La primavera non è garanzia di raccolto. La primavera è opportunità di raccolto.
E allora sfruttiamola questa opportunità. A fine serata mi sono fermato a scambiare due chiacchiere con Sebastiano, il tempo di una dedica sul libro “Dovresti tornare a guidare il camion Elvis” e una pacca sulla spalla. Mi ha trasmesso un’energia incredibile. Sono felicissimo di averlo conosciuto. Adesso scusate, ma devo andare ad affinare il mio talento. Quel poco che c’è. Non vorrei tornare a guidare il camion anche io. Visto che un paio di volte mi ci hanno già mandato. Ma questo fa parte della lezione. Sbagliare, ammettere, ricominciare. Io continuerò a rischiare e a investire su me stesso. Con permesso.
“La tendenza generale del mondo è quella di fare della mediocrità la potenza
dominante” (John Stuart Mill)
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ci sarebbe stata bene una virgola tra camion e Elvis, perché così sembra che il camion si chiami Elvis