Ho pianto poche volte a causa del calcio. Pochissime per colpa di un infortunio. Ma quel giorno ho avuto subito la sensazione che fosse successo qualcosa di veramente grave. Il campo scivoloso, la pioggia, i contrasti duri, la sua espressione poco tranquilla. Il 15 settembre 1991 ho visto giocare per l’ultima volta il campione della mia infanzia: Joao Paulo. Almeno per l’ultima volta ho visto giocare il calciatore che io conoscevo. Quello che tornerà in campo, quasi due anni dopo, sarà una copia sbiadita, un tentativo di rimanere attaccati al passato, un giocatore con tanto estro e poca forza, troppo poca. Siamo alla terza giornata del campionato ’91-’92, il Bari affronta la Sampdoria campione d’Italia. Nelle prime  due giornate i galletti hanno totalizzato un solo punto, in casa contro il Toro (gol su rigore di Platt ma prestazione opaca del capitano), ma c’è ancora fiducia intorno alla squadra. Il record di abbonati, la campagna acquisti faraonica, l’arrivo del capitano della nazionale inglese, David Platt, fanno pensare ad un’annata piena di soddisfazioni. C’è solo da mettere a posto qualche meccanismo. L’incubo del “tassello mancante” è solo un ricordo. Gaetano Salvemini ne aveva fatto il il liet motiv delle sue dichiarazioni nei primi giorni del ritiro a Mezzano di Primiero: dichiarazioni piene di condizionali, reticenti perchè intese, evidentemente, a depistare, ma forse perchè anche lo stesso tecnico aveva qualche dubbio. Poi è arrivato Platt e l’atmosfera, all’Hotel Salgetti e al campo, è cambiata completamente. Sorrisi e battute al posto delle facce scure, grande disponibilità e una fiducia ai limiti dell’euforia. Il nuovo Bari vince, per molti giornali, la campagna d’estate. Fin dall’inizio si era detto che la partenza di Pietro Maiellaro doveva essere in qualche modo compensata. Il Bari ci aveva provato subito con Platt, ma l’inglese aveva lasciato tutti con un palmo di naso; aveva corteggiato a lungo Detari, ma la trattativa non era approdata a nulla: aveva fatto un tentativo con Hagi ma il Real Madrid (pensate con chi trattava Matarrese all’epoca) lo aveva inserito tra gli incedibili.

La difesa appariva rinforzata dagli arrivi di Rizzardi, Progna e Calcaterra; il centrocampo poteva contare sull’esperienza di Fortunato; l’attacco sulla vena realizzativa (così diceva la Gazzetta, lo giuro) di Farina, scarpa d’oro in Belgio con il Bruges. Eppure tutti erano insoddisfatti, mancava la ciliegina. Finchè Platt non ha cambiato idea e ha detto sì. Mister 18 miliardi arriva a Bari come il nuovo Maradona. Un centrocampista talentuoso con il vizio del gol. Un numero 10 moderno, europeo, per una squadra che sia in grado di rinunciare all’improvvisazione (di cui Maiellaro era la massima espressione) a favore dell’organizzazione di gioco e del collettivo. Una scelta “europea” sia nel modulo tattico che nelle ambizioni. Il banco di prova contro i campioni d’Italia della Samp è di quelli che contano. Ma piove a dirotto e fa freddo, che cosa strana per una città come Bari, a settembre poi. Avrei dovuto capirlo subito che qualcosa di brutto stava per succedere. Pronti via e Vialli, al 7′ minuto trova il gol. Un grandissimo gol, mai visto prima su un campo da calcio. Un gol di testa rasoterra pieno di incoscienza, fiuto e talento. Il centravanti azzurro vede un pallone schizzare verso il centro dell’area e si tuffa sul terreno scivoloso, come in un cartone di Holly e Benji per colpirlo con la testa. Scelta di tempo perfetta, inzuccata rasoterra e rete dello 0 a 1. Il pubblico comincia a mugugnare. Ma dov’è la squadra “europea” di cui parlava Salvemini? Ci vuole un brasiliano per inventare qualcosa. Joao Paulo danza sul terreno bagnato, non sembra a suo agio ma avanza verso la porta di Pagliuca. Fa fuori Pari e Katanec in velocità e si appresta a dribblare il numero 6 della Samp. Un giocatore non troppo veloce, arcigno, rude, con i calzettoni abbassati e i parastinchi slacciati. Dovrebbe essere un gioco da ragazzi, per il brasiliano, saltarlo. Invece salta qualcos’altro e in tribuna si sente il rumore. Un parastinco di Lanna vola via e con esso la carriera di Joao. Lo stadio piomba nel silenzio. Joao resta a terra con la gamba distesa, immobile. Non urla, non batte i pugni, non protesta. Non si muove.

Guarda solo la gamba e forse capisce che la sua storia, la sua carriera è finita lì, su un campo bagnato, contro un difensore di nome Lanna. Ci vogliono cinque minuti per trasportare Joao Paulo fuori dal campo, il tempo di far entrare in campo un giovanissimo Caccia e capire che l’infortunio è gravissimo. Tibia e perone, ci vorranno 18 mesi per tornare in campo. Non avevo mai sentito parlare di Tibia e perone prima. Non pensavo mi sarebbero rimasti così a lungo nella mente quelle due parole, così collegate tra di loro. La mia partita onestamente finisce lì. Non ricordo più nulla di quel primo tempo, se non un Frank Farina totalmente abulico. Leggo la sua pagella della Gazzetta “Farina 4,5: l’australiano per ora non è nè carne nè pesce. Un cattivo impiego o crisi d’ambientamento? Comunque non è un fenomeno. Ergo: non era il caso di farlo scomodare a suon di miliardi“. Il secondo tempo inizia con un Bari più aggressivo. Salvemini mette dentro un’altra punta: Antonio Soda al posto del centrocampista Cucchi. La Samp arretra e Boskov si incazza con la squadra, adagiatasi sul risultato e sul titolo di campione d’Italia. Platt incomincia a prendere in mano la squadra. Non è un regista all’italiana ma ha sette polmoni, muscoli e capacità di dettare l’azione. Anche se è costretto a dialogare con un indecente Farina, e con due onesti mestieranti del pallone, uno dei quali all’esordio in serie A. Ma al 76′ dimostra anche un gran fiuto per il gol, si avventa in area su un pallone vagante e approfittando di un’uscita avventata di Pagliuca trova il varco giusto per infilare la porta della Samp con un potente diagonale. Un pareggio che profuma di volontà e di rabbia ma tutti, all’uscita, dopo il fischio finale dell’arbitro, sembrano interessarsi di più alle condizioni di Joao Paulo. Starà fuori per un po’, si è fatto male davvero –  mi dice mio padre. Bari ha trovato un campione nuovo, ma noi tifosi amiamo da sempre l’estro e l’improvvisazione, il giocatore che cambia la partita. E poi… Sai chi è quel giocatore che assomiglia al magico Pelè?

ps: Platt farà un grande campionato ma non basterà. La supersquadra, quella che doveva conquistare l’Europa a suon di miliardi retrocederà. Il nuovo megastadio voluto da Matarrese per un Bari “europeo” vedrà la Coppa dei Campioni solo ospitando la finale tra Stella Rossa e Olympique Marsiglia. Farina verrà ceduto a gennaio e Joao tornerà 18 mesi dopo, in serie B, contro la Lucchese. Ma non tornerà mai più il giocatore che era. Lanna per quell’intervento non subì neanche l’ammonizione.

prossima partita: Bari – Inter, 7 gennaio 1996

 

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

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