Quando penso ad un derby, il mio primo pensiero va alle partite conro il Taranto. Sarà perchè sono nato alla fine degli anni ’70, sarà perchè mia madre è tarantina e molti dei miei cugini sono tifosi rossoblu. Sarà perchè ho sempre nutrito un profondo rispetto per quella tifoseria, ma al tempo stesso una sana rivalità per la città dei due mari. Cozze crude contro cozze alla marinara, Peroni contro Raffo, gnim’ridd contro la sasizz do pais, chitemmurt contro citemmuert. Io mi sono sempre divertito, e spero che questa mia rubrica venga vissuta così, sportivamente e senza astio, da tutti. Certo (e qui si entra già in clima derby…) è più facile divertirsi quando i risultati sono spesso a proprio favore. Il Bari, almeno negli anni ’80, è quasi sempre riuscito ad avere la meglio sul Taranto, soprattutto al Della Vittoria. Allo Jacovone no. Lì andava di lusso se strappavi un pareggio e te ne tornavi a casa con il tuo bel punto.
Lo ricordo bene lo Jacovone, il “campo”, come lo chiamano a Taranto. Un fortino inespugnabile per me che ci ho visto giocare il Bari per ben tre volte, zitto zitto, accanto a mio padre, sperando che nessuno segnasse per non dover nascondere le mie emozioni. Sono stato fortunato, in questo senso. I derby che ho visto al campo del Salinella sono finiti tutti 0 a 0. Il 27 settembre del 1992, in serie B, si gioca il primo (e unico) derby ufficiale della storia al San Nicola. E’ la quarta giornata: dopo un campionato disastroso, inaspettato, il Bari di Platt, Boban, Jarni, Frank Farina e molti altri pseudo-galacticos presentati in un San Nicola strabordante di entusiasimo in una calda notte di agosto, è appena retrocesso arrivando terz’ultimo in serie A. Matarrese è scioccato: una squadra costruita, quella volta davvero, per “entrare in Europa dalla porta principale” si ritrova in serie B e con un parco giocatori completamente svalutato. Boban torna al Milan, Platt va alla Juve, Jarni resta a Bari. Un lusso per la serie B. Il presidente, nonostante la delusione, decide di provarci ancora e programma, almeno a parole, una pronta risalita in A. Arriva dal Messina il cannoniere Igor Protti, dalla Lazio il panzer italo-tedesco Bernadino Capocchiano, dalla Juve il fantasista Angelo Alessio, dal Foggia Nuccio Barone, dall’Atalanta Domenico Progna. Una squadra di tutto rispetto insomma, alla quale presto si aggiungeranno Joao Paulo (che sta recuperando dal brutto infortunio patito l’anno prima contro la Sampdoria) e due nuovi acquisti: il portiere Taglialatela, del quale si parla un gran bene, e l’attaccante Sandro Tovalieri.
Quest’ultimo ha iniziato la stagione con la maglia rossoneroverde dell’ambiziosa neopromossa Ternana. Ad agosto però, a causa di problemi amministrativi (pagamenti), molti giocatori si svincolano dalla squadra umbra accasandosi in altre società. Il Bari è lesto nel fiutare l’affare e si assicura un attaccante che in molti definiscono vecchio e adatto “solo a una discreta serie B“. Per la panchina viene scelto, a sorpresa, il brasiliano Sebastiao Lazaroni, allenatore della nazionale verdeoro ai Mondiali e con una esperienza in Italia, a Firenze. Dopo il calcio sparagnino di Salvemini e quello scellerato di Boniek (due retrocessioni di fila in due anni con Lecce e Bari) Matarrese sceglie un allenatore che crede nel possesso palla, nel calcio spettacolo e nel futbol bailado. Peccato che in attacco, al posto di Careca, il buon Sebastiao abbia Capocchiano. Il Taranto, nostro avversario, viene invece da una soffertissima salvezza. C’è voluto uno spareggio contro la Casertana e un gol ad un minuto dalla fine dei tempi supplementari, firmato dalla coppia Lorenzo – Fresta (http://www.youtube.com/watch?v=sTHO_nOo8Qw) per assicurare la permanenza in B ai rossoblu. I tifosi chiedono alla società una squadra che non li faccia più soffrire ma non bastano Ciro Muro e Claudio Nitti a raggiungere questo obiettivo. La partita si disputa al San Nicola alla quarta giornata.
Il Bari, superfavorito di quella serie B, ha totalizzato 2 punti in tre partite. L’esordio di Tovalieri e la storica rivalità con i cugini dei due mari sono gli ingredienti principali di questa sfida. Una sfida che inizio a sentire fin da un’ora prima, quando arrivo allo stadio. I tifosi del Taranto sono lì, nella curva sud riservata a loro. Hanno deciso di venire in tanti (non ho numeri in tal senso ma mi esprimerei sull’ordine dei 3000) per prendersi lo sfizio di batterci nel nostro stadio, uno stadio che mai hanno visto prima. Leggo i classici giornaletti prepartita e scorgo un articolo su Claudio Nitti, ex della partita. Lui, barese, gioca con la maglia del Taranto, ed è il figlio di Saverio Nitti, segretario del Bari. Dichiara di voler dare una grossa delusione al papà. Tempo 20 minuti ed è proprio lui, sgusciando tra le maglie biancorosse di Loseto e Di Muri, a procurarsi un calcio di rigore che Lorenzo trasforma con una botta secca e centrale. Ricordo ancora il boato della curva rossoblu. Un boato liberatorio, quasi incredulo. Il Bari fa fatica, Lazaroni ci capisce poco e si affida alle invenzioni di Barone e ai colpi del neo acquisto Tovalieri. Il Cobra ci mette 40 minuti a presentarsi al suo nuovo pubblico come solo lui sa fare. Siamo a fine primo tempo.
Terracenere ruba un pallone a centrocampo e mette al centro un cross sporco e difficile da controllare. Non per il Cobra. Volee improvvisa di sinistro che sposta la traiettoria del pallone, rendendolo impossibile per il portiere, e gol del pareggio. Lo stadio esulta, Protti raccoglie il pallone dela sacco per portarlo a centrocampo ma Tovalieri vuole liberare tutta la sua rabbia, esultare, ringraziare la curva. Sarà il primo di tanti gol e di tante gioie assieme. E il primo gol, non lo scorderò mai. Il secondo tempo inizia con il Bari deciso a chiudere al più presto la pratica. Passano 3 minuti e l’arbitro assegna una punizione dal limite dell’area. Sul pallone va Barone che pennella da sinistra sulla testa di Loseto. “Juan dang nu tuzz” gira sull’angolino alto, dove il portiere non può arrivare. Due a uno, il Bari sembra allontanare l’incubo di un altro pareggio. Non c’è infatti la tanto attesa reazione del Taranto. Nitti e Lorenzo vengono sostituiti da Fresta e Bertuccelli, ma la sostanza non cambia: il Taranto si è perso dopo il pareggio. Al 71′ è Protti a chiudere il conto. Servito in area da Alessio batte con un piattone all’incrocio il portiere tarantino. Sono tre, abbiamo vinto, possiamo esultare. Il Bari di Lazaroni si è sbloccato, abbiamo due attaccanti fortissimi e possiamo dire la nostra. Ma non sempre le squadre più forti vanno in A. Non sempre, sarebbe meglio dire, le squadre costruite per vincere sono più forti delle altre.
ps: l’anno scorso ho letto un bellissimo romanzo di Giuliano Pavone, si chiama l’Eroe dei due mari (Marsilio editore). Da lui ho imparato, una volta di più quanto sono ironici e appassionati i tifosi del Taranto. A tal proposito vi riporto una stupenda descrizione tratta dal suo blog leroedeiduemari.blog.marsilio.it nel quale si discute su quale possa essere stata per loro, tifosi tarantini, la partita più bella… “Fra tifosi del Taranto si discuteva di quale fosse la partita della squadra jonica che avesse regalato più emozioni. C’è chi ricorda gli spareggi di Napoli, chi riesuma il 3-0 al Milan in Serie B… Poi un tizio afferma sicuro: “Bari-Taranto 3-1, primi anni novanta, quella in cui passammo in vantaggio noi”. Gli altri sono quantomeno perplessi: “D’accordo – dicono – passammo in vantaggio noi, ma poi dopo dieci minuti pareggiarono e alla fine perdemmo…”. E il tizio, con occhi sognanti: “Sì, ma chidde dece minute…“ (“Sì, ma quei dieci minuti…”).”
Per ciò che mi riguarda: sensazionale.
pps: il Bari di Sebastiao Lazaroni, in effetti, stupì. Riuscì non solo a non andare in A, ma a perdere clamorosamente la partita chiave contro una squadra già retrocessa e smobilitata: la Ternana. Su quella partita si raccontano molti aneddoti. Pare che la squadra, in vantaggio a fine primo tempo, non avesse ricevuto garanzie riguardo ai premi. Ma di quella debalce parleremo in un’altra puntata.
Forza Bari, ora e sempre.