Dario Ciracì, Social Media Strategist e SEO Specialist, si occupa di sviluppare e implementare strategie web che unendo Social Media, Search e Content Marketing permettano ad aziende sconosciute di rendersi visibili sul web e ad aziende già note di aumentare la loro visibilità. Nel 2010 crea il blog Webinfermento, tra i più seguiti e apprezzati in Italia nel settore Marketing, che diventa anche la sua agenzia di consulenza. Ha lavorato per grandi e piccole aziende e in settori molto differenti raccogliendo numerosi casi di successo ed è spesso relatore ai più importanti eventi e master sul web marketing in Italia.

Sito web: www.webinfermento.it

Ciao Dario, sei stato uno dei primi a parlare della potenza, in termini di engagement, dei video. Mi sembra che i numeri ti stiano dando ragione.

Ciao Cristiano. Le prime avvisaglie sul fatto che i video avrebbero aumentato la loro efficacia e che sarebbero diventati tra i contenuti preferiti e consigliati dallo stesso Facebook si sono avute già da gennaio. Quello che mi ha fatto capire che questo trend stava assumendo importanza è stato il susseguirsi di 4 eventi che hanno condizionato il modo di un’azienda di gestire e comunicare con le pagine Facebook:

1) il calo drastico e generalizzato della visibilità organica a cui tutti gli admins hanno assistito a partire dalla fine dello scorso anno e che ha reso evidente una cosa fino ad allora ancora non chiara a tutti: se vuoi più visibilità devi essere disposto a investire in advertising.

2) l’inversione di tendenza nella capacità delle tipologie di contenuti a generare visualizzazioni. I video hanno raggiunto e quasi superato gli status update per numero di visualizzazioni medie. C’è da dire però, che le immagini riscuotono ancora il miglior coinvolgimento ed apprezzamento degli utenti.

3) l’introduzione dei video in auto-play che, seppur fastidiosissimi, sono consigliati dallo stesso Facebook soprattutto perché sarà possibile impostare campagne di advertising che facciano partire il video in auto-play agli utenti in target con la campagna.

4) la possibilità di nuove e potenziate statistiche video che presto gli admin di pagine avranno a disposizione.

Se questo è solo l’inizio di un trend, prepariamoci ad assistere nei prossimi mesi ad una maggior produzione e diffusione di video amatoriali e professionali realizzati dalle stesse aziende e/o celebrità.

È vero che i video homemade possono essere ancora più efficaci di quelli girati dai professionisti?

La costruzione di un piano editoriale ha un costo per le aziende. I contenuti vanno costruiti ad hoc e le risorse spesso coinvolte sono quelle di un grafico, di un copy e di un content manager. Finora la content strategy su Facebook si basava principalmente sulle immagini quale contenuto più diffuso. Ora volendo, sarà possibile diversificarla. Inizialmente potremmo pensare che realizzare video per un’azienda possa essere molto oneroso, ma riflettendoci, non è detto che bisogna per forza realizzare video professionali. Quelli potremmo lasciarli per gli spot, o per il video di presentazione da inserire sul sito web. Se pianifichiamo di produrre video utili alla nostra strategia editoriale su Facebook potremmo pensare di realizzarne uno a settimana con costi molto limitati. Pensiamo ai Google Hangout che permettono di realizzare interviste e molto altro.

L’idea, già intrapresa da molte aziende d’oltreoceano, potrebbe essere quella di realizzare video per raccontare l’azienda “vista da dentro”. Pensiamo a video amatoriali che mostrano un processo produttivo, interviste ai dipendenti o allo stesso amministratore delegato, ecc. Penso che un video amatoriale possa essere più efficace di quello professionale per un semplice motivo: non sarà qualcosa di “preparato” ma mostrerà il brand nella sua vera natura, evidenziandone il lato più umano e realistico, che è poi ciò che dovrebbe stare alla base del Social Media Marketing, l’azienda vista come un utente.

Meglio caricarli su Youtube e condividerli o uploadarli direttamente su Facebook?

Non mi risulta sia stato ancora fatto uno studio che evidenzi la maggior efficacia dei video in questo senso. Sicuramente consiglierei di utilizzare gli hangout on air di Google+ per realizzare interviste ad esperti che poi possono essere in automatico caricate sul canale YouTube ed essere pronte per la condivisione su Facebook. In caso contrario, se vogliamo trattenere l’utente dentro Facebook senza rimandarlo su un contenuto esterno, dovremo preferire dei video caricati direttamente su Facebook.

Numeri alla mano, quali sono i video più efficaci? In termini di durata, contenuto e forma.

Da quello che vedo, un video efficace solitamente è di breve durata (max 5-6 minuti), ha un titolo che potremmo definire “click-bait” (attira click, es. “VIDEO INCREDIBILE – Il gol più veloce della storia del calcio: solo 4 secondi!”) e il messaggio contenuto nel titolo del video (es. il gol più veloce della storia del calcio) lo si trova solitamente verso la fine del video, per fare in modo che l’utente sia quasi costretto a vedere tutto il video. Se ci fate caso, questi sono spesso i video, anche amatoriali, con il maggior numero di condivisioni e likes su Facebook.

Perché gli aggiornamenti relativi alle pagine sono scomparsi da Facebook?

Più che scomparsi potremmo dire che oggi gli aggiornamenti delle pagine sono più soggetti a filtri algoritmici. Un post su una fanpage, soltanto un anno fa, poteva garantirti fino al 70% di visibilità organica in più rispetto ad oggi. Ora, tranne per quei contenuti che riescono a diffondersi in maniera esponenziale e nel giro dei primi minuti dalla loro pubblicazione, non è più così. La motivazione è da ricercare fondamentalmente in 2 fattori, uno più naturale e uno più “obbligato”. Il fattore naturale è nella crescita quantitativa di contenuti caricati giornalmente dagli utenti, dalle pagine e dalle applicazioni, che rischiano, se non opportunamente filtrati, di saturare e rendere di difficile navigazione la bacheca del singolo utente (newsfeed).

Gli utenti iscritti alla piattaforma sono tantissimi, e il loro tempo di permanenza sulla piattaforma è in aumento. Se pensiamo al fatto che ogni utente pubblica sempre più contenuti e al fatto che, come utenti, siamo sempre più connessi ad altri utenti (gli amici), a pagine e ad applicazioni differenti, possiamo comprendere come Facebook debba necessariamente trovare un modo per non mostrare al singolo utente gli enne-mila aggiornamenti provenienti da tutte le sue connessioni ma soltanto quelli più rilevanti. Sintetizzando, potrei dire che Facebook, mediante i suoi algoritmi, ha definito il concetto di rilevanza per mezzo della misura di coinvolgimento di un contenuto, espresso in funzione della somma di likes, condivisioni e commenti, ma anche attraverso altri fattori, come affinità e tempo di decadimento (il cosiddetto algoritmo “edgerank). Il fattore più “obbligato” perché imposto ai brand è da ricondursi principalmente all’evento che ha visto Facebook diventare un’azienda quotata in borsa. Con la necessità di aumentare i suoi finanziamenti ha obbligato le aziende ad investire nell’advertising a pagamento per massimizzare la visibilità dei loro post.

Cosa dovrebbe fare un’azienda oggi per essere visibile?

In questo articolo che ho scritto qualche mese fa  ho raccolto alcune best practice che un’azienda può perseguire per rendersi ancora vincente su Facebook. Sintetizzo qui alcuni spunti:

– continuare a creare contenuti di qualità, non auto-promozionali ma informativi, utili e divertenti.

– realizzare dei video e comunicare con i video;

– analizzare le statistiche e comprendere quali sono i contenuti più apprezzati (soprattutto in termini di condivisioni)

– analizzare gli orari in cui la propria audience è connessa a Facebook

– creare iniziative coinvolgenti, come concorsi a premio, prodotti proposti e votati dagli utenti, o copertine della pagina proposte dagli utenti o realizzate con foto inviate dai fan della pagina.

Cosa cambia con il nuovo algoritmo newsfeed? Solo che le storie più coinvolgenti avranno vita più lunga?

Una cosa che ho notato subito dopo il forte calo di visibilità organica del mese di dicembre, è che il ciclo di vita medio di un contenuto si era accorciato. Accadeva cioè che se il contenuto postato sulla pagina non riceveva nei primi cinque, sei minuti di tempo trascorsi dalla sua pubblicazione, un numero sufficiente di likes, commenti e condivisioni, era destinato a morire in un lasso di tempo ancor più breve. In molti hanno infatti segnalato che, a partire da quella data, hanno smesso di vedere nella propria bacheca, gli aggiornamenti di molte delle fanpage che prima seguivano.

Un modo per allungare il ciclo di vita del contenuto è quello di analizzare nel dettaglio le statistiche dei post per capire quali sono quelli che generano il maggior numero di condivisioni. Questo perché l’azione di condivisione di un post da parte di un utente o una pagina, permette di esporre il nostro contenuto potenzialmente ad altre centinaia se non migliaia di utenti, allungando in questo modo il ciclo di vita del contenuto e magari aumentandone anche l’engagement complessivo.

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

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