Cosa succede se ti allontani per (poco meno di) una settimana da Facebook? La domanda è secca, cercherò di non dare una risposta banale. Ma facciamo un passo indietro: lasciatemi spiegare il perché di una mini dieta social. È stato un anno molto intenso: su Facebook ho lavorato, grazie a Facebook ho gestito due redazioni, su tutte quella di blogdisport, e scritto due libri (Lutto Libero e Che Storia La Bari). Su Facebook ho scritto, insieme a Luca Conti, un saggio per Hoepli, in uscita ad ottobre. Infine mi sono preso anche la briga, e ovviamente il piacere, di raccontare la Route 66 attraverso foto e video. Appena rientrato ho sentito il bisogno di staccare, anche per vedere un po’ se di Facebook posso fare a meno.

La mia risposta, decisa, è no. No, perché i vantaggi di Facebook sono infinitamente di più degli svantaggi. Non essere presenti su questo social vuol dire non sapere dove sono gli amici, cosa fanno, persino come stanno. Non esserci ci costringe ad usare comunque altri mezzi, a volte meno efficaci, per comunicare. Naturalmente non sto dicendo che bisogna essere sempre connessi. Una piccola dieta serve semmai a capire quanto tempo inutile passiamo su Facebook. Tempo che potrebbe essere dedicato ad un libro, ad una chiacchierata, ad una passione, al semplice ozio. La verità sta nel mezzo, come di tutti gli strumenti non bisogna abusarne. Quando ero adolescente e andavo in un pub gli “asociali” tiravano fuori dalla tasca il Nokia 3210 e si mettevano a giocare a Snake. Oggi si distraggono dalle conversazioni per andare su Facebook o su WhatsApp, ma la mia convinzione rimane una: gli asociali restano asociali a prescindere, non sono diventati così per colpa di Facebook.

Semmai, da spettatore passivo, ho potuto notare che in pochi utilizzano efficacemente lo strumento che permette di seguire le persone verso le quali si nutre un interesse concreto. Piuttosto che non seguire più una persona si preferisce criticarla: parli troppo di politica, parli troppo di pallone, parli sempre di figa, troppe foto al mare, troppi selfie. La cosa non mi sorprende, in un contesto in cui si tende, sempre, a preferire la critica all’azione. Non è così, forse, anche nella vita quotidiana? Nel caso specifico l’azione è più che mai concreta: basta interrompere le notifiche e scegliere di ricevere in bacheca esclusivamente quelle delle persone che scegliamo. Forse non sarebbe altrettanto divertente, ma vista la mole di link, video, foto e commenti che vengono pubblicati ogni giorno, perché dovremmo sopportare cose che non ci interessano? Eppure in molti lo fanno.

Poi, per il resto, è tutta una questione di abitudini e di carattere. Io amo condividere ciò che mi piace, e perciò è stato frustrante non poterlo fare in certe occasioni, per esempio durante il concerto di Caparezza, sabato sera. Mi rendo conto che per qualcuno sembrerà strano, ma per vivere a fondo le esperienze che faccio, ho bisogno di condividerle. O meglio, ho il piacere di condividerle. Ciò non vuol dire che debba essere per tutti così. Insomma, non mi sentirete dire che senza social si sta meglio, anche perché né Twitter né Google Plus possono sostituire Facebook, non in ottica mainstream, almeno. Il resto ve lo racconto poco alla volta su questo blog, con i contenuti extra di “Facebook, il marketing positivo” e poi, ad ottobre, nel libro in uscita per Hoepli. Raccontatemi anche la vostra esperienza. Ah, bentrovati a tutti.

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

3 Comments —

  1. Io sono tornata oggi dopo una disconnessione quasi totale dai social di oltre due settimane. Non è la prima volta che lo faccio da quando mi sono iscritta per la prima volta su Facebook, nel 2008. Cosa penso? Che è la miglior cosa da fare ogni tanto se si vuole riprendere in mano il cervello e il contatto con la vita.
    Ogni volta che ho rimosso i miei account sono tornata alla mia identità digitale molto rinnovata rispetto alla “versione precedente”, con energie molto più sviluppate e un sano senso della curiosità e della condivisione. Il mio spirito si è elevato perché ho potuto concentrarmi su altro, le amicizie importanti sono emerse più di prima, le connessioni davvero interessanti invece diventano dubbie nella maggior parte dei casi e si riescono a rintracciare connessioni professionali alternative molto molto più valide. I progetti rinascono, altri si rafforzano, altri finalmente si concretizzano perché c’è la concentrazione adatta per farlo. Per non parlare del fatto che si crea la condizione ideale per togliersi dagli occhi tutta quella roba che disturba la nostra quotidianità e minaccia la nostra serenità, visto che Facebook significa ormai anche rapporti sentimentali, gossip, frecciatine e cattiverie gratuite da parte di altri. Quindi, davvero: soprattutto se state partendo per un viaggio, chiudete tutto (o quasi) e andate leggeri. Tornerete molto sereni e migliorati, promesso!
    Lo so, sembrerà retorica, ma se non lo fate tutto vi sembrerà alieno. Quando invece siete solo troppo alienati da questa iperconnessione. 🙂
    E buon viaggio.

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