Coraggio. È la parola che ho letto più volte, da stamattina, quando mi sono svegliato ed ho iniziato a scorrere il feed di Facebook, Instagram, Twitter e LinkedIn. Ci hanno detto che abbiamo avuto coraggio, ed è stato bellissimo. Perché se c’è una cosa che non mi è mai mancata, cazzo, è proprio il coraggio. Che poi non vuol dire – come ha scritto giustamente qualcuno – essere invulnerabili, anzi. Per esempio io non mi lancerei mai con un paracadute, o non camminerei mai su un filo sottile d’acciaio. Eppure in questi giorni, davanti ad una platea di 300 persone, mi sono sentito a casa mia. Che poi, effettivamente, ero a casa mia, ma dovrei spiegarvi bene il mio concetto di casa e adesso farei anche molta fatica. Però tenete a mente questo particolare, perché tornerà.
La Content Academy Masterclass è stata una cosa bellissima. Niente iperboli da motivatori, semplicemente bellissima. Mi basta leggere i feedback mai richiesti, e forse per questo così numerosi, di chi a queste tre giornate ha partecipato. C’è chi ha parlato di un evento mai visto prima, di un nuovo standard, di uno stile tutto nostro. E la cosa bella è che non lo abbiamo detto noi. Ce lo hanno detto mentre ci fermavano nei corridoi, tra un caffè, un pezzo di focaccia e una parmigiana. Ce lo hanno scritto, e ci hanno fatto pure sentire importanti, a tratti. So che è facile scriverlo ora, col senno di poi. Ma la verità è una sola:
Siamo solo stati noi stessi.
Abbiamo preso il meglio da ciò che abbiamo imparato in giro, senza copiare e scimmiottare nessuno. Chi copia è triste. Chi imita è perdente dall’inizio. Abbiamo trasformato tutto ciò che non ci è piaciuto, delle nostre esperienze precedenti, in un punto di forza. I capi troppo autoritari e mai autorevoli, le persone trattate come numeri (noi le abbiamo chiamate per nome, tutte), le aree vip (mi stanno sul cazzo dai tempi della discoteca, figuriamoci agli eventi), il rigore eccessivo che ci siamo divertiti a prendere in giro mangiando la focaccia seduti sul palco o portando caffè e crostata a Nicola Carmignani. E poi tanti anche particolari che hanno reso l’evento più leggero senza rinunciare alla cura del dettaglio, alla precisione ossessiva (chi doveva portare l’acqua?!), alla concentrazione di tutti, sempre e comunque.
In fondo noi non abbiamo inventato nulla, semmai abbiamo modellato. Basta prendere in mano l’ultimo libro di James Kerr – grazie a Francesco per avermelo regalato -, che parla di rugby, ma solo per chi non guarda al di là del proprio naso, e leggere i 15 principi guida:
- Pulisci gli spogliatoi
- aggredisci gli spazi
- gioca con uno scopo
- passa la palla
- crea un ambiente di apprendimento
- niente teste di cazzo
- abbraccia le aspettative
- allenati per vincere
- mantieni una testa blu (questa è difficile)
- conosci te stesso
- i campioni vanno oltre
- inventa il tuo linguaggio
- ritualizza per attualizzare
- sii un buon antenato
- lascia scritto la tua eredità.
Il libro si chiama come il punto 6, che è quello che racchiude tutto: niente teste di cazzo. E così siamo riusciti a creare un ambiente completamente privo di odio, di invidia, di cattiveria. E di questi tempi, è l’impresa più bella che potevamo fare. Sulla qualità degli interventi cosa volete che dica? Potevo mai avere dubbi su Andrea Fontana, i ragazzi di BMark-MartinBrando-Subway, Valentina Vellucci, Ale Agostini, Paolo Iabichino, Francesco Poroli, Michele Dalai, Veronica Gentili, Nicola Carmignani e Food Spring (gli unici ai quali è stato concesso un selfie sul palco!), Valentina Falcinelli e Matteo Caccia? Non ne avevo. Nessuno di noi ne aveva. Ma come ho detto sul palco: gli ingredienti buoni ci sono, in giro. Possono essere più o meno costosi, ma ci sono. È metterli assieme che è difficile.
Poi ci sono tante altre citazioni in giro, una va per la maggiore, ma mi è venuta così. Non ci ho nemmeno pensato tanto, è stata spontanea. Quel “senza ispirazione è una vita di merda” che provvederò a registrare alla Siae. Come la nostra playlist, mai casuale. Perché la parola “coraggio”, di cui sopra, è presente nel pezzo di Diodato, Adesso “Tu che nome dai, al tuo coraggio”, in quello di Cosmo, in La tua canzone dei Negrita “Resta ribelle, non ti buttare via”. Ho imparato tante cose, in questi anni, che mi hanno aiutato a realizzare una cosa bella. Le ho imparate sui libri – sempre siano benedetti – online, agli eventi, ma sopratutto le ho imparate quella volta che ho fatto una fila assurda o in cui sono stato trattato non benissimo in un locale. Tutte le volte che non mi sono sentito al centro di qualcosa. Le ho imparate andando al cinema, al teatro, al ristorante, ad un convegno (triste) fuori città. E ancora: le ho apprese diventando amico, senza doppi fini, di persone immensamente più brave di me come Michele e Matteo. Giganti.
E quindi grazie a chi c’è stato, a chi stamattina ha dedicato 10 minuti ad un post su facebook per noi, a chi vuole iscriversi alla prossima Content Academy Masterclass senza sapere nemmeno chi ci sarà sul palco. Ad Anche Cinema (grazie Andrea, Annarita e tutto lo staff), a chi ha lavorato per me e per noi in questi giorni, sempre con il sorriso, mai con quello di circostanza. Grazie a mia madre che non c’è più, ma che viveva per me come mi ha detto stamattina una persona che mi ha riconosciuto, alle Poste. E mi ha lasciato la serietà, la leggerezza, l’ambizione, e pure la sfida: “non si possono fare cose belle a Bari“, mi diceva sempre.
Non dite a mia madre che, invece, ci sono riuscito.