Se negli ultimi tempi ho scritto meno, su questo blog, è perché ho diverse collaborazioni editoriali. Scrivo di lavoro su Senzafiltro, di calcio su Esquire e di digital marketing su SemRush, più articoli spot per altre testate. Sono sempre più giornalista – o brand journalist – e sempre meno blogger. Un obiettivo che mi ero dato qualche anno fa, non tanto perché reputo una cosa più nobile dell’altra (non lo è), ma perché rischiavo seriamente di appiattirmi scrivendo solo per i motori di ricerca o per il mio personal branding. Di conseguenza, negli ultimi tempi, ho scritto molto meno per questo blog. Di solito lo faccio solo se ho un po’ di tempo (oggi ce l’ho) e se ho qualcosa di particolarmente intimo e importante da dire.
Credo di avere anche quello, ma andiamo per ordine.
Sto leggendo un libro molto bello, si chiama “Uccidi il marketing” (Joe Pulizzi) e parla di quanto sia importante per le aziende trasformarsi in media company, producendo dei contenuti coerenti con i valori del brand. Lo trovo interessante non perché dica qualcosa di particolarmente nuovo o sconvolgente, ma perché descrive uno scenario in cui i marchi andranno direttamente dai consumatori, anziché affidarsi ai canali media tradizionali. In poche parole, il libro spiega perché tutto quello che facciamo deve essere un catalizzatore per il dialogo. Che è qualcosa di molto diverso dal “purché se ne parli“. In un mondo stracolmo di nuovi incredibili strumenti per coltivare community, clienti, consumatori e fan, bisogna mirare, sempre di più alle conversazioni dirette. Non lo dico io, anche se lo penso, ma Linda Boff, dirigente area marketing di General Electric.
Siccome leggere libri di marketing mi piace, ma non quanto leggere romanzi, mi sono messo in testa di provare a mettere in pratica alcuni passaggi del manuale nella mia quotidianità professionale. E sto lavorando duro per poter creare (o co-creare, nel mio rapporto giornaliero con gli influencer) contenuti che vadano sempre di più in questa direzione. La mia idea di storytelling, oggi, è molto diversa da quella che avevo tre o quattro anni fa. I contenuti “sicuri” non fanno la differenza: i simili generano simili. Oggi più che mai le aziende hanno bisogno di scegliere il cosiddetto “content tilt“. Una linea editoriale che si differenzi da quella dei concorrenti e che contribuisca a fidelizzare il pubblico.
Non è semplice, ci sto lavorando con una multinazionale, con alcune aziende locali, con il business della formazione. In quest’ultimo caso sto cercando, assieme ai miei soci, di diversificare sempre di più l’offerta. I corsi di formazione sono tantissimi, i docenti bravi (e abituati a parlare in pubblico) sono sempre quelli. Li conosciamo, sappiamo chi sono, e non è corretto affidare a loro la responsabilità di riempire la sala. Conosco molte persone che credono basti affidarsi ad un nome più o meno noto per fare tanti iscritti. Non è così. Può capitare una volta, ma non è quella la strada da seguire. Può sembrare semplicistico dire che bisogna creare un brand e una storia, ma è esattamente quello che va fatto. Poi è chiaro che gli ospiti, con le loro competenze, facciano la differenza.
Il vero successo, per chi lavora in questo campo – e io ci lavoro da pochissimo tempo, per questo citerò esempi virtuosi di altri – sta nel fidelizzare il pubblico. Ieri ho fatto iscrivere una ragazza che lavora con noi, Isabella, a Play Copy, il convegno di Valentina Falcinelli. Non ho avuto bisogno di leggere il programma, mi è bastato il nome. Permesso accordato. Questo vuol dire creare un brand e una storia. Nessuna invenzione, la linea narrativa è coerente con tutto ciò che fanno dalle parti di Pennamontata. La (mia) Content Academy è molto giovane. È un’ambizione, più che un’impresa (regolarmente iscritta al registro delle imprese come srl, è bene dirlo). Quella del 2019 sarà solo la seconda edizione della Masterclass. La prima è andata molto bene e siamo sicuri che ci siano i presupposti per fare un secondo anno di altissimo livello. Per raccontarci abbiamo scelto le community di Facebook e Linkedin, il rapporto diretto con noi, la strada della media company, che è molto più complessa di quella del funnel (per la cronaca, non ho nulla contro i funnel). Siamo piccoli, dobbiamo creare dei motivi per venirci a scoprire, a Bari, e adesso che iniziano ad esserci chiari, possiamo condividerli con il nostro pubblico.
La mia visione incomincia ad essere più chiara, e così ho scelto di mettere nero su bianco alcune delle cose che vorrei fare, nei prossimi anni. Così diventano un impegno. E quindi:
- Vorrei una scuola di formazione dove si lavora, ogni giorno, su progetti veri. Non solo su power point o excel, ma su tutte le complicazioni quotidiane: i brief incompleti, le mail da scrivere, le responsabilità da prendersi. Tutte cose contro le quali poi ci si scontra in azienda.
- Vorrei una scuola di formazione dove la pratica viene prima della teoria, perché spesso in azienda è così. La teoria si fa a lavori in corso. Si ferma tutto, si spiega, si ripete, si riparte.
- Vorrei una scuola di formazione dove alle 18.00 bisogna chiudere i progetti e andare a casa. Al massimo ci si può fermare un’ora in sala lettura. Poi tutti fuori a fare altro. I Master che hanno formato giovani che arrivano in azienda con l’idea che lavorare fino a tardi sia figo hanno contribuito a creare una situazione professionale fuori dal controllo (e spesso a scapito della qualità).
- Vorrei una scuola di formazione in cui si passa del tempo con i docenti, anche fuori dall’aula. In cui si creano relazioni virtuose, rapporti solidi, scambio.
- Vorrei una scuola di formazione che mi permetta di rispondere a tutte le richieste della aziende che mi chiedono social media manager, digital strategist, copywriter, storyteller, esperti di influencer marketing con un “Certo, ti mando lei/lui è bravissimo“. Ho diverse richieste inevase, e questo mi provoca una grande amarezza.
- Vorrei una scuola di formazione in cui formare i prossimi professionisti, ma anche i prossimi speaker, perché siamo sempre gli stessi a parlare in giro, e mi piacerebbe dare delle opportunità a chi magari non lo ha mai fatto. E perché no, anche gli strumenti. Come altri fecero con me quasi dieci anni fa.
Prendetelo come uno dei miei buoni propositi del 2019, uno di quei propositi non richiesti che però restano qui, insieme alle riflessioni sul content marketing, sullo storytelling, sull’influencer marketing, sul mio futuro. Sempre meno incentrato su di me e sempre di più sulla prospettiva di una media company che crei valore al di là dei contenuti.
Ciao. Ti seguo da anni, prima sui tuoi libri e da un anno su Instagram. All’inizio con maggiore disinvoltura, oggi con grande difficoltà perché ultimamente si sono notevolmente ridotti, sia il tempo che la formazione che invece sono stati in passato i migliori compagni di viaggio…Avrei voluto partecipare già l’anno scorso e ancor di più quest’ anno, perché sto gettando le basi per un piccolo progetto…ma il gap è notevole. Il mio proposito per il 2019 è quello di iniziare il recupero…chissà forse riuscirò a partecipare in futuro, certa che non solo invertirai la tendenza, ma farai anche tendenza con il tuo nuovo approccio alla formazione. Io, intanto con i miei limiti, continuerò a seguirti. Se sei arrivato fin qui, grazie.
Ciao Sandra, grazie per le tue parole. Il tempo, quante volte penso di non averlo. Siamo sempre impegnati, sempre a correre e rincorrere qualcosa. È proprio in quei (rari) momenti in cui ci fermiamo che abbiamo l’opportunità di porci nuovi obiettivi, anche ambiziosi e visionari come questo. Ti aspetto a Bari. Fidati, ne vale la pena.
Che bello questo articolo Cristiano. Grazie, perché dai una grande fiducia a tutti noi qui fuori. E niente, vorrei tanto un posto che mi insegnasse a fare la speaker ma che mi desse allo stesso tempo la possibilità di crearmi una rete forte. E anche se siamo ai due estremi dell’Italia (io sto a Bolzano) io il tempo me lo prendo per vivere La Content Academy. Ci vediamo a Bari e intanto continuerò a seguirvi ☺️☺️☺️
Ciao Roberta, grazie per il tuo messaggio. Lo facciamo, lo facciamo. E mi sa non solo a Bari. Noi intanto ti aspettiamo in Puglia perché, insomma, a maggio vale proprio la pena!
Formazione attiva…mi sa che avevamo in mente, seppur da lati diversi, la stessa necessità. Oltre ad una visione sempre a step forward. Complimenti a te!
Cercheremo di fare qualcosa di davvero unico. A partire dal fatto di formare persone più “impiegabili” che impiegate.