C’è una costante di questo inizio anno, per la terza volta di fila siamo di fronte al famigerato “anno dei video“. E tutti ad organizzarsi con luci, microfoni, cavalletti, trucco e parrucco. Ho recentemente visto un video del mio amico Leonardo Prati che dice una cosa giustissima: la cosa più sbagliata del mondo è voler assomigliare a tutti i costi a qualcun altro. Nello specifico, parlando di video, il paragone con Marco Montemagno è impietoso. Può piacere o no, può dire cose condivisibili o meno, ma la sua capacità di bucare lo schermo – almeno quello dello Smartphone – è innegabile. Robin Good divide con lui il podio, seppur con un approccio completamente diverso. Per mia indole, lo preferisco, ma sono di parte, considero Robin un punto di riferimento. Credo che al gradino appena sotto ci siano Matteo Flora (più nerd, ma molto molto competente), Riccardo Scandellari aka Skande, più focalizzato sul tema del Personal Branding, Rudy Bandiera con il suo Divanone e lo stesso Leonardo Prati.
Ma questa non è una classifica, semplicemente una constatazione che chi fa la differenza la fa perché approccia allo strumento con un proprio format e un proprio stile. Facebook, ma anche il mondo, possono fare a meno dei nostri video, a meno che non abbiamo qualcosa di particolarmente interessante da dire o una faccia che buca la schermo. Se abbiamo entrambe le cose, e magari anche gli strumenti giusti, allora ci si può provare.
Ma quindi, Cristiano, mi stai dicendo che non devo credere che il 2017 sarà l’anno dei video?
No, non sto dicendo questo: sto insistendo sul fatto che i contenuti possono essere veicolati tranquillamente in un altro modo. Se sei bravo a scrivere, se raggiungi il tuo obiettivo con i post, continua pure a farlo. Se vuoi iniziare pian piano con dei video in cui dai un valore aggiunto, parti con quelli registrati, non con i live, sono più rischiosi e rischi di bruciarti subito. Pena perdere la credibilità per sempre.
Ma sopratutto inizia a parlare in pubblico. Stiamo vedendo, nello stream di Facebook, persone che mai prima di ora avevano parlato in pubblico, in palese difficoltà davanti ad una micro-camera. Persone che abitualmente non gesticolano, agitarsi più di Mourinho in panchina. E ancora, persone che non hanno mai scritto un post in vita loro, sciorinare pillole di business a tutti gli smartphone del mondo. Il mio approccio al video – e non è detto che sia il migliore – è lento e sospettoso. Alcuni clienti mi hanno chiesto dei video, sto facendo degli esercizi, perché onestamente sono più abituato a scrivere che a declamare. Sto cercando pian piano il mio stile migliore, il mio tono di voce, l’orario migliore (fino alle 10 ho una faccia che mi prenderei a schiaffi da solo, poi la luce cala quindi direi che finché non mi procuro due lampade tra le 10 e le 12 è l’orario), i temi in cui sono più credibile e che possono offrire un vero valore aggiunto a chi mi ascolta.
È un lavoro difficile, lungo, che deve passare da prove e feedback spietati, che sto già ascoltando. Ma soprattutto deve passare dalla consapevolezza che il 2017 è l’anno dei video, ma l’anno dei miei video può essere pure il 2018. Caso mai non dovessi riuscirci, potete continuare a leggermi.
Morale per i frettolosi: i video funzionano e lo dicono i numeri, ma non sempre i numeri dicono il vero. Si potrebbe avere molto engagement perché banalmente siamo “simpatici” e poche richieste di collaborazione perché magari non diamo valore aggiunto. Credo altresì che i video funzionino benissimo se vi è la consapevolezza che il cammino per produrre contenuti di qualità (in formato video) è lungo, e necessita:
- Allenamento, sopratutto a parlare in video
- Test (registrare, editare, pubblicare, raccogliere feedback)
- Individuazione di uno stile e di una nicchia
That’s all, folks. La prossima volta ve lo dico con un video.