A volte ci sono partite che, non si sa per quale motivo, finiscono nel dimenticatoio. Il tifoso del Bari ricorda benissimo le vittorie contro l’Inter, quelle contro la Juve, i derby e qualche partita speciale come quella contro il Castel di Sangro, ma dimentica in fretta vittorie sonanti come quella che mi accingo a raccontare. E sì perchè il 12 settembre del 1993, nonostante in molti abbiano dimenticato quella data, il Bari disputa una delle gare più spettacolari della sua storia recente, a Vicenza. Il match rappresenta un crocevia importante per la squadra di Materazzi, chiamato a lavorare sulle ceneri degli investimenti falliti e degli errori di mercato marchiani degli anni precedenti. Il Bari ha le ossa rotte. La stagione 1991-1992, in serie A, si è conclusa con un’amarissima e inaspettata retrocessione. Il Bari presentato al San Nicola in una notte d’agosto con le stelle David Platt, Frank Farina e Joao Paulo, destinato a conquistare l’Europa e a battere il record di abbonamenti (cosa davvero avvenuta) si scioglie come neve al sole. Farina dimostra di essere un brocco clamoroso, Joao si fa male dopo tre giornate e perde la stagione, Boban è ancora giovane e acerbo per il campionato italiano, Platt si rivela il campione che è ma predica nel deserto e retrocede assieme alla squadra. L’anno dopo, stagione 1992-1993, Matarrese si affida a Lazaroni per una pronta risalita. Platt come promesso va a giocare in una grande (la Juve) ma il Bari, ancora una volta, non bada a spese. Arrivano Protti, Capocchiano (descritto come il nuovo panzer italo-tedesco), Tovalieri, Barone, Alessio, Taglialatela. Una squadra di vecchi marpioni destinata ad ammazzare il campionato. Ma il Bari, imprigionato negli schemi del joga bonito dell’ex allenatore della Selecao e della Fiorentina, riesce a sperperare tutto in una domenica di marzo, a Terni, contro una squadra già retrocessa, fallita e con tutti i giocatori in partenza. Le cronache (e i gossip) parlano di un accordo tra i giocatori a fine primo tempo per far saltare tutto. Il Bari arriva decimo e rimane in serie B. La stagione 1993-1994 inizia sotto altri auspici.

Matarrese dice di essere stanco di spendere e chiede a Regalia di costruire una squadra di giovani. Tornano a Bari i giovanissimi (baresi) Bigica, Amoruso e Tangorra. Dalla serie C arrivano i difensori Mangone (Solbiatese), Ricci (Viareggio) e il centrocampista Pedone (Como). In porta Jimmy Fontanta dal Cesena. La continuità è rappresentata da Barone, Alessio e dalla coppia d’attacco Protti – Tovalieri, che deve rilanciarsi dopo una stagione di luci e ombre. I tifosi sono perplessi. La squadra è molto giovane, la maggior parte dei giocatori non ha mai giocato in serie B, l’ambiente dopo due stagioni nere è depresso. Se ne accorgono presto anche i giocatori. Le prime due giornate mostrano una squadra vivace ma con il freno a mano tirato. Pareggiamo a Lucca ma soprattutto pareggiamo in casa 0 a 0 contro il Monza, tra i fischi. Uscendo dallo stadio sento pareri piuttosto uniformi. “A do a ma scì co chess squadr…” è il ritornello più diffuso. Una settimana dopo il Bari affronta un Vicenza in forma, partito molto bene e con i favori del pronostico. Siamo alla terza giornata ma una sconfitta potrebbe essere percepita molto male dall’ambiente. Il Vicenza gioca con la tradizionale casacca a righe biancorosse (adoro queste frasi d’altri tempi) il Bari incappa nel primo inconveniente di giornata. Ha portato in trasferta solo due mute: la bianca e la rossa. Per l’arbitro non va bene nessuna delle due. I padroni di casa anzichè cambiare maglia decidono incredibilmente di “prestarne” una ai galletti. E così per la prima e unica volta nella sua storia il Bari gioca in maglia verde, con lo sponsor Pal Zilieri coperto da un nastro. I vicentini ignorano che il verde è il colore della speranza, evidentemente. E in effetti tutto sembra mettersi benissimo. Per loro.

Passano 5 minuti e una punizione del fantasista Viviani si infila all’incrocio dei pali della porta difesa da Fontana. Sembra l’inizio della disfatta ma un minuto dopo anche il Bari usufruisce di una punizione dal vertice destro dell’area. Sul pallone va Nuccio Barone, uno dei pochi giocatori confermati della squadra dell’anno prima, contestatissimo dal pubblico (dopo un gol in Bari – Cosenza 1 a 2  mandò a quel paese tutta la tribuna est reo di averlo fischiato), e si inventa una parabola che va a togliere le ragnatele della porta difesa da Sterchele. Uno a uno, due gol in 6 minuti e la partita che si preannuncia spettacolare. In realtà non accade più nulla fino alla fine del primo tempo. Il Bari ha una buona occasione con Pedone, il Vicenza con il solito Viviani ma le emozioni finiscono qui. Secondo tempo: Il Bari si presenta aggressivo, tonico, sembra uscito dal letargo. Amoruso mette la museruola agli attaccanti veneti, Bigica inizia a disegnare geometrie importanti e al 54′ Tovalieri in versione assist man imbecca Protti che solo in area lascia partire un destro secco e angolato per il vantaggio del Bari. Uno a due, il verde della maglia inizia a portare fortuna, la speranza è la nostra: quella di poter vincere la prima partita di questo campionato. Il Vicenza si butta in avanti per provare a pareggiare ma si scopre per i contropiedi biancorossi (pardon, verdi). Il difensore Civeirati commette fallo da ultimo uomo e viene espulso. Il Bari gioca (bene) sul velluto e Tovalieri si trova sui piedi il pallone del tre a uno. Il cobra non è uno che perdona. E infatti non lo fa. Scavetto al portiere che si avventa sui suoi piedi in uscita e gol del 3 a 1 al 64′. Partita in cassaforte. Ma il Bari e i suoi attaccanti non si fermano. All’84’ è ancora Protti che entra in area, si allarga, evita Sterchele e lo batte per la quarta volta. Tre minuti dopo stessa azione ma questa volta Protti, scatenato, colpisce il palo. La sfera finisce tra i piedi sapienti di Alessio (entrato a partita in corsa con il numero 14) che con calma olimpica (ne ho detta un’altra) mette a terra, fa sedere i difensori e con un preciso rasoterra fissa il risultato sull’1 a 5. Una vittoria sonante, importante, per una squadra che fino a qualche ora prima destava molti dubbi. Ma Bari, come dirà Ventura, “ha il fascino dell’esagerazione”. La piazza si scalda facilmente e l’entusiasmo si accende in giornate inaspettate come questa, in una partita giocata con la maglia verde. Quella del 12 settembre 1993. Quando scoprimmo di avere un mix interessante di giovani baresi e vecchi marpioni e soprattutto due attaccanti da serie A. E serie A sarebbe stata. Inaspettata, non programmata e, per questo, ancora più bella.

ps: in quella stagione il Veneto fu particolarmente accogliente con il Bari. Dopo la goleada a Vicenza passammo anche a Padova, contro la squadra che sarebbe salita con noi in serie A, e passeggiammo a Verona dove vincemmo per 4 a 0. La maglia verde non fu più usata.

prossima partita: Lecce – Bari, 17 maggio 2008

 

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

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