Finalmente, dopo 3 romanzi e 2 racconti brevi (e mia madre che mi dice “Ma non puoi drogarti come tutti gli altri?“) è uscito il mio primo saggio. Siccome sono uno che le cose vuole farle bene, l’ho scritto con Luca Conti e l’abbiamo pubblicato per Hoepli, collana Web Marketing 2.0. Per non farci mancare niente l’ho presentato ieri allo Smau, in un workshop chiamato Il Marketing Positivo di cui vi ho allegato le slide.
Questo libro non vuole essere né un manuale di istruzioni, né una guida da consultare in caso di necessità. È il frutto di un’idea che nasce dall’esperienza diretta, pratica e quotidiana, sul social network più famoso del mondo di chi questo libro l’ha scritto, delle aziende e dei testimonial che si sono confrontati con noi in questi mesi raccontandoci certezze, obiettivi e prospettive del marketing online. Prima dell’avvento di Facebook la comunicazione era diversa, non necessariamente migliore, ma differente. L’approvazione sociale, uno dei cinque gradini della piramide di Maslow, era un beneficio per poche persone. Anche l’autorealizzazione, altro gradino tra i più alti della scala, non veniva considerata come un desiderio da appagare quotidianamente. Oggi, centinaia di milioni di persone la cercano attraverso un Like (il “Mi piace” che tornerà spesso in queste pagine) o tramite un commento a una foto pubblicata. Questo volume parte da qui.
Le strategie di molte aziende, multinazionali o piccole medie imprese che siano, non possono prescindere da questo assunto fondamentale: Facebook ha cambiato il modo di intendere le relazioni online e la pubblicità. L’interruption marketing, quello con cui ci siamo confrontati per anni, dai tempi di Mike Bongiorno passando per Iva Zanicchi e OK, il prezzo è giusto!, è una tecnica meno efficace, quasi obsoleta. La pubblicità che gode di maggiore ritorno, certamente online, per poter funzionare non può essere invasiva, ma profilata. È il cliente, che nel frattempo è diventato preparato ed esigente, a chiederlo. In questo scenario, chi meglio di Facebook conosce i nostri gusti? Perché dovremmo pensare, da utenti, che tutto ciò sia necessariamente un male? Facebook offre una serie di servizi che, se usati bene, sono in grado di migliorare la nostra vita.
Quanto vale un servizio che ci mette in contatto con tutti i nostri amici, abbattendo ogni barriera spazio-temporale, permettendoci in un attimo di parlare (gratis) con una persona cara dall’altra parte del mondo? Quale valore ha un mezzo che ci consente di pubblicare un video, un album di fotografie, un pensiero, con community dove conoscere e interagire con persone che hanno i nostri stessi interessi o che si possono rivelare fondamentali per il nostro lavoro? In questa ottica, scambiare questi servizi, e molto altro, in cambio dei nostri interessi personali diventa un compromesso che i più considerano un affare. Tutto ciò è ancora più vero se consideriamo che tale scambio avviene su base volontaria, senza nessuno che ci costringa a fornire alcun dato. Tutto ciò che avviene su Facebook è il frutto delle nostre scelte personali.
Non si contano più le piccole attività, gli hotel, i ristoranti, le amministrazioni pubbliche, le aziende grandi e meno grandi, le associazioni non profit, i musei, i giornali che, anche in Italia, trovano in Facebook un canale privilegiato con il quale entrare in relazione con il pubblico di lettori, clienti, soci o utenti. Nel mondo sono oltre un miliardo gli oggetti (pagine, gruppi, eventi) creati per comunicare, promuovere, dialogare e fare business nel social web di Facebook.
Nei prossimi giorni, su questo blog, nella sezione Facebook Marketing (sì, proprio quella dove sei adesso) troverai contenuti extra rispetto al libro e tutte le interviste alle aziende e ai blogger che ho realizzato in questi sei mesi. Non vedi l’ora di leggerle, vero?