Eravamo giovanissimi. Eravamo sognatori, ma non così tanto. Andammo allo stadio per fede, più che altro. Un derby è un derby, anche se il Lecce è 13 punti più avanti di te. Il Bari viene da una serie incredibili di risultati negativi. Fascetti è in discussione, il pubblico contesta, alcuni giocatori, Ingesson e Doll su tutti, vengono accusati di scarso impegno e fischiati all’antistadio. La serie A, tanto agognata in estate, con una rosa costruita per vincere subito, è solo un utopia.
È il 5 aprile del 1997. Una vita fa. Nelle sale cinematografiche c’è Titanic, Leonardo Di Caprio è il sex symbol femminile, le Spice Girl il sogno di tutti gli uomini. I Daft Punk hanno appena lanciato una delle più belle canzoni di tutti i tempi, Around the world, in discoteca si balla la Macarena, Nek ci informa che Laura non c’è, i Verve spopolano in radio con la bellissima Bittersweet symphony, gli Articolo 31 stanno per lanciare Funkytranqui. I giovani indossano il Barbour, un giubboto di cerata che puzza, il sabato sera i ragazzi baresi vanno a ballare allo Snoopy a Bitritto o al Jimmiz di Mungivacca che propone due serate: quella under 18 alle 21 e quella over, dopo la mezzanotte. Nel Barcellona gioca un fenomeno che si chiama Ronaldo, il Governo Prodi è il cinquantesimo della Repubblica italiana.
Si gioca di sabato sera, anticipo di Telepiù, e il San Nicola si illumina. Il Bari arranca e sfida il favoritissimo Lecce di un certo Giampiero Ventura. Lo stadio è semivuoto, ormai in città nessuno crede più alla possibilità di andare in serie A. Nel Lecce ci sono giocatori di assoluto valore: l’attaccante Palmieri, barese, il difensore Servidei, il portiere Lorieri, spesso vicino al Bari in passato. Il giovane nazionale under 21 Bachini, talento che finirà prima alla Juventus, poi nel tunnel della droga. Pare si sia rimesso bene, adesso. Nel Bari c’è Fontana in porta, Garzya e Montanari dietro, il contestato Ingesson a centrocampo. Fascetti ripropone Doll (un grande campione il cui rendimento è condizionato da gravissimi infortuni) e davanti sceglie la coppia Guerrero – Ventola, preferiti ai giovani Flachi e Di Vaio. Quest’ultimo è una delle pietre della discordia tra l’allenatore di Viareggio e il pubblico: “I baresi – dice Fascetti – non capiscono nulla di calcio. Fischiare Di Vaio, vuol dire non sapere com’è fatto un pallone“. La carriera dell’allora giovanissimo Marco gli darà, almeno in questa occasione, ragione.
Il Bari parte forte e Giorgetti, altro giocatore contestatissimo fino al gol capolavoro contro la Salernitana, si procura un calcio di rigore. Ingesson va sul dischetto e trasforma. Da quel giorno non smetterà più di batterli. Il Bari sembra avere la partita in pugno e così è fino al 12′ del secondo tempo quando Servidei, liberissimo in area di rigore, svetta più in alto di tutti e trafigge Fontana di testa. Uno a uno e fischi sul San Nicola. Il Lecce prende coraggio, prova a vincerla. Rischia di farlo in due occasioni, sempre con tiri da fuori area. Io guardo l’orologio e mi accorgo che manca un quarto d’ora. Poi succede l’impensabile: Doll, da fermo, trova il corridoio perfetto per tagliare la difesa giallorossa e servire ancora Ingesson che con un pallonetto docile inganna Lorieri, in uscita. È il gol del 2 a 1, è il gol del delirio biancorosso, della vendetta dello svedese che prenderà per mano il Bari per non lasciarlo più.
Finisce così. Rientrati in macchina il mio amico Vito comincia a fare calcoli, e sembra quasi serio quando dice: “Adesso vinciamo a Cesena, battiamo la Salernitana, prendiamo 3 punti a Cremona e poi vinciamo con il Pescara…” Noi iniziamo a ridere. Lui serio, senza nessun dubbio, continua “Ragazzi, mancano 10 partite: se ne vinciamo almeno 7 e non ne perdiamo più andiamo in serie A“. Grasse risate. Vito non dire cazzate, siamo 10 punti dietro al Lecce. Vito continua a fare calcoli, non si da pace, dice che abbiamo tutte le carte in regola per crederci davvero. Vito avrà ragione. Il Bari rimonterà. A fine campionato andrà in serie A rispettando quella tabella di marcia. Ecco perché non crederci oggi, seppur senza Titanic e senza Around the World, sarebbe una follia.