“Ci vorrebbero giornate di 36 ore”.
Quante volte abbiamo sentito questa frase da gente impegnata a correre in maniera forsennata verso un dove mai abbastanza chiaro? Il tempo, maledetto. Quel tempo che non c’era e che nessuno ci avrebbe mai dato. Tempo per fare un corso di inglese, per migliorare qualche nostra competenza, o semplicemente per stare un po’ di più con la nostra famiglia. Poi, all’improvviso, quando meno ce l’aspettavamo e tutto sommato quando meno lo desideravamo – come hai osato, virus democratico e stronzo, fermare la fashion week, la digital tech, i miei eventi e il campionato di calcio – quel tempo è arrivato.
Ah. E ora che si fa?
La prima considerazione che mi viene di fare è che abbiamo allontanato, per un periodo abbastanza lungo, le scuse sul tempo. Lo percepisci quando senti qualcuno al telefono.
“Come va?” (Prima la risposta di un lavoratore/ imprenditore era quasi sempre: “Di corsa. Ma va bene, finché si corre va bene”.
Ora no. Ora la risposta più gettonata è: “Così così. Siamo sospesi”. Poi l’ottimista aggiunge “verranno tempi migliori”, il pessimista cala in un silenzio che non sai riempire.
Siamo sospesi, padroni di un tempo che non eravamo abituati a maneggiare, costretti ai domiciliari da un tiranno che non vuole sentire ragioni. L’unica certezza è che si stava meglio prima, eppure qualcosa di positivo potremmo provare a portarcelo a casa. Al di là delle tasse che non aspettano, dei lavori che in questo momenti latitano, degli incassi che saremo costretti a rimandare.
Approfittare del tempo, senza riempirlo a tutti i costi. Ma facendolo con consapevolezza. Vedo già un brulicare di eventi online a tutte le ore, intento costruttivo e fine nobile, ma forse dovremmo fare un passo alla volta e ripartire da quello che i latini chiamavano – anche professionalmente – ozio. La capacità quindi di dare al tempo una nuova dimensione, di ripartire non sostituendo le corse che facevamo con altre corse online, ma provando a dare nuova dignità alla lettura, alla scrittura, alla manualità, all’arte intesa come mezzo per anelare a qualcosa di più alto, a prescindere da quale sia il nostro lavoro.
Per non sentir più dire che non c’è tempo, e che le giornate dovrebbero durare 36 ore.
Ne guadagneranno i nostri progetti a lungo termine, le nostre ambizioni, le nostre relazioni. Questo è il momento di scegliere attentamente come investire il nostro tempo. Mi piacerebbe lasciarti tre consigli che spero tornino utili quando questa tempesta sarà passata:
- Usa parte di questo tempo per migliorarti: che sia un corso di inglese o sia rifare quel curriculum che non hai mai avuto il tempo di migliorare, approfitta di una di queste sere per farlo.
- Prova a pensare che un periodo così (per fortuna, si spera), non capiterà più: hai un blog sul quale non scrivi da tempo? Un romanzo che ti piacerebbe iniziare? Vuoi imparare a cucinare? Forse questo è il momento migliore per farlo. Magari nessuno di questi obiettivi ti servirà nel tuo lavoro, ma ti tornerà utile questa attitudine. Anche in ufficio.
- Annoiati. Siamo abituati a rifugiarci nei social non appena la noia ci sfiora. In coda all’ufficio postale, dal medico, persino mentre facciamo una passeggiata o nell’intervallo di un film al cinema. Approfittiamo di questo tempo per ricordarci che annoiarsi – e quindi dedicarci ad un sano ozio – favorisce la creatività, dà impulso a nuovi progetti, ci permette di farci sentire ancora più padroni del nostro tempo.
Le giornate non dureranno mai 36 ore. Né adesso, né quando l’emergenza sarà passata. Ma se impariamo a rispettare di più il tempo, potremo renderci conto di quante cose si possono fare in 24 ore. Anche quando riprenderemo a correre.