Mi ero ripromesso di scrivere qualcosa sul Web marketing festival, qualcosa che andasse al di là delle solite considerazioni sulla portata dell’evento, sulla quale c’è poco da aggiungere. Sale piene, contenuti di qualità – ovvio che con così tanti panel qualcosa può entusiasmare e qualcosa può deludere – tante occasioni di incontro, che è una parola che personalmente preferisco a “networking”. Mi sento libero di scrivere questo post perché due anni fa ero stato relatore e l’anno scorso partner editoriale. Quest’anno sono stato solo un partecipante, uno spettatore, e quindi posso parlare liberamente di quelle che sono state le mie impressioni.

Provo sempre un po’ di fastidio quando leggo critiche agli eventi, magari da parte di chi non ne ha mai realizzato uno (un classico, stessa scuola di quelli che “eh ma oggi i libri li scrivono tutti” e loro non ne hanno mai scritto uno). Oppure critiche a relatori che non abbiamo mai ascoltato. Legittima è la scelta di non partecipare ad un evento, anche io l’anno scorso sono rimasto a casa, meno condivisibile quella di sparare a zero su chi si mette in gioco. Perché “partecipare” secondo me vuol dire davvero mettersi in gioco. In più di una occasione mi sono ritrovato a dover rispondere alla domanda “Tu quando hai il panel?“. La risposta è in questo video, realizzato grazie agli amici di Stravideo.

La verità è che il Festival da partecipante è sempre più difficile di quello da relatore. Ho approfittato di questo Festival per ascoltare, per imparare, per prendere appunti e farmi affascinare da persone e relatori che porterò alla Masterclass dell’anno prossimo. Va da sé che sono orgoglioso di aver visto su un palco così prestigioso professionisti, e amici, che hanno incantato il pubblico di Bari un mese fa. Valentina Vellucci, Luca Conti e Graziano Giacani, su tutti.

Ho notato la solita allergia alla parola storytelling, che però poi alla fine nominano tutti, e quindi è più attuale che mai. Così come è attualissima le necessità e la voglia di comunicare attraverso delle storie, cosa che fa meravigliosamente Paolo Iabichino (altro panel altamente ispirazionale, il suo). L’altra parola a forte rischio è “influencer” che però torna in diversi panel. Da quelli dedicati ai social, a quelli dedicati al brand journalism. Ed è questa la grande novità: da influencer a content creator, definitivamente. I media lo hanno capito e tracciano la strada per le aziende.

I dati: non c’è storia, non c’è narrazione, non c’è strategia senza dati. Abbiamo migliaia di strumenti per leggerli e troppe poche persone che sanno interpretarli. Che vuol dire leggerli, comunicarli, trasformarli in strategie. In questo senso la mia sintesi estrema è: dati + umanesimo + relazioni. Le sale che hanno toccato questi argomenti erano tutte piene. Così come pieno è stato sempre lo stand Hoepli. Piccola nota di orgoglio personale: Facebook Marketing Pro è andato a ruba, Content Marketing e Local Marketing sono terminati! Di qui due cose: la prima è che ho già due libri da scrivere per il 2019. La seconda è che, visti i titoli mediamente lunghi di quest’anno, ho scelto il titolo del panel per il quale mi candiderò al WMF19: travolti da un insolito storytelling nell’azzurro mare del web. E lo faccio, lo giuro.

 

 

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

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