Ultimamente mi capita di leggere interessanti articoli sul tema: di che parlo nel mio blog? Dove trovo gli argomenti? Su questo punto la mia posizione è molto netta: se non ho nulla da scrivere, non scrivo. Magari leggo, ascolto, partecipo a discussioni, ma non scrivo. Quando ho aperto un blog, qualche anno fa, sapevo che mi stavo condannando (a scrivere con continuità, ergo ad impegnarmi). Sono un tipo maledettamente orgoglioso. Se apro un blog poi ci scrivo, e forse per questo pongo sempre questa domanda ai miei clienti che, a volte con leggerezza, mi dicono che stanno per aprire un blog (Mi hanno detto che mi serve! Sì – rispondo io – ma hai tempo per scriverci? Hai calcolato quanto ti ci vuole a fare un post? E hai moltiplicato questo tempo per i giorni della settimana in cui pubblicherai?). Capita allora che almeno la metà di questi blog restino privi di contenuti. Un articolo per iniziare, il secondo sulle ali dell’entusiasmo, il terzo dopo qualche settimana e poi stop. Non mi arrivava nessun ordine, dicono.
La rete non ha bisogno di noi. Almeno non di tutti noi, i miei contenuti privi di interesse posso continuare a scriverli sul mio diario personale. Tra l’altro se solo l’1% dei naviganti su internet sono contributori attivi, un motivo ci sarà. Scrivere è uno sbattimento mica da poco (provoco volutamente). Anche perché ci sono regole Seo da seguire alle quali vanno dedicate tempo e attenzioni. Per scrivere bisogna informarsi. Per scrivere bisogna leggere. E, a mio parere, per scrivere bisogna partecipare. Ecco perché considero gli incontri (quelli giusti per noi e per il nostro business) un’ottima opportunità per generare contenuti interessanti (per gli altri). Si pensa spesso che per essere social bisogna stare dietro lo schermo del computer, essere sempre connessi a Facebook, twittare all’impazzata. Vero solo in parte. Può capitare di essere molto più social in un giorno in cui si è dimenticato lo smartphone a casa ma si è preso parte a qualche evento importante per la nostra crescita personale e professionale. Eccolo allora il mio consiglio di oggi:
Partecipate agli eventi, nei limiti del possibile. Sceglieteli bene e molti contenuti verranno da sé.
Sta all’organizzazione far sì che gli eventi diventino sempre più 2.0. Se fate parte di un’azienda, o di una organizzazione, ecco uno spunto sul quale lavorare. L’hashtag non è un vezzo, Twitter non è una moda. Entrambi servono a far sì che i commenti, gli umori e i volti di un evento possano essere raccolti e ricordati. Ma questo è solo il punto 1 di una strategia legata all’evento. La diffusione dei contenuti va stimolata e qui entrano in gioco applicazioni come Eventbrite, Bizzaboo e Storify (ma ce ne sono molte altre) che ci danno l’opportunità di sviluppare, in maniera differente, il pre e il post evento rendendolo memorabile.
Ovviamente, perché questo accada, dobbiamo essere i primi a raccontare. Chi arriva secondo non viene ricordato, a meno che non riesca a dare un contributo diverso da quello di chi è arrivato prima, e in ogni caso il mio consiglio è quello di citare sempre quelli che già hanno dato un loro contributo attivo all’evento. Storify è il mio preferito perché permette di convertire tutti i tweet in una storia. E poi perché il tutto può essere embeddato (da quando lavoro all’Apra con Cristian Brunori dico un sacco di parolacce) all’interno del proprio blog in modalità presentazione come ho fatto con lo story dell’International Self Publishing Festival organizzato da Simplicissimus.
Tutto implica tempo, e una buona dose di fatica, ma il risultato è appagante sia per chi scrive che per chi viene menzionato. L’azienda che ha organizzato l’evento ve ne sarà grata, le persone che hanno twittato pure. E voi avrete confezionato un ottimo contenuto per il vostro blog facendo anche un ottimo esercizio di sintesi. Lavoro che inizia durante l’evento, quando twittate. D’altronde non si tratta di niente di davvero nuovo. Non prendevate appunti quando andavate a scuola? Bene, è arrivato il momento di fare i secchioni. Raccogliete gli appunti più interessanti di tutta la classe e pubblicateli. I primi della classe, se restano umili, e utili, vanno ancora di moda.