Stamattina mi sarei recato volentieri in una qualunque scuola per sostenere la mia bella prova di italiano. Ho invidiato quei ragazzi armati di vocabolario, tre prove, un esame e una vita davanti. Avrei voluto essere uno di loro. Innanzi tutto per spegnere il telefono per 4 ore (non è una fortuna che capita tutti i giorni) e poi perchè avrei svolto volentieri tutte e tre le tracce, a partire dalla bellissima “Lucca” di Ungaretti, poi quella sugli anni ’70 (“hai più pensato a quel progetto di esportare la piadina romagnola?”) ma soprattutto questa su Andy Warhol.
Una frase lapidaria, premonitrice, su quella che sarebbe stata, ai giorni nostri, l’industria della fama e del successo. Un’industria costruita sulla base poco solida della non conoscenza, del parlare senza cognizione di causa, del mostrarsi a tutti i costi. Il web del dilettantismo 3.0 è anche uno degli argomenti del mio romanzo, e si sarebbe trovata benissimo Gaia a svolgere questo tema. Lei si che vi avrebbe fatto riflettere, io mi limito ad invidiare quei ragazzi con il vocabolario, perchè io al posto loro vorrei proprio esserci.