A furia di dire che non sono un travel blogger, lo diventerò. È un dato di fatto. Non fosse altro perché ogni volta che metto piede fuori dal mio paese mi scopro più abile a raccontare. E alla fine mi rendo conto. Di quanto sono stato stupido a pensare alle difficoltà, prima ancora di affrontarle. Alla paura di non avere un letto dove dormire, di non trovare la strada, di non farcela con i soldi. A quanto sono stato ingenuo a dire “questa volta è l’ultima“, che lo dico da vent’anni, dai tempi del primo Inter-Rail e poi già lo so che non vedo l’ora di ripartire. Alla fine c’è un altro letto da ricordare, un motel da dimenticare, un colore dominante, una pagina stropicciata della Lonley Planet e un messaggio rimasto tra le bozze. Alla fine c’è una foto del primo giorno con il volto tirato – i pensieri alle mosse successive – e una dell’ultimo, con la faccia di chi ha un viaggio in più sulle spalle. E quindi, per osmosi, le spalle più larghe e possenti.
Il Canada dell’Ovest è una di quelle scommesse che fai più per pigrizia, piuttosto che per inseguire un sogno. Sognavo di andare in Messico, sognavo la Route66, sognavo l’America Latina e quindi il Perù, ma non ho mai sognato il Canada dell’Ovest. Anzi, a dirla tutta ho sempre considerato il Canada una soluzione di ripiego, una sorta di doppione degli Stati Uniti. Quest’anno sono arrivato lungo alla meta. Con un discreto budget (niente segreti, ho raccolto 5 euro al giorno, da fine agosto, con una App che si chiama Hype) ma lungo, a causa di una serie di ragioni che solo a raccontarle vi farebbero chiudere questo post per noia. Meglio raccontare il Canada allora, e spiegarvi perché è molto di più di montagne imponenti e spettacolari coste frastagliate: ha una straordinaria ricchezza gastronomica (su tutto il salmone selvaggio, le capesante della British Columbia e le bistecche di Manzo dell’Alberta), ama l’arte e la cultura e invita ad avventurosi viaggi on the road.
Il secondo paese più grande del mondo ha un’infinita varietà di paesaggi. Montagne svettanti, ghiacciai scintillanti, foreste pluviali e spiagge remote. Perfetto per praticare attività all’aria aperta: ho visto persone andare a fare snowboard intorno a Whistler, cavalcare le onde al largo della Vancouver Island, fare rafting sul Maligne Lake di Jasper o girare in mountain bike a Banff. Ciò che impressiona, del Canada, è la sua vastità, i suoi paesaggi sconfinati. In certe zone si può guidare per ore e non vedere quasi anima viva (un benzinaio ogni 150 km), eppure guidare qui è un piacere. Nessuno che suona, nessuno lampeggia, nessuno (soprattutto) accelera quando ti immetti in strada.
Un on the road da 15 giorni
Due settimane bastano a conoscere gran parte del Canada Occidentale. Sono arrivato a Vancouver sabato 6 e ci sono stato i primi due giorni. Il tempo di constatare che il clima non era poi così clemente, di assaggiare le fumanti zuppe di noodles di Guu with Garlic e di scoprire la città: dallo Stanley Park a Chinatown. Il lunedì siamo partiti alla volta di Jasper, con sosta a Clearwater. Ok, Clearwater non è proprio il paese più accogliente del mondo. È la classica tappa intermedia. Raramente le vacanze prevedono le tappe intermedie. I viaggi sì. Sono quelle che ti permettono di immaginare cosa succederà il giorno dopo. Sono i Motel della Route, è Chapa de Gorzo prima di andare in Chiapas, Bodo sulla strada di Capo Nord, Aguas Calientes per salire sul Machu Pichu. È questo inutile paese canadese, dove dopo cena puoi solo andare a dormire. Le tappe intermedie prevedono persino il lusso di fermarsi a pensare, di annoiarsi. E sono quelle che non dimentichi, quando chiedi ai tuoi compagni di viaggio, qualche anno dopo: “Come si chiamava quel paese assurdo…?” E la risposta è una stazione dei bus, una pizza fredda, un caffè troppo lungo, il solo delle 3 di pomeriggio, il freddo di una notte in stazione. E allora sì che tutte le tappe intermedie della mia vita riconquistano il loro nome. La cosa più divertente da ricordare, a Clearwater, è la password del wi-fi del nostro campeggio: summerfun suona più come una beffa, visto che dormiamo con la coperta di lana e il riscaldamento acceso.
Il giorno dopo siamo a Jasper, uno dei parchi più belli e grandi del mondo, una perla delle Rocky Mountains, la cui natura incontaminata offre vertiginosi canyon fluviali, sentieri adrenalinici da percorrere in bicicletta, catene montuose. La maggior parte dei visitatori arriva da Jasper da sud percorrendo la straordinaria Gothic Icefield Parkway, noi scegliamo di arrivarci da nord e ne siamo felici perché questo parco merita di essere visitato prima di Banff, più rilassante e meno wild. Tra le cose da non perdere di Jasper ci sono il Maligne Lake e le Miette Hot Springs, acque rigeneranti mantenute alla gradevole temperatura di 39 gradi, con vista sui ghiacciai. Se vi capita andateci prima del tramonto (che in estate, da queste parti, è alle 22 circa) per vedere lo straordinario spettacolo di colori delle Mountanis. Il giorno dopo, prima di dirigerci a Banff, percorriamo la Icefield Parkway, lungo la vecchia Hwy 93. La “Strada dei ghiacciai” sembra voler preparare i viaggiatori alla maestosità dei paesaggi che attraversa. Il fiore all’occhiello è indubbiamente il Columbia Icefield. Lasciate l’auto e scegliete una delle escursioni al ghiacciaio (costano tra gli 80 e i 150 dollari).
Banff è un’altra storia. Una città in un parco, meta dei canadesi più fashion che vogliono godersi lo spettacolo di laghi e montagne, e di sport all’aria aperta, senza rinunciare ai ristoranti più in e alle serate più fashion del West Canada. Alloggiamo al King Edwards, in pieno centro, di fronte al nostro hotel i due disco bar più frequentati. Banff è soprattutto Lake Louise, uno dei posti più suggestivi ed affascinanti del mondo con le sua acque verdi e i sentieri che si snodano intorno. Noi rimandiamo la visita al dopo Calgary, ma il capoluogo dell’Alberta merita più di una menzione. Città viva, nonostante sia venerdì e molti cittadini percorrono la nostra strada al contrario, dirigendosi verso i parchi. Calgary ha una downtown modernissima ma stupisce per i ponti costruiti tutti con stile diverso, eppure mantenendo una sua uniformità, e per l’enorme parco dove tutti, ma proprio tutti i cittadini, corrono e salgono le scale a ritmo vorticoso. Poi troviamo uno street food, ma questo è un colpo di culo. La sera seguiamo il consiglio della guida: la vita è nei pub della 17esima strada. E infatti qui conosciamo una serie di Canadesi felicissimi di offrire una birra agli ospiti italiani.
Dall’inverno all’estate, senza passare per la primavera
Tornando da Calgary ci fermiamo finalmente a Lake Louise e poi proseguiamo verso Golden. Città dimenticabile, meta di svariati turisti italiani (chissà perché) e sopratutto del nostro più grande incubo. Scegliamo un hotel dal prezzo modico (forse troppo) e dopo una cena spettacolare (all’Eleven22) a base di antipasti di pesce ci ritroviamo in quello che doveva essere un albergo e invece è solo il piano superiore di una discoteca techno. I muri e il letto tremano, proviamo a dormire ma alla fine scegliamo di addormentarci in macchina, dopo aver provato anche a passare la serata in discoteca. Il giorno dopo ci dirigiamo verso Kelowna, dopo una breve tappa a Mt. Revolstoke. La strada che conduce al Sud è simile a quella della Napa Valley, ma ancora più ricca di colore e calore. Ad un certo punto ci accorgiamo che i nostri scarponcini da trekking ai piedi sono fuori stagione. Ci fermiamo e indossiamo scarpe aperte. Arriviamo a Kelowna, capoluogo non ufficiale dell’Okanagan. Il punto attorno a cui ruotano le attività lungo il litorale cittadino è l’immacolato City Park, un parco situato in posizione centrale, in cui spicca la Hot Sands Beach. Facciamo un tuffo nel lago e ci godiamo il sole, dopo aver passato la mattinata a visitare le cantine della Wine-Road e assaggiare bianchi e rossi pregiati.
La nostra ultima tappa è il ritorno a Vancouver. Stavolta Bath ci ospita nel suo AirBnb al 25esimo piano di YaleTown e solo la vista vale il prezzo (modico) del nostro soggiorno. Dedichiamo un giorno all’isola di Vancouver. Prendiamo il traghetto alle 7 e alle 8.30 siamo a Swartz Bay pronti a proseguire verso Victoria, la capitale della British Columbia. Città dal clima meraviglioso, Victoria è bellissima sopratutto dalla parti del porticciolo dei pescatori dove vi consiglio di assaggiare e prelibatezze di Red Fish Blue Fish, un chiosco ricavato da un vecchio container dove si mangia la zuppa di pesce del Pacific Rim. Il giorno dopo, stavolta il clima ci è favorevole, chiudiamo con un ultimo giro a Vancouver e approfittiamo per visitare il parco di Capilano (dove c’è un famoso ponte sospeso) e ci godiamo il tramonto a Wrest beach, una spiaggia di nudisti, ovviamente senza costume. Tornato per la seconda volta capisco perché Vancouver si trova in cima all’elenco dei luoghi in cui si vive meglio. Un mare e un cielo strepitoso circondano una rilassante metropoli che ha le piste da sci in periferia. Vancouver è una dimostrazione di armoniosa convergenza di ambienti urbani e natura.
Perché West Canada
Un viaggio come questo, volo a parte (consiglio la low cost Air Transat, tratte da Roma a Vancouver), costa sui 2000 euro. Si può ottimizzare molto partendo in quattro (noi siamo partiti in due), si risparmia tanto su macchina, benzina e alloggi, ed evitando alcune cazzate che abbiamo fatto noi per fretta o inesperienza. Su tutte, prenotare troppo tardi i parchi (Banff e Jasper), non scegliere da subito un AirBnb a Vancouver. Sui pasti, un solo errore, ma caro. Il Saltik di Banff, consigliato dalla Lonely, è un ristorante da 40 euro a testa, assolutamente non giustificate dalla pur buona bistecca, senza contorno. La media, per le cene, è di 15-20 euro: la migliore cena certamente quella del Bennock and Salmon a Vancouver, con una mousse di salmone commovente. Da sottolineare anche una strepitosa grigliata di carne a Clearwater e la migliore pizza del mondo (giuro) a Kelowna, dall’antica pizzeria. Nell’unica sera in cui abbiamo desistito dal cibo locale. Benvenuti in West Canada, il paese ideale per attraversare le stagioni.