“Come ha fatto una grande industria ad andare a piantarsi tra le montagne dell’Appennino? Per la precisione nella conca fabrianese?” È l’incipit di un libro che si chiama “Merloni, da Fabriano al mondo”, dove si parla di una ormai ex isola felice. Si potrebbe continuare il gioco continuando con il chiedersi come abbia fatto il polo europeo degli occhiali a stanziarsi nelle valli del Bellunese. Esattamente come gli Olivetti fissarono la testa della loro impresa a Ivrea. Sono storie di imprenditori e di visioni. Di risorse e handicap, come quegli stessi luoghi da cui è difficile, se non impossibile, uscire. Che però diventano il centro, il cuore dell’idea imprenditoriale. In questi ultimi dieci anni di lavoro ho avuto modo di conoscere tanti imprenditori. Di loro mi ha colpito la visione, e così ho cercato di capire cosa li ha resi unici. Quale valore perpetrato, quale obiettivo a lungo termine. Non è stato semplicissimo trovare sei storie realmente affascinanti, e di successo. In primis perché la parola “Imprenditore” va usata con moderazione, in un’epoca in cui in troppi utilizzano iperboli lessicali per darsi importanza. Gli uomini e le donne di cui parlo io sono persone che gestiscono aziende da 100, 200 e 500 persone. A volte più piccole, ma che crescono a ritmi importanti. Non sono capitani di ventura, ma condottieri. Non ne ho incontrati tantissimi, e quando dico incontrato, mi riferisco alla possibilità di averci parlato, collaborato, lavorato. In alcuni casi anche da dipendente. Per cui questa Madeleine non sarà un quadro dei migliori imprenditori italiani, ma un ritratto delle più belle visioni di sei imprenditori che ho conosciuto personalmente.

Vita sana in corpore sano 

Mario Zani, Eurocompany

Ci diamo appuntamento in stazione, io e Mario. Lui arriva con uno zaino in spalla e con le scarpe da trekking. Non proprio un abbigliamento da dandy milanese insomma. “Mi hanno detto che c’è da fare una bella passeggiata, vero?“. Camminiamo, mi spiega le novità che ha in mente per la sua azienda. “Toglieremo i prodotti con troppo sale, e quelli con gli zuccheri aggiunti, non è più possibile che i nostri clienti mangino questa roba“. “Mario, ma è il 20% del vostro fatturato”. “Inventeremo altro“. Gli imprenditori che hanno una visione sono ripetitivi, fino all’infinito. Hanno una sorta di mantra, e lo ripetono. Gli esperti lo chiamano brand positioning, o visione strategica, io la chiamo semplicemente “ripetitività”. Ed è qualcosa di straordinariamente efficace. “Entro qualche anno la gente si convincerà che sale, zucchero, latte e farina fanno male. Se non lo farà pazienza, noi andremo in questa direzione“. E lui, da leader, guida tutti i suoi dipendenti. Non dite formaggio, se parlate di un fermentato. I compromessi vanno bene per la seo. Non per un visionario.

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La festa della Cicerchia

Giuliano Gabbarrini, Apra

Si può essere attaccati al territorio a parole, si può esserlo con i fatti. La sera che ho visto Giuliano Gabbarrini prendere le ordinazioni dell’osteria durante la festa della Cicerchia, ho capito che il suo era radicamento vero. Puro. La mattina stavamo parlando di consociate russe e brasiliane di 3Cad, la sera eravamo a bere vino della casa e a mangiare la cicerchia di Serra de’ Conti. Ho avuto diversi datori di lavoro, tutti più o meno ambiziosi. Giuliano è stato qualcosa di più. Qualunque fosse la visione imprenditoriale dell’azienda, e quella dei suoi soci, la sua preoccupazione principale era, e probabilmente lo è ancora, quella di garantire ai suoi dipendenti un futuro a casa loro, in Vallesina. Un futuro fatto di tecnologia e cicerchia.

100% Puglia

Marina Mastromauro, Granoro

La dottoressa Marina, così la chiamano i suoi dipendenti, mi ha concesso un grande privilegio: “chiamami Marina“. Così mi scrisse in un messaggio, ma ho sempre fatto fatica, in equilibrio tra informalità ed abitudine. Alla festa dei 50 anni di Pasta Granoro, dopo essersi emozionata per la sorpresa fatta da sua figlia, arrivata da Bologna, non trovava pace perché in una serata perfetta, con i dettagli curati nei minimi particolari, qualcuno le aveva fatto notare che il vino era l’unica cosa che non veniva dalla Puglia. Ho immaginato la scena di Alice nel Paese delle Meraviglie, quando la regina di cuori fa volare delle teste, ma Marina, pardon la dottoressa Marina, non è così. E me ne sono accorto quella sera stessa, quando tutti i suoi dipendenti e i collaboratori si sono alzati per una standing ovation di circa un minuto, dopo un suo discorso. I grandi imprenditori sanno fare discorsi che fanno scattare in piedi. Parlare con lei di pasta e di Puglia è celebrare un rito laico. Ti racconta di suo padre, delle trasferte lunghissime che faceva con lui e con tutta la famiglia per andare a trovare i fornitori in Veneto, mentre assaggia la pasta appena scolata come se fosse la prima volta. Come se volesse esportare la Puglia nel mondo.

Da Fabriano al Mondo

Vittorio Merloni, Indesit 

“Simonetta, mi chiama quel giovanotto dell’ufficio comunicazione?” disse il Presidente. Il giovanotto ero io e Simonetta compose il numero del nostro ufficio. Vidi la faccia di Nadia, che ripeteva il mio nome ad alta voce, e capii che dovevo aggiustarmi il nodo della cravatta. Presi uno di quegli ascensori che si vedono solo nei film e arrivai nella stanza del Presidente. Vittorio Merloni è stato il primo vero imprenditore che ho conosciuto. Le sue capacità e le sue abilità manageriali sono fin troppo note, di quelle relazionali posso portare un’esperienza diretta, quella che ho raccontato in un altro post di questo blog “Lo stagista e il Presidente“. Parole a memoria. Non c’è successo in un’iniziativa imprenditoriale senza progresso nel sociale. Passiamo un paio d’ore insieme. Simonetta ci serve un thè. Tra una bozza e l’altra Vittorio Merloni mi chiede se conosco le lingue, se mi piace leggere e mi racconta dello scenario economico del 2015. “Vede, saremo in 6″. Mi fa vedere un suo schema. Mi dice 6 nomi di produttori di elettrodomestici, i loghi disegnati su un pezzo di carta con una penna stilografica, e lui ha già chiaro tutto. Gli sviluppi, le difficoltà, il prezzo da pagare. Prendo coraggio. “Presidente, io qui scriverei in maniera diversa gli dico”. “Bravo, non c’è mai nessuno che mi contraddice”. Accetta la mia correzione poi, ad un certo punto, guarda l’orologio. “Forse deve andare –  dice guardandomi negli occhi – non voglio farle fare tardi”. “No Presidente, io resto volentieri”. Sono affascinato dalla sua personalità, da come si rapporta con l’ultimo dei suoi 15.000 dipendenti. Verrà a mancare circa dieci anni più tardi. Verrà a mancare a Fabriano, all’Italia, ai player che nel frattempo saranno davvero diventati 6, sul mercato, ma senza la sua creatura.

VITTORIO MERLONI GRUPPO MERLONI GROUP

L’eccellenza è una rottura di coglioni

Marcello Mancini, Performance Strategist

Una cosa divertente che non farò mai più – tanto per citare David Foster – è un evento con Marcello Mancini. Non fraintendetemi. È talmente maniacale, talmente dedito alla perfezione, che riesce a pensare anche alla differenza tra le penne che fanno “clic” (sì, in un evento da 1000 persone quei clic fanno la differenza) e quelle con il tappo. Una sera Marcello mi prende da parte e mi dice “Noi vogliamo sempre l’eccellenza. E l’eccellenza è una rottura di coglioni. Rassegniamoci“. Se una cosa non gli piaceva non si accontentava. Andava rifatta. E poi rifatta ancora. Di lui mi hanno colpito molte cose: la perseveranza, la metafora della palestra “il muscolo non cresce durante la serie da dieci, ma nelle due/ tra ripetizioni successive“, l’ambizione spasmodica, la vocazione commerciale (non ho mai visto nessuno vendere così bene un corso) e lo sguardo sempre rivolto al futuro. Mentre gli altri pensano agli eventi del 2018, lui pensa già al 2020. Cambiando le regole del suo stesso gioco.

Dall’altra parte della luna

Pierluigi Bocchini, Clabo

Gli imprenditori di seconda generazione hanno due possibilità: rovinare tutto, o fare ancora meglio. Pierluigi, a detta sua, è cresciuto a pane e impresa. L’ha respirata, dice lui. Io aggiungo che l’ha respirata bene. Quando penso che la mia vita sia stressante, sempre in giro, da Milano a Roma, da Bari alle Marche, guardo la sua. I movimenti sono gli stessi, però su voli internazionali. Dalla Cina all’America, dal Sudamerica a… Jesi. Pierluigi guida un’azienda di 300 dipendenti e riesce ad essere contemporaneamente imprenditore, amministratore e guida. Se dovessi raccontare una cosa che mi ha colpito di lui è la serenità. Sorride sempre, non usa punti esclamativi nelle mail, trova il tempo per staccare e dedicarsi alla famiglia. È un equilibrista consapevole, un funambolo che non guarda mai di sotto. Vende banconi per il gelato ed ha una lucina verde/ rossa fuori dalla stanza che mi ricorda quella del dottor Thomas. Gliela invidio tantissimo quella lucina rossa, perché a volte vorrei poterla accendere anche io. Chissà cosa fa quando la luce comunica che non si può disturbare. Magari pensa a cosa farà la sua azienda nei prossimi 10 anni. Almeno io la vedo così.

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Si potrebbe continuare all’infinito, con tante altre storie e visioni di persone coraggiose, sognatrici umane. E chissà che non sia un’idea, questa dei ritratti.

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

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