Il Local marketing, il (piacevole) paradosso della Internet economy

Parlare “locale” significa distinguere la propria offerta, renderla unica e inimitabile, fidelizzare i clienti. Ho appena consegnato ad Hoepli il libro Local Marketing, scritto insieme a Francesco Antonacci, uno che di seo se ne intende davvero. Abbiamo messo insieme le forze per approfondire l’argomento attraverso due punti di vista differenti: quello di chi ogni giorno mangia pane, seo e kpi, e quello di chi predilige un approccio focalizzato sul content marketing e sullo storytelling. Uno dei paradossi più grandi dell’Internet economy è che, nonostante abbiamo la possibilità di entrare in contatto istantaneamente con persone e aziende dell’altra parte del pianeta, tutto improvvisamente sta diventando più vicino. In questo post analizzo alcune case study di local marketing che troverete, in maniera ancora più approfondita all’interno del libro. Esistono tante attività sul web che hanno ottenuto risultati importanti grazie alle loro azioni di local marketing: parliamo per lo più di negozi o strutture ricettive, ma anche locali. Si tratta di realtà che già godevano di credito pubblico – e che l’hanno consolidato e amplificato con l’avvento della rete e dei social – oppure di nuove iniziative imprenditoriali che hanno iniziato da zero e puntato tutto su strategie e strumenti di local marketing. Quando parliamo di grandi risultati non ci riferiamo necessariamente a milioni di euro di fatturato perché, lo ricordiamo ancora una volta, i risultati devono essere commisurati ai target e all’ambito territoriale in cui un’attività local si trova.

Oggi vi racconto di alcuni punti vendita diventati veri e propri cult: sono must del proprio settore di riferimento, luoghi dove l’offerta commerciale si coniuga con quella esperienziale e permette al cliente/visitatore di diventare ambasciatore di quel brand, raccontando a sua volta una storia. Non è forse questo lo storytelling? E come si crea? Possiamo contraddire tranquillamente coloro che affermano che lo storytelling non sia un’attività creata a tavolino: non funziona se il prodotto e l’idea alla base non sono buoni, se il customer care sui social si rivela poi un’esperienza contrastante rispetto a quella offline o se la unique selling proposition (USP) è confusa. In questi casi, la narrazione diventerebbe superflua.

Qui puoi scaricare gratis il primo capitolo di Local Marketing!

Dai case study che ho analizzato e che vi presento in questo post emerge che non c’è local marketing senza una reale e indimenticabile esperienza all’interno del punto vendita. Racconterò, per esempio, perché il Sziget si è trasformato da festival degli studenti ungheresi a uno degli eventi musicali più importanti del mondo, grazie ai social. Vedremo perché Carbonelli, una storica torrefazione di caffè di una frazione di Napoli che segue un sistema di produzione davvero tradizionale, adesso usa l’online il principale canale di vendita. Oppure perché il panino di Pescaria è uno dei tanti panini gourmet al pesce, ma la gente fa ore di fila per poterlo addentare. E ancora perché una piccola libreria di Parigi è considerata la più bella del mondo e come mai la piadina romagnola è buonissima, ma quella preparata dalla Lella è un must.

Sziget, un festival all’avanguardia: la Woodstock del Danubio compie 25 anni

Il Sziget Festival che si tiene sulla Óbudai-sziget (“isola della vecchia Buda”) a Budapest ha vinto nel 2011 e nel 2014 il premio “Best Major Festival of Europe”. Sia nel 2015 sia nel 2016 il festival ha superato il record di vendita fissato l’anno precedente. Nel 2016 il numero di visitatori totali della settimana è stato di quasi 500.000 persone provenienti da oltre 100 nazioni diverse. Si tratta degli ultimi passi di una escalation lunga 25 anni. Nel 1993 Károly Gerendai e Péter Müller hanno dato vita a un festival rivolto agli studenti ungheresi sull’isola a pochi km dal centro di Budapest. Senza dubbio quando i due organizzatori, poco più che ventenni, immaginarono una serie di concerti che rievocassero l’idea di una sorta di Woodstock sul Danubio, non si spinsero a pensare che l’esperienza appena iniziata sarebbe poi diventata il loro lavoro (e solo uno dei tanti festival prodotti dalla società Sziget Kulturális Menedzser Iroda Kft negli anni seguenti).

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Il Sziget Festival è attualmente una delle manifestazioni più imponenti sia in termini di visitatori che per quantità di spettacoli offerti. Si contano oltre 1.500 eventi in una settimana suddivisi su circa 60 palchi piccoli, medi e grandi. L’area del Main Stage può ospitare fino a 90.000 spettatori.Il brand Sziget si è affermato in Italia in maniera definitiva nel 2008, quando Facebook ha permesso l’utilizzo di Internet in maniera sociale. Fino al quel momento le comunicazioni principali avvenivano tramite newsletter, ma i dati dei destinatari non erano agevoli da reperire ed era un’operazione costosa. Lo sviluppo di Facebook ADS, ha dato una spinta imprevedibile e inattesa alla divulgazione del brand. Si è passati da poco più di 200 visite giornaliere sul sito web italiano, a oltre 700. I costi sono stati assolutamente contenuti e l’efficacia delle inserzioni, a fronte di una spesa irrisoria, ha liberato risorse da investire in attività meglio strutturate e più di impatto sul territorio. Il costo di 0,01 centesimi per clic è stato sufficiente a generare anche 700 clic sul link in un solo giorno. I pubblicitari hanno forse trovato il loro Eldorado: una opportunità per i piú giovani da sempre pronti ad assimilare le novità.

Nel giro di pochi anni, la città di Budapest – forte del richiamo prodotto da parte di una manifestazione giovanile di cosí grande impatto – è diventata una delle mete turistiche più richieste d’Europa. Le visite di ritorno, anche nel periodo invernale, hanno dato vita a un vero e proprio Rinascimento della capitale magiara. Il Sziget Festival è l’esempio di un evento, anzi di tanti eventi in uno, che ha saputo sfruttare le nuove dinamiche comunicative e trasformare il local in glocal. Il Sziget ha creato un grande indotto, il local nel local, perché tante altre attività hanno sfruttato Airbnb, Booking, TripAdvisor sulla scia del grande richiamo di branding del festival.

Ti interessa la case study di Sziget? Puoi approfondire nel nostro libro, Local Marketing!

Pescaria, dove Milano non è Milano

Si fa fatica a definire Pescaria, perché non è un ristorante e nemmeno un bar. La velocità con la quale vengono preparati i panini proposti farebbe pensare più a un fast food, ma una volta assaggiatone uno dimenticherete questa parola. Pescaria è un’esperienza e poterla raccontare è uno dei motivi che spinge i clienti a mettersi in fila. Nata da un’idea dell’agenzia Brainpull di Conversano (Bari) e da un’intuizione di Domingo Iudice, Pescaria ha creato il suo primo punto vendita a Polignano. Il suo core business sono i panini con il pesce: polpo, tartare di tonno, salmone. Con il passare del tempo sono stati introdotti anche primi piatti, fritture e molto altro. Il primo negozio è stato aperto aPolignano a Mare e già questa è una storia. Nel paese di Domenico Modugno, uno dei più suggestivi della Puglia, vale la pena mettersi in coda per un’oretta abbondante. Le ricette, a cura dello chef Lucio Mele, non sono totalmente native. L’originale panino con il polpo, per esempio, è condito solo con olio e limone. Da Pescaria, invece, la ricetta prevede un’impanatura, la ricotta, il pepe in grani, la burrata. Si tratta di ingredienti pugliesi selezionati. Questa novità ha fatto storcere il naso a qualcuno, ma ha permesso al locale di crearsi un proprio segmento di mercato proprio con Ia vendita di panini gourmet con ingredienti esclusivamente made in Puglia. La brand identiity del locale è notevole: il logo ben riconoscibile appare sui menu, sui bicchieri, sulle tovaglie, sulle magliette e sulle felpe del personale.

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Personale cortese e educato a raccontare, cosa che non è mai scontata in un punto vendita che serve 100 panini all’ora. L’aspetto dei piatti ha permesso a chi gestisce i social di lavorare molto sul visual. Il profilo Instagram, con quasi 35 mila fan nel momento in cui scrivo, e un engagement di piú di 2000 like a foto, è certamente uno degli strumenti di comunicazione preferiti dal fast food di pesce di qualità, dove viene anche proposto il panino del giorno. Il locale ha lavorato tantissimo con l’aspetto visual del cibo, ma ovviamente ha calcato la mano sulla bellezza di Polignano a Mare grazie a scatti ambientati nella cittadina e pubblicati su Facebook, oltre che mini-video che hanno raggiunto piú di 10.000 Like! Grazie al grande successo, Pescaria apre una sede piú grande, sempre nella città di Modugno e progetta un’apertura in una grande città. Sul web iniziano a circolare delle storie come quella pubblicata dal sito Manjoo.it. La storia si chiama Polignano e Lei (l’ho scritta io!), è spontanea e vale molto di più di una recensione. Perché è una storia appunto. Il locale decide di farla illustrare e la espone all’interno del ristorante. Ed ecco che una narrazione su un blog diventa passaparola, illustrazione, e infine un quadro da leggere mentre si attende il panino, seduto al tavolo.

Questa commistione tra online e offline è certamente alla base del successo di un locale che nell’estate del 2016 ha aperto anche a Milano dimostrando che il local marketing si può fare, dopo aver costruito una solida base di utenti e una community fedele, anche lontano dal luogo d’origine, anche in una città lontana dal mare e che gli stereotipi dipingono come fredda e “imbruttita”. In realtà si tratta di una città particolarmente incline al buon gusto, sensibile alle tradizioni culinarie di altri luoghi dell’Italia e soprattutto una città con una vastissima community, o chiamiamola pure comunità, di pugliesi che sono diventati i primi ambasciatori di Pescaria. Il resto lo fanno i social: una pagina Facebook local con quasi 100.000 like nel momento in cui scriviamo, dove il video marketing è realizzato a livelli molto alti e nella quale lo chef Lucio Mele diventa un esempio virtuoso di personal branding. Pur avendo il sito web ancora in costruzione (www.pescaria.it), è presente una gestione dei social network e delle pubbliche relazioni davvero attiva ed efficace. Tanto che questa attività ha attirato l’attenzione di testate nazionali e internazionali, da Vanity Fair a Elle passando per Il milanese imbruttito. Non ci stupirebbe se quella di Milano fosse solo la prima tappa di un brand che potenzialmente potrebbe arrivare anche fuori dall’Italia. E allora altro che Local Marketing.

Hai più pensato a quel progetto di esportare la piadina romagnola?

In Romagna, si sa, “paese che vai, piadina che trovi”, ma l’eccellenza ha un nome ben preciso, ed è quello di Lella. La sua storia comincia nel 1986 in una piccola bottega a Bellariva (una frazione fra Rimini e Riccione) e si nutre dell’animo rivoluzionario di Lella e della sua voglia di innovare una tradizione antica e contadina. Prima di Lella le “piadinare” erano tendenzialmente donne anziane, la piada si faceva in casa e il famoso cassone pomodoro e mozzarella (il rosso per i romagnoli), era fatto con mozzarella a fettine e pomodoro. Quando Lella, che per tutti è la Lella, ha aperto aveva poco piú di trentacinque anni e una figlia undicenne, Marina. È una storia fatta di donne, quella della Lella, che ora conta tre punti vendita a Rimini e uno a New York. La brand identity la precede: “l’esercito delle Lelle”, tutte con il loro cappellino di paglia a fiori (stagionali e pronti a cambiare con l’arrivo dell’estate e del Natale) e tutte robuste, composto da donne dal vero piglio romagnolo. Un mix irresistibile fra l’accudimento di una nonna che non vede l’ora di prepararvi la merenda e la risoluta rudezza di chi si è fatto da solo, che è sempre impegnato e ha poco tempo da perdere in chiacchere. Il core della strategia di local marketing è la piada, declinata in tutti i modi possibili: farcita aperta, farcita chiusa (i famosi cassoni), a rotolo e anche dolce, con i fichi caramellati e lo squacquerone come la tradizione vuole.

Anche il logo della Lella la dice lunga: una signora abbondante, dalle braccia vigorose e il sedere grosso, con in mano un mattarello, e sotto la sua gonna la fila dei nipotini. La Lella è riuscita a creare a Rimini un vero e proprio circolo di persone che seguono le sue vicissitudini con affetto. Oseremmo dire che i riminesi vogliono bene alla Lella tanto quanto gli inglesi ai reali di Inghilterra. Il marketing non poteva che seguire e assecondare questa situazione: i social della Lella non mostrano continuamente piadine e cassoni, ma vita quotidiana, traguardi personali e aspirazioni, il tutto misto a un romanticismo di fondo che è nell’animo delle donne, le donne della Lella. Le file dalla Lella sono sempre lunghissime, soprattutto in estate. Eppure vale sempre la pena attendere per quel cestino di vimini con la carta gialla, un tovagliolino, e la piada. Pochi fronzoli, la materia presentata nella sua forma più autentica e un momento, una battuta quando si va a ritirare il proprio ordine, che è solo vostro. Non c’è local marketing senza una reale indimenticabile esperienza dentro al punto vendita, si diceva all’inizio del capitolo, e se volete scoprire la Romagna autentica, quella femminile e ruspante, la piadineria della Lella è il posto da cui cominciare.

Nessuno ha dubbi sul fatto che la Lella sia l’espressione della cultura contadina, del fatto che sia lei stessa a occuparsi della scelta delle farine migliori per gli impasti e a scegliere le erbe con i produttori che, dopo tanti anni, sono diventati suoi amici. Nessuno ha dubbi perché i prodotti utilizzati rappresentano l’eccellenza del territorio, si sentono e si riconoscono. Nessuno ha dubbi perché in campagna, in un pomeriggio di agosto, potrebbe capitarvi di incontrarla davvero, la Lella.

Thanks to Veronica Frison

 

TUTTI I SEGRETI DELLA LOCAL SEO NEL LIBRO LOCAL MARKETING DI FRANCESCO ANTONACCI E CRISTIANO CARRIERO. ORDINALO SUBITO!

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La Chocolatería San Ginés

A Madrid, invece, troviamo un locale dove il verde delle pareti fa contrasto con il marmo del bancone e dei tavoli. È grande, su due piani, e ricorda subito i bar della fine del XIX secolo. Si tratta di una cioccolateria con un salone principale e un piano interrato, più numerosi tavolini fuori, che dal 1894 si trova a pochi passi dalla Puerta del Sol, in una piccola via molto caratteristica. Famosa per i churros con chocolate, dolci fritti tipici spagnoli accompagnati da una cioccolata calda in tazza, la Chocolatería San Ginés è un vero must di Madrid. Il locale è sempre pieno di madrileni e turisti che – quando non hanno letto le guide che lo consigliano assolutamente – sono comunque incuriositi dalle file lunghe, ma scorrevoli, che si creano fuori dall’ingresso. La cioccolateria è aperta 24 ore su 24 e tutti i giorni dell’anno: gli orari di punta sono durante la colazione e la merenda, ma è impossibile trovarla vuota. Da alcuni anni, è stato attivato il negozio online che vende tazze con il marchio San Ginés e il pacchetto con il genuino e squisito preparato per fare la cioccolata in tazza a casa.

Alla Chocolatería San Ginés piace avere feedback dai clienti e dai fan di tutto il mondo. Per questo motivo ha investito tanto su una strategia di social media marketing e creato i propri profili sui principali social network come Facebook, Twitter e Instagram. È indubbia la popolarità della cioccolateria, dimostrata da numeri importanti: quasi 17mila “Mi piace”, piú di 62mila persone che sono state lí e si sono taggate su Facebook, quasi 7mila follower su Twitter; 4mila post con hashtag #chocolateriasangines su Instagram. La pagina Google My Business è curata nei minimi dettagli: si nota subito dalle informazioni date. Sono infatti complete di posizione, geolocalizzazione, numero di telefono, orario di apertura, collegamento al sito web e grafico riguardante gli orari popolari.

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Da un punto di vista SEO, è davvero interessante e dovrebbe essere un esempio per tutte quelle attività locali che si sono affacciate al mondo dell’online. Avere una pagina informativa di questo genere significa sfruttare al meglio il potenziale che il web può dare e trarne i migliori vantaggi. Grazie a questa scheda tecnica sia il cliente abituale sia il nuovo cliente hanno più delle informazioni che gli servono per decidere se vale la pena raggiungere la cioccolateria, per avere un piccolo anticipo di ciò che lo aspetta, per raggiungere il luogo. Ricordatevi che quando impostate una strategia SEO i motori di ricerca riconoscono il lavoro di ottimizzazione, posizionando tra le prime ricerche della SERP il luogo o l’attività più pertinente rispetto alle query digitale. Il team di local marketing della cioccolateria si è preso cura della pagina Google My Business in un’ottica local aggiungendo tutte quelle che sono le richieste per avere un profilo completo e ottimizzato: indirizzo, geolocalizzazione, orari, telefono, foto dei prodotti, dell’esterno e dell’interno del locale. Inoltre la scheda Google My Business è integrata da un grafico che monitora gli orari e i giorni con il maggior numero di visite al luogo, in modo tale che le persone possano regolarsi di conseguenza e scegliere il momento che preferiscono per godersi la gustosa esperienza madrilena. È ormai evidente – e l’ha ribadito anche Google – che i risultati local sono influenzati da tre fattori: pertinenza, distanza e prominenza. Più un luogo è comunicato bene, più ci sono speranze di comparire nei risultati local. Questo è un esempio evidente di una realtà che è riuscita a comprendere e approfittare delle enormi potenzialità del local marketing. Grazie all’unione di strategie online e offline, la cioccolateria è un business di tipo locale che ha implementato in maniera globale la sua visibilità online divenendo parte di un ecosistema locale.

 

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Ecommerce e Personal Branding: Caffè Carbonelli

La Torrefazione Caffè Carbonelli nasce nel 1981 a Melito di Napoli, a nord della città, proprio in una di quelle famigerate periferie protagoniste di libri, film e serie tv molto discusse in questi anni, scenario di tanti fatti di cronaca nera e situazioni sociali difficili, ma anche oggetto di alcuni luoghi comuni che bisognerebbe sfatare. È qui che Pietro Carbonelli decide di aprire la propria impresa, dopo un percorso che l’ha visto prima conoscitore, esperto e responsabile commerciale di caffè crudo per altre torrefazioni. Nonostante le difficoltà dell’ambiente sociale e la crisi economica che colpiva tutto il Paese, quando Pietro Carbonelli ha avviato la sua attività è riuscito a ritagliarsi una propria fetta di mercato locale, sia in periferia, sia in tutta la provincia di Napoli. Pietro e il suo primogenito Luigi, consapevoli di offrire un prodotto artigianale e di qualità superiore rispetto al mercato, hanno deciso di perseverare con determinazione la propria mission: vendere il migliore prodotto possibile, migliorato grazie ai consigli e alle critiche del cliente che, in questo modo, veniva valorizzato. All’inizio del nuovo millennio, il core business della torrefazione si è concentrato su un nuovo prodotto: il caffè monoporzione.

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Prima con la commercializzazione e successivamente con la produzione e il confezionamento di quelle che comunemente sono note come cialde e capsule di caffè, si è riusciti a vedere uno spiraglio in quella crisi che stava avvolgendo anche Caffè Carbonelli. Grazie alla lungimiranza di Luigi Carbonelli, che ha puntato fortemente su questi prodotti, in pochi anni, l’azienda di famiglia è ritornata a quell’equilibrio finanziario che aveva conosciuto nei primi quindici anni di attività. Un’altra svolta nella storia di questa attività si è verificata quando Luca Carbonelli, il più piccolo della famiglia, forte dei propri studi di comunicazione, ha deciso che era ora di guardare oltre e uscire dal contesto locale (investendo però sul local marketing!). Così, quasi per gioco, ma soprattutto per necessità, ha proposto di provare a vendere il prodotto online. Il primo box di cialde Caffè Carbonelli online su ebay.it, è stato venduto la sera del 2 luglio 2006: era l’inizio del rilancio per Caffè Carbonelli.

Da lì in poi, Luca ha cominciato il suo lavoro in azienda, ma soprattutto ha iniziato a concentrarsi su quelle che erano le potenzialità del digitale per le piccole e medie imprese. Il canale adatto per conquistare potenziali nuovi clienti è stato proprio il web. Luca ha, per prima cosa, raccontato la storia della famiglia, dell’azienda e dei prodotti ponendo l’accento sulla lavorazione artigianale delle miscele di Caffè Carbonelli. Tuttavia, non aveva la possibilità di far assaggiare il prodotto ai nuovi clienti prima dell’acquisto: da qui è nata la necessità di fare in modo che gli utenti atterrati sullo spazio online Carbonelli, trovassero un prodotto bello, e questo consiglio vale sia per la vetrina di un marketplace, sia per un sito istituzionale, passando per un blog, una pagina social o la propria piattaforma Ecommerce. La cura del packaging, la meticolosità delle descrizioni, lo storytelling che accompagna ogni pagina fanno quindi in modo che l’utente non entri solo in contatto con un prodotto, ma con un brand, come un visitatore accolto in una casa vera e propria. I Carbonelli hanno la fortuna di produrre un prodotto di largo e costante consumo: le visite ricorrenti e la cura dell’ambiente e del contesto in cui viene concluso l’acquisto fanno sì che il cliente ritorni e che si fidelizzi. Non solo al caffè, ma al brand. Di qui, l’idea del corporate blog Il Salotto del Caffè, uno spazio online dove si affrontano temi di attualità, dove tutti sono invitati a lasciare un contenuto.

Shakespeare and Company: il paradiso dei lettori

Una libreria indipendente, con testi totalmente in lingua inglese, che sorge sulle rive della Senna davanti a Notre-Dame, proprio nel cuore di Parigi: questa è la Shakespeare and Company che, dalla sua apertura nel 1951, è stata luogo di incontro per eccellenza per scrittori e lettori anglofoni, tanto da diventare ben presto una istituzione letteraria della capitale francese. La libreria è stata fondata dall’americano George Whitman e ha ospitato numerosi scrittori, artisti e intellettuali. Viene definita da molti come un luogo magico e suggestivo, un paradiso per gli amanti dei libri dove bisogna fare assolutamente tappa una volta nella vita. All’interno troverete un ambiente completamente atipico, pieno di scaffali colmi di libri. Tramite una piccola scala si accede al piano superiore, articolato in tante stanze diverse, dove troverete facilmente persone intente a leggere su sedie e divani. L’atmosfera di questo posto è veramente unica e i commessi sono considerati da tutti molto disponibili e gentili. Superata la porta d’ingresso, si è proiettati ovunque e in nessun luogo, e ci si ricorda di essere a Parigi solo guardando dalla finestra l’incantevole cattedrale di Notre Dame.

Ogni giorno la libreria ospita migliaia di persone, turisti e locali e, ogni mese, vengono organizzati molti eventi all’interno della libreria, momenti in cui scrittori e non solo hanno la possibilità di recensire il proprio libro e di parlare di temi letterari di ogni genere. Anche chi non partecipa in loco può esserci perché ogni evento viene linkato e postato sul sito web e sui social network, non solo comunicato tramite foto e articoli. Sul sito web sono disponibili le registrazioni dei discorsi degli ospiti. Shakespeare and Company possiede inoltre un proprio Ecommerce che vende libri nuovi e usati, oltre a diversi accessori da regalo con tanto di logo; la libreria ha anche un blog mensilmente aggiornato, ricco di articoli interessanti. Il negozio online è chiaro e facile da navigare. L’usabilità di un sito Ecommerce è un fattore importante in una strategia di web marketing, in quanto permette di aumentare la percentuale di conversione. Una volta inserito un libro al carrello, è un’esperienza stimolante quella di poterlo personalizzare gratuitamente con il timbro, una citazione o una spruzzata di profumo sulle pagine oppure, a un modico prezzo, con una poesia e una foto ricordo.

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La libreria è social a tutti gli effetti. Ha una pagina Facebook con più di 113mila Like, quasi tremila recensioni e 4,8 su 5 stelle; infine oltre 55mila persone si sono taggate presso il bookshop. Un vero successo, frutto di impegno e fatto di numerose attività che giorno dopo giorno riempiono la pagina della libreria sul piú utilizzato social network del mondo. Shakespeare and Company produce almeno un post al giorno con notizie, video, eventi e saluti per tenere aggiornati i follower; ogni post riceve svariati Like e diverse condivisioni. Su Twitter, la libreria aggiorna in tempo reale i suoi oltre 26mila follower e su Instagram attraverso le foto di libri, della location, del cafè e degli eventi cerca di coinvolgere i suoi oltre 20mila seguaci. Da un anno a questa parte è molto attivo anche il canale YouTube, in cui sono pubblicati i video interi degli eventi che hanno luogo al piano superiore della libreria. Molto interessante è l’utilizzo dell’applicazione Stitcher Radio for Podcast da parte della libreria. La radio permette infatti di ascoltare le trasmissioni preferite, comprese le registrazioni degli eventi, così gli amanti della Shakespeare and Company possono sentirle (o risentirle!) in qualsiasi momento.

Ancora una volta vediamo come la chiave del successo di un’attività locale sia l’unione tra online e offline. Shakespeare and Company è stata inaugurata poco più di sessant’anni fa e oggi è ovunque annoverata nella top ten delle cose da fare assolutamente a Parigi e nella top five dei luoghi da visitare se si amano i libri! Come ha fatto? Semplicemente, partendo da una buona brand awareness a livello locale, ha sfruttato tutti quelli che sono gli strumenti dell’online marketing. Questi ultimi hanno offerto visibilità alla libreria e le hanno dato la possibilità di instaurare un dialogo con tutti i clienti e i fan, generando così un processo di feedback che ha consentito all’azienda di conoscere l’orientamento e i reali bisogni dei clienti. Grazie agli strumenti di web marketing, oggi vengono scritti contenuti, organizzati eventi e attività ad hoc per il pubblico, che risponde talvolta sia off-site che on-site.

L’Ottico del web, Nico Caradonna

A Modugno, in provincia di Bari, ho scoperto qualche anno fa un caso di successo di local marketing. È la storia di un professionista nell’ambito dell’ottica. Parliamo di Nico Caradonna, nato nel reale e cresciuto nel digitale. Quando si sente parlare di lui o si legge il suo nome in rete, è facile farsi l’idea di un ragazzo che ha saputo credere nella realizzazione di un sogno. Nico infatti ha saputo farsi strada nel web grazie alla sua faccia pulita e alla sua voglia di parlare della sua specialità: occhi, occhiali e visione. Non è un professionista improvvisato, ma un vero ottico ortottista qualificato che ha avuto un’intuizione geniale. Prima della sua ascesa infatti, tra i social network non esisteva un reale blog italiano che parlasse del mondo dell’ottica a 360°, dall’estetica alla tecnica, passando per la comunicazione. Nel 2014 arriva lui e imposta tutto sul personal branding, partendo dal blog otticodelweb.it. Il suo spazio virtuale porta il suo nome e la sua forza è tutta nello stile dei suoi contenuti, tant’è che ha costruito abbastanza velocemente una community di appassionati di occhiali. Giorno dopo giorno ha raccontato la sua storia, attraverso i suoi viaggi alla ricerca di innovazione, design e tecnologia, con l’obiettivo di aumentare il valore dei professionisti della visione. Il suo è stato uno storytelling fuori dalle righe perché ha unito due anime, quella dei colleghi ottici e quella delle persone comuni, grazie a un palinsesto vario, mai approssimativo, ricco di notizie utili. Oggi Nico è conosciuto come l’Ottico del Web e il suo principale merito è stato quello di passare dal local marketing per unire due realtà: quella virtuale e quella reale.

Infatti, Nico sapeva benissimo che il negozio di famiglia (in cui è nato, è cresciuto e si è formato), aveva bisogno di un occhio piú grande per farsi conoscere dal mondo. E quale strumento migliore se non il web? Ecco quindi che nella sua visione le due realtà si sono alimentate reciprocamente, perché l’autorevolezza derivante dal fatto essere a capo di un centro ottico molto affermato, Ottica Caradonna, è stata giustamente percepita come una garanzia di esperienza; di conseguenza, tutta la community creata in rete si è trasformata in potenziale clientela per il suo negozio. Quindi siamo di fronte alla più storica delle equazioni matematiche: il reale sta al local marketing come il virtuale sta al digital marketing. In questo momento, dopo tre anni di lavoro e sperimentazione, non c’è più differenza tra reale e virtuale, proprio come Nico sognava. Gli spazi reali di Ottica Caradonna e i vari profili social sono tutti perfettamente allineati, ognuno col suo specifico registro di comunicazione, ma tutti con gli stessi elementi di riconoscibilità.

Alla base del percorso di Nico Caradonna c’è una reale strategia che nel tempo si è modificata in base alle necessità. Conoscere i contenuti e gli strumenti per divulgare notizie online e offline non basta. Quello che crea empatia e legame col pubblico è lo storytelling che parte dal punto vendita e si estende nel social. Il suo è un appuntamento quotidiano, perché tutti i giorni parla alla sua community con una linea editoriale che non smette mai di chiedere aiuto alle emozioni: tra le doti di Nico c’è proprio la capacità di evocare i sentimenti, tutti quelli che fanno parte della nostra esistenza. La sua è un’alternanza di post, foto e da qualche tempo anche di video su temi interessanti che riguardano il mondo della vista. La rubrica YouTube dell’#Otticodelweb è un nuovo canale di divulgazione attraverso il quale Nico spiega (nelle vesti di ottico professionista), quelle tematiche che in genere siamo abituati a ricercare su Google, dalle lenti a contatto alle lenti progressive.

Conclusioni

Ti sono piaciuti questi esempi? Bene, ovviamente li troverai, ancora più approfonditi, nel mio libro Local Marketing, in uscita a fine marzo. Se vuoi ulteriormente approfondire aspetti più tecnici ti consiglio di dare un’occhiata a questo mio post su SEMrush che parla di come creare una strategia local, a questo articolo pubblicato da Francesco Antonacci su Socialware e ancora a questo post di Daniele Pignone dedicato a 6 trucchi per la tua strategia di Local Marketing. Non c’è ancora molta letteratura, almeno in Italia, sul tema. Ma ti prometto che io e Francesco ci stiamo lavorando. Per crearla. E per fortuna, come hai avuto modo di leggere, i casi virtuosi non mancano!

Il libro è già in prenotazione! (Uscirà il 31 marzo e lo troverai anche su questo blog!)

ps: a proposito di local marketing e branding, hai prenotato il tuo posto al Teatro Pergolesi per il Brand Festival? Ci vediamo a Jesi?

 

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Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

One Comment

  1. Grandi storie e grandi progetti.
    Pescaria ???? anche se non impazzisco per i loro panini, hanno svolto un lavoro encomiabile. Perfetto mix tra visual storytelling, video marketing e personal branding.

    Grazie della menzione
    ????

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