Anche se dipingo una mela, c’è la Sicilia (Renato Guttuso)

Selvaggia non è sinonimo di poco curata. Selvaggia è sinonimo di pura, verista, primordiale. E primordiale è un aggettivo delizioso, per quelli come me. Selvaggia è la Sicilia Occidentale, le sue coste e le sue città, ricche di spunti popolari, artistici e culinari. Non amo il termine “enogastronomico”, perché di per sé presuppone uno studio, un metodo, un linguaggio poco popolare. Una settimana tra Sciacca, Agrigento e Trapani, da sud al nord transitando al centro, è il modo migliore per scoprire questo pezzo di Sicilia, piena di bellezza e calore. Innanzitutto quello della gente: non a caso non è passato un giorno senza che qualcuno ci offrisse qualcosa. Non solo a livello materiale. Da queste parti non resti senza un passaggio, un consiglio, un posto all’ombra, un bicchiere di thè freddo sotto la calura. Si chiama umanità, e i siciliani praticano questa arte con maestria e naturalezza.

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Se vi fermate a Sciacca potrete ammirare, o meglio vivere, una delle province più antiche della Sicilia. Un vecchio porto di mare che però si erge su tre livelli, che un tempo erano sociali, oggi sono solo naturali. Dalla marina a San Michele, passando per il centro. In un itinerario ideale tra vicoli, vecchie scale e chiese antiche non dimenticate di assaggiare la granita di Zio Aurelio, al porto, e di concludere la vostra passeggiata alla tavola calda Conte Luna dove potrete gustare quello che, a mio parere, è stato il miglior arancino di questa zona. Anzi, arancina. La diatriba tra oriente e occidente riguarda anche la forma e il sesso del tipico sfizio siciliano. Provate quelli al salmone e alla melanzana, poi mi direte. A Sciacca ci sono diverse località di mare, in zona San Marco, dove abbiamo alloggiato noi, per lo più calette prive di servizi, e per questo stupende e incontaminate.

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Ma se volete godervi una giornata di mare unica nel suo genere affittate una macchina e andate verso Agrigento. A pochi chilometri da Sciacca (circa 30 minuti di macchina) apparirà di fronte a voi, in tutto il suo splendore, la Scala dei Turchi, prossimo patrimonio Unesco. Acqua bellissima ma, soprattutto, panorama mozzafiato, su questa roccia bianca naturale. Proseguendo verso Agrigento potrete visitare la Valle dei Templi. In dieci minuti passerete dal mare alla storia, quella di una delle città più antiche della Magna Grecia. Chiedete ad una guida di accompagnarvi, ne varrà la pena e non correrete il rischio di non capire quali popoli hanno abitato quei luoghi. Se potete, fate un giro in città verso sera. Il centro di Agrigento è molto particolare e val bene una visita.

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Il giorno dopo alzatevi presto e andate a Trapani. Un’ora di macchina o poco più, prendete pure l’autostrada, è gratis. Una curiosità: per andare da Sciacca a Trapani dovete prendere l’autostrada verso Palermo, per tornare anche. Non ho capito perché, ma di certo c’è che la Sicilia è palermocentrica. Se arrivate per le 8.30 potete prendere il primo traghetto per Favignana, poi ce n’è uno ogni mezz’ora, a seconda delle compagnie. In mezz’ora sarete sull’isola, un posto incantato, che vi lascerà senza fiato. Affittate una bicicletta, con 5 euro potrete tenerla tutto il giorno. Le distanze sono irrisorie e fare un paio di chilometri in bici, con il vento che viene dal mare, è un’esperienza che va al di là del piacere di pedalare. È calma, tranquillità, vita che scorre. Noi siamo stati a Cala Azzurra, ma anche la Rossa è molto bella. Se avete tempo visitatene più di una, altrimenti dopo un giro in centro riprendete il traghetto e tornate a Trapani.

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Se arrivate al tramonto cercate le indicazioni per Erice. La nuovissima funicolare vi porterà in cima evitandovi il problema del parcheggio e permettendovi di passare dal mare alla montagna in pochissimo tempo. Dall’alto, se la nebbia lo permette, potrete vedere Trapani e le isole. Assaggiate una genovese e aspettate che il sole che cali per goderne lo splendore: vedrete la Sicilia vibrare di luce e colore. Il giorno dopo, a Sciacca, potete dedicare una mattinata al Castello Incantato: una vasta area di campagna dove Filippo Bentivegna ha cosparso tra alberi di ulivi e mandorli sculture di teste scolpiti nella roccia o sui tronchi d’albero.

Nella parte alta del podere Bentivegna ha scavato profonde cunicoli che danno l’apparenza di labirinti. Se vi avanza del tempo vi consiglio un giro al Caricatore, il luogo dove i pescatori di Sciacca conservavano e trattavano il pesce prima dell’avvento dei frigoriferi. Cenate al Ristorante Italia (consigliato dal mio amico Mauro Piro), e magari ordinate (consiglio personale) gli spaghetti ai ricci di mare. Poi un drink alla Skalunata, locale tipico situato in centro su una scalinata con musica dal vivo e una bella movida, vi farà concludere al meglio la serata!

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Per qualunque consiglio chiedete pure, o domandate a Cristina, che mi ha ospitato nel suo nuovissimo (e bellissimo) BfB e che ha appena aperto un blog sulla Sicilia Occidentale!

Comincia a gennaio la primavera siciliana, e via via che le piante fioriscono diventa il giardino di una maga: germoglia la menta sulle rive dei ruscelli, gli alberi morti si inghirlandano di rose canine, persino il brutale cactus mette teneri fiori. Quindi non mi fa paura l’arrivo dell’inverno: quale migliore prospettiva che quella di sedere davanti al fuoco ad aspettare la primavera? (Truman Capote)

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

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