Dino Amenduni, 30 anni, è il responsabile social media e consulente per la comunicazione politica di Proforma, un’agenzia di comunicazione di Bari (www.proformaweb.it) di cui da qualche giorno è socio. Scrive per le testate locali del Gruppo Espresso e per la Repubblica Bari. Fa parte dello staff del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia.

Quando hai deciso che ti saresti occupato di comunicazione politica? Come nasce questa passione?

Sono appassionato di politica dal liceo. Avevo 17 anni quando ho organizzato la mia prima campagna elettorale: ci inventammo una lista per sostenere la candidatura di un mio compagno di classe e realizzammo sito, maglietta, volantini, persino un piccolo format per un comizio…

Qualche tempo fa un mio amico ha attribuito a quella campagna l’inizio della”ispirazione” che poi mi ha portato a occuparmi di comunicazione politica nella mia attività professionale. Poi ho studiato psicologia all’Università di Bari, la mia città, e ho ricominciato a occuparmi di politica con la tesi della laurea specialistica sul comportamento di voto dei “newcomer” (i ragazzi dai 18 ai 23 anni, quelli che vanno a votare per la prima volta). La laurea in psicologia prevedeva 250 ore di tirocinio obbligatorio.

Andai da Proforma, l’agenzia di comunicazione di Bari dove ora lavoro, in quegli anni molto attiva nelle campagne elettorali locali e nazionali, e proposi loro uno scambio: tirocinio in cambio di condivisione dei dati della tesi. Il mix di sfacciataggine e buone referenze (non sarò mai sufficientemente grato a chi disse ai miei capi attuali “Prendetelo, è bravo.”) portò Proforma ad accettare. Dopo il tirocinio sono rimasto lì, dove mi occupo non solo di comunicazione politica, ma anche di comunicazione sui nuovi media per clienti commerciali. Più passa il tempo, più mi sento capace di fare comunicazione politica (e meno mi sento adatto all’advertising). Quando ho iniziato, pensavo che la comunicazione politica fosse una strada per contribuire a migliorare il mondo. Sei anni dopo aver iniziato, sono ancora convinto che i miei propositi ideali siano possibili, ma che sia molto più difficile di quello che pensavo all’inizio. Anzi, spesso siamo accusati del contrario, cioè di difendere l’indifendibile…

Utilizzare Facebook per la comunicazione politica sembra oggi scontato. Quali erano le reazioni dei tuoi clienti all’inizio?

A distanza di sei anni, le reazioni non sono molto cambiate. C’è chi usa i social media in prima persona e conosce le potenzialità del mezzo, e ci chiede consigli più tecnici e specifici. C’è chi sa di avere bisogno dei social media per vincere le elezioni, ma non si è mai applicato, e dunque ci chiama per delegare in modo più o meno completo questa attività. E c’è chi, sei anni fa come oggi, continua a ritenere che con i social media non si vincano né si perdono le elezioni. Per certi versi, hanno ragione anche loro, ma è una strategia con il fiato corto: oggi i social media sono, a mio avviso, necessari, ma mai sufficienti a vincere le elezioni. Fra cinque anni (il tempo di un mandato di un sindaco) non è detto che sia ancora così…

La tua presenza quotidiana su Facebook è fatta anche di aggiornamenti personali. Parli delle tue passioni, della musica, del fantacalcio, della tua città e delle tue disavventure (sopratutto in treno). In ottica di personal branding si può definire una strategia o ami raccontare ciò che ti succede e basta?

Amo raccontare ciò che mi succede e basta. Se iniziassi a ragionare pensando alle possibili conseguenze delle mie azioni sulla mia vita professionale, non dovrei scrivere più niente… e invece sul mio profilo trovate un po’ di tutto, parolacce e goliardate incluse. Se perdessi qualche cliente per questo motivo, credo che sarebbe un bene per entrambi. L’unico aspetto su cui mi trattengo è la condivisione delle mie opinioni politiche quando sono impegnato in campagna elettorale in un determinato territorio. Il mio principio è: “Se non ne posso parlare male, non voglio parlarne bene”. Quando sono impegnato in campagne nazionali, non parlo di politica nazionale, anche per mesi. Entro in un silenzio da conflitto di interessi. È una scelta faticosa (certe volte mi manca la libertà), ma penso che sia inevitabile per mantenere l’autorevolezza necessaria a fare analisi giudicate oggettive e imparziali da chi mi legge.

Proforma è un’agenzia di comunicazione di Bari, scelta oggi da tantissimi politici. Quanto hanno influito i social, nello specifico Facebook, nel rovesciare il classico luogo comune, “agenzia uguale Milano”?

Le agenzie di comunicazione impegnate in politica sono come studenti universitari di una laurea che si prende ogni anno. Ogni elezione è un esame. Se vinci vai avanti, se perdi ti comprometti. Questo è vero a prescindere dai tuoi meriti o demeriti rispetto al risultato finale di una campagna elettorale: ci sono state campagne in cui il nostro candidato avrebbe vinto a prescindere da noi e in cui abbiamo ricevuto più meriti di quelli che ci sono stati effettivamente attribuiti. Spesso vero anche il contrario: alla comunicazione sono attribuite colpe che in realtà sono della politica (e questo è vero per tutte le agenzie e i professionisti della comunicazione, non solo per noi). Tutto il resto (social media inclusi) conta molto meno. Ci suggeriscono spesso di trasferirci al Nord per stare più vicini al mondo della politica, ma forse Proforma non sarebbe Proforma se non fosse di Bari. Abbiamo aperto una sede a Roma, ma il cuore resta nella nostra città.

Si può dire che con l’avvento di Facebook la comunicazione politica ha dovuto cambiare registro? Quali sono stati i cambiamenti più evidenti in un ambito in cui sembrava che il potere dei media tradizionali fosse intoccabile?

Più che ragionare in termini oppositivi, nel confronto fra vecchi media e nuovi media ragionerei in termini cooperativi. Pensate all’impatto di Twitter sulla narrazione giornalistica classica: spesso gli articoli di politica interna partono da scambi su Twitter. Pensate, ancora, alla quantità di elettori italiani che hanno smesso di informarsi dai mezzi tradizionali e che si “fidano” maggiormente della comunicazione su Facebook, sia dei candidati sia dei media che utilizzano quei canali. I cambiamenti più evidenti, a mio avviso, sono: la necessità per gli uffici stampa di dotarsi di uno staff social, la comunicazione diretta fra politici e cittadini, il rischio di crisi reputazionale per un politico a seguito di un solo tweet sbagliato e la necessità di un approccio scientifico e professionale alla comunicazione politica.

Ps: adesso me lo dici chi è che disse a Proforma “Prendetelo, è bravo“? 

Sì, Fabio Di Fonte.

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

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