Certe volte mi chiedo chi me lo fa fare. A seguire il Bari, a imbarcarmi in certe imprese, per andare a cercare una salvezza in serie B. E mica a basta la passione a giustificarsi. E allora ti racconti che in fondo è una bella giornata, che per andare a mare c’è ancora tempo e che un salto a Rimini, il 12 maggio ci sta tutto. Deve essere la stessa cosa che hanno pensato i 300 baresi che sono arrivati nella città romagnola a godersi il fine settimana. I padroni di casa sono ancora in corsa per i play off. Alle spalle di Juventus, Napoli, Genoa e Piacenza ci sono loro. Noi arranchiamo. Di brutto. Il Bari spettacolare del girone d’andata, quello che con Maran era andato a vincere a Lecce per 3 a 1, è un ricordo lontano. Esonerato l’allenatore veneto (colpevole di aver avallato le scelte societarie) e venduto uno dei pezzi pregiati, Gazzi, la squadra si ritrova incredibilmente in zona retrocessione, a lottare con il Verona e lo Spezia per evitare i play out. Devo stare vicino alla squadra, penso. In panchina è tornato Beppe Materazzi. Non è più l’allenatore della promozione del 1994. Sembra arrugginito, si fa chiamare il garante, ma comunque sa come tirare il Bari fuori da questo impiccio. Almeno così dice. Il calendario non sorride. Prevede, nelle ultime 5 giornate 3 scontri contro squadre che ambiscono alla serie A: Rimini, Genoa e Juventus. Più un terribile spareggio all’ultima giornata contro il Verona di Ventura, che sta per compiere una straordinaria rimonta. Insomma, a Rimini, tra una piadina, un giro in spiaggia e una serata in discoteca, non bisogna perdere. Anche perchè lo Spezia gioca a Lecce, e qualcuno pensa già che i salentini non si ammazzeranno di fatica per darci una mano.

Faccio un giro a Rimini con la sciarpa del Bari al collo. La gente mi saluta, sorride, questo è il calcio che mi piace, davvero. Entro in un bar e trovo altri baresi, pazzi come me. Siamo venuti a fare serata, mi dicono. Ma io lo so che anche loro sono venuti per il Bari. Solo che cercano una giustificazione, fa parte del gioco. Ci avviciniamo allo stadio. La temperatura sale e qualcuno si toglie la maglietta. Intravedo gli ultras, sto alla larga. Mi piace essere autonomo, cantare se mi va, stare in disparte se devo soffrire. Non ce la faccio a fare entrambe le cose. Dobbiamo cantare, dicono loro. Devono retrocedere loro, i giocatori, non noi. Frasi fatte, vediamo di salvarci, penso io. Materazzi sceglie una squadra bloccata. Esposito e Pianu centrali, Belmonte e Loseto sulla fascia. Tabbiani, Bellavista e Rajcic a centrocampo. Insomma, le uniche puntate di estro sono affidate a Carrus e (si fa per dire) a Ganci. Santoruvo è lì, isolato, in avanti. Il Rimini è più forte, e già questo mi crea non poco disagio. Siamo il Bari, e che cazzo. Eppure con loro giocano Handanovic, Pagano, Moscardelli, Ricchiuti e un giovanissimo Matri. I padroni di casa partono a spron battuto e dopo 2 minuti colgono la traversa su punizione. La parabola di Porchia è precisa, Gillet battuto, per fortuna ci pensa il legno a salvarci. Forse è un presagio, penso. Ci credo un po’ a queste cose. La curva ospiti inizia a riempirsi, non sembriamo proprio una tifoserie disperata. Ci vorranno altre due trasferte, in questa curva schifosa fatta di ferro vecchio per far vedere cosa sono, davvero, i tifosi del Bari. Ma questa storia ve la racconterò un’altra volta. Storia di una partita e di una curva sotto l’acqua con un vento gelido che a raccontarlo vengono i brividi. Eppure si saltava e si ballava. Il 12 maggio del 2007 invece c’è il sole, e una squadra che soffre, la mia. Ci prova Ganci a farci respirare. Un tentativo dalla distanza, niente di trascendentale. Poi ci prova ancora Santoruvo.

Il suo è un tiro al volo. Interessante. Finisce fuori di poco, ma da lontano lo capisci che gli ha fatto il solletico a quel lungagnone di Handanovic. Materazzi predica pazienza. Vaglielo anche a ricordare. I centrocampisti sono bloccati al posto loro, i terzini non scendono neanche per una sovrapposizione. Insomma se ci si diverte un po’ è solo per qualche gavettone. In compenso si soffre e molto, soprattutto sul finale di primo tempo. All’inizio del secondo tempo apprendo che lo Spezia sta vincendo a Lecce. Insomma, qualora non si fosse capito, siamo nella merda. Passano due minuti e su calcio d’angolo Vitiello, di testa, batte Gillet. Lo stadio esulta, io faccio l’arbitro e sono abituato a dare un’occhiata al gurdalinee. Che nello specifico è Papi ed ha la bandierina alzata. Sarà una gran partita la sua, e non lo dico da tifoso. Il fuorigioco è millimetrico, ma c’è. Le immagini lo dimostreranno. Il pubblico non la prende bene, ma avrà altro di cui lamentarsi, in seguito. Ciò che conta è che siamo ancora sullo zero a zero e che al 12′ il Bari mette per la prima volta il naso dalle parti dell’area avversaria. Ganci serve Rajcic centralmente. Il velo del centrocampista è di classe (incredibile ma vero) e manda all’aria tutta la difesa del Rimini. Il pallone arriva tra i piedi di Santoruvo che deve liberarsi di Porchia. La preparazione è buona. Stop di sinistro, controllo di destro, busto leggermente piegato e tiro rasoterra nell’angolino. Gol. Non dovrei esultare così per una rete che vale solo una salvezza, ma mi lascio andare. In fondo devo darlo un senso a questa trasferta. Ci si abbraccia, l’impresa in fondo non è così male. Il Rimini non ci sta, Matri ci prova di testa ma trova Gillet reattivo. Poi Materazzi decide di farci soffrire, arretra di venti metri buoni la squadra e gli ultimi dieci minuti diventano l’assalto al fort apache. Il sole mi fa venire il mal di testa. Devo ricordare di portarmi un cappellino in queste trasferte. Ultimo minuto. Ricchiuti accelera, Pianu lo contrasta e riesce, con un bel tackle, a mandare il pallone in angolo.

Ma l’arbitro fischia rigore. Da lontano, per quello che posso vedere, mi sembra un errore, poi vedo mezzo Bari a terra a protestare e capisco che lui ha deciso così: calcio di rigore. Riguardo l’assistente (lo so, è un vizio che mi porterò dietro per tutta la vita) e non lo vedo avanzare. Non si posiziona, rimane vicino alla bandierina a indicare il calcio d’angolo. Un paio di minuti di parapiglia e alla fine si riprende così, con un calcio d’angolo. Lo stadio diventa una polveriera, un minuto dopo l’arbitro fischia la fine. Si esulta, c’è ancora da lottare ma è una vittoria fondamentale. Santoruvo ringrazia sotto la curva. In fondo è un lottatore, penso. Esco dallo stadio con la sciarpa al collo e un signore mi dice “Se il campionato durava altre 10 giornate vi mandavano in serie A“. Sorrido, ci sta, anche se riguardando le immagini dico che il guardalinee è stato proprio bravo. Non per il pubblico del Romeo Neri, che si apposta fuori dagli spogliatoi ad aspettare la terna, rea di avergli fatto perdere il treno dei play off. Io approfitto della bella giornata e mi vado a fare un aperitivo sul lungomare. Sempre con la mia sciarpa al collo. E che ci posso fare, alla fine sono orgoglioso di questi colori.

ps: Juventus, Napoli e Genoa andaranno in serie A direttamente senza passare per i play off. Verona e La Spezia si giocheranno lo spareggio e alla fine la squadra di Ventura dopo una grandissima rimonta retrocederà immeritatamente (e tra gli applausi). Il Bari si salverà alla penultima giornata, in casa, contro la Juventus. Materazzi verrà confermato, in quanto garante. Ma non durerà molto. Di questo ne parleremo in un’altra puntata. Anche Santoruvo deve rispondere ad alcune accuse sul calcioscommesse. Dovere di cronaca.

Prossima puntata: Bari – Milan, 15 gennaio 1995

 

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