C’è una foto che li ritrae. Sorridenti, abbracciati, sullo sfondo uno stadio che trabocca di gente, entusiasmo, bandiere e colori: il bianco e il rosso. Si mettono in posa e sanno che per molti di loro, quello, sarà il punto più alto della carriera. Sono i giocatori del Castel di Sangro e se fate un giro da quelle parti (il Sangro è un posto stupendo) ricordatevi di entrare in qualche bar e notare che per la città intera quella foto, nel nostro stadio, rappresenta la storia. Voglio partire da qui, da un avversario che ricorda quella partita al San Nicola come il punto più alto di un vero e proprio miracolo calcistico.

Sessantamila persone, forse molte di più, assiepate, come diceva Pizzul ai bei tempi, in ogni ordine di posto. Lo capisci dalla foto, a quasi quindici anni di distanza, che sono venuti a Bari a fare una passeggiata. Ma si sa, il calcio è imprevedibile, e spesso chi non ha niente da perdere può darti solenni dispiaceri. Fascetti, il mister del Bari, lo sa bene. Proprio lui che il 20 aprile del 1986 con il suo Lecce già retrocesso andò a vincere in casa di una Roma a cui serviva una vittoria per lo scudetto. Non mi fido, sono teso. Bisogna conquistare i tre punti per andare in serie A. La settimana prima il Bari ha pareggiato una partita complicatissima a Foggia, in un ambiente che definire ostile è un eufemismo. Collina è costretto ad invertire il campo all’inizio del secondo tempo per le intemperanze della curva foggiana contro il nostro portiere: Jimmy Fontana.

Loro ci provano in tutti i modi a tenerci in serie B, pareggiano, e per poco non ci spediscono all’inferno. Ma il Genoa impatta clamorosamente a Ravenna e resta al quinto posto. Il match point è nelle nostra mani, in casa contro un Castel di Sangro ubriaco di felicità per la salvezza ottenuta. La mattina del 15 giugno prendo il motorino e vado a fare un giro sul lungomare con il mio amico Francesco. Sciarpe al vento a goderci l’ultimo giorno, si spera, di serie B. La giornata è bellissima e la città è imbandierata. Quando vedo i preparativi di una festa mi agito. Penso che possano portare sfiga e mi gratto. Non vedo l’ora che sia tutto finito, penso. Ad un certo punto vediamo, vicino alla Basilica, un gruppo di famiglie con le maglie e le sciarpe del Castel di Sangro. Suono il clacson per salutarli e dargli il benvenuto, loro mi rispondono con un sorriso e un pollice alto, come a dire “Tranquillo, siamo venuti qui a goderci la storia, non abbiamo nessuna intenzione di rovinarvi la festa”.

Giocassero loro sarei più tranquillo, invece no. Invece ci sono undici giocatori che forse vogliono mettersi in mostra, fare la loro partita e mandarci di traverso la giornata. Vado allo stadio un paio d’ore prima, ed è già tutto pieno. Gli spettatori sono molti di più di sessantamila, lo stadio ribolle di calore (è estate inoltrata a Bari) ed entusiasmo. Petto nudo e gavettoni. Chi se ne frega, sarà festa. Le squadre scendono in campo per il riscaldamento e si alza un boato incredibile. Andiamocela a riprendere. Nove vittorie di fila e quel pareggio a Foggia, una rimonta incredibile. A marzo eravamo in zona retrocessione ora siamo qui, a giocarcela. Non ci può sfuggire. E infatti.

Fischio d’inizio, passano trenta secondi e Ingesson verticalizza per il nostro goiello, Nicolino Ventola. Tiro di prima a incrociare e palla nel sacco. Non è passato neanche un minuto e la festa può iniziare. Passa mezz’ora e Giorgetti pennella un cross per Guerrero. Si proprio lui. Quello che inciampava su se stesso. Quello che dribblava anche la bandierina prima di perdere il pallone. Quello che batteva il calcio d’angolo passando sistematicamente la palla al portiere. Lui che mai e poi mai avrebbe colpito un pallone al volo mettendolo nel sette. Quel giorno lo fa. Collo pieno e palla in rete. Bari 2, Castel di Sangro 0. La partita è chiusa, finita e al 43′ ci pensa Volpi con un tiro da fuori area a mettere in archivio la pratica. Un tiro che sorprende il portiere fuori dai pali.

A nulla serve il gol su rigore di Bonomi per il 3 a 1. Il secondo tempo è una formalità. Non lo ricordo neanche. Ricordo solo gli abbracci, i cori, la mano di mio padre. Lui che al 20′ mi accarezza la testa, come a dire, è fatta Cristiano, non ti preoccupare. Quello è anche l’ultimo ricordo di una partita allo stadio con lui. Ma questa è un’altra storia. Il Bari riconquista la massima serie dopo un solo anno. Fascetti può togliersi qualche sassolino dalla scarpa, gli Ultras dicono che la promozione è figlia della contestazione. Ma chi se ne frega. Io prendo il motorino e torno sul lungomare. Ora sì, me lo posso godere. Ora sì, la mia è la città più bella del mondo.

Postilla ottobre 2011: qualche settimana fa vado ad arbitrare la Maceratese. L’allenatore è Di Fabio. Lui ci giocava in quel Castel di Sangro. Gli ricordo di quella giornata, di quella (questa) foto. Lui mi guarda e tira fuori dal portafoglio una fotografia sbiadita. “Il ricordo più bello che ho” dice. E lo vedo che sotto sotto anche un gladiatore come lui si commuove.

Prossima puntata: 24 agosto 2009 Inter – Bari

Content & Community manager. Storytelling addicted. Scrivo markette per campare e romanzi per passione. Un giorno invertirò la tendenza. Domani no.

26 Comments —

  1. …..non sono un genio del calcio…..ho rivissuto il momento attimo per attimo…..la mia prima volta in curva ….grande cri

      • Non ti nascondo che mi è venuto un brivido dietro la schiena…

        Cn affetto, Cosimo

      • ero presente a quella partita come te in curva all’13 già non si poteva
        più stare…grande partita e grande cavalcata quell’anno per salire
        in A.

  2. A quella partita c’ero anch’io, e la ricordo perfettamente perchè non riuscii a consegnare dei fiori ad uno dei nostri giocatori, ed alla fine decisi di recarmi, a fine partita, dalla parte dello stadio che ospitava i nostri avversari, per offrire a quella simpatica tifoseria quel mazzo di fiori, in segno di amicizia. Mi ricordo che alcuni fotografi fecero qualche scatto ma tutt’ora non sono ruscita a trovare foto di quel giorno! . Così, poco dopo, una ragazza, portavoce della tifoseria avversaria, mi venne incontro, mi sorrise e poi prendendo i fiori si emozionò. Pensare che alla fine, molto dopo incrociai il giocatore in questione, ma i fiore erano già in viaggio verso Castel di Sangro.
    Un’ ultima cosa: incontrai anni più tardi, una ragazza di Castel di Sangro che tutt’oggi è fra le mie più care amiche!

  3. a 15 anni il sapore di una promozione non ha paragoni..
    mi ricordo perfettamente tutto quello che accadde quel giorno,compreso la partita di foggia (io ero anche in quello stadio…tribuna d’onore – mio padre era vice presidente del foggia all’epoca)…
    hai reso perfettamente la storia…solo che io la partita la vidi dalla tribuna perchè mio padre diceva sempre che “in curva è pericoloso”…ora sono io a non andarci perchè in curva non si vede un ca….!!!
    per il resto..è stato emozionante..quasi commuovente…di partite e di emozioni questa cavolo di squadra ce ne ha fatte vivere tante…
    perciò…continua così…
    e forza bari…

  4. incredibile!… quella partita ha un posto speciale anche nel mio cuore, non solo per la promozione (ce ne sono state altre anche piu’ belle), ma per lo stesso motivo che hai descritto nel tuo racconto: e’ stata l’ultima partita che ho visto con il mio papa’. dopo pochi anni sarebbe volato in cielo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *